Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione
Quando un imputato decide di impugnare una sentenza di condanna fino all’ultimo grado di giudizio, deve essere consapevole dei limiti stringenti del ricorso in Cassazione. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: non è possibile ottenere una nuova valutazione dei fatti. Il caso in esame dimostra come un ricorso inammissibile sia la conseguenza quasi certa di un’impugnazione che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte nei gradi di merito, senza sollevare reali vizi di legittimità.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, inflitta dal GIP del Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. La pena stabilita era di sei anni e otto mesi di reclusione, oltre a una multa di 30.000 euro e al pagamento delle spese processuali. La Corte territoriale aveva inoltre confermato la confisca dei beni, come previsto dalla normativa in materia di droga.
L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione tramite il suo difensore, articolando la sua difesa su tre punti principali.
I Motivi del Ricorso e la dichiarazione di ricorso inammissibile
La difesa ha basato l’impugnazione su tre presunti vizi della sentenza d’appello:
1. Vizio di motivazione sulla recidiva: Si contestava il modo in cui i giudici avevano valutato i precedenti penali dell’imputato.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: La difesa lamentava che la Corte non avesse concesso le circostanze previste dall’art. 62-bis c.p., che avrebbero potuto ridurre la pena.
3. Violazione di legge sulla confisca: Si sosteneva che la Corte d’Appello avesse omesso di pronunciarsi su alcune prove decisive relative alla confisca dei beni sequestrati.
Nonostante le argomentazioni, la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso interamente inammissibile.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si fonda su un presupposto procedurale cruciale: il ricorso non presentava motivi validi per un giudizio di legittimità, ma si configurava come una semplice riproposizione delle stesse critiche già avanzate e respinte nel giudizio d’appello.
Le Motivazioni
I giudici di legittimità hanno spiegato che il ricorso era inammissibile perché, invece di confrontarsi criticamente con la logica e la coerenza della motivazione della Corte d’Appello, si limitava a reiterare le medesime considerazioni. La Corte territoriale aveva, infatti, già fornito una motivazione congrua e logica su tutti i punti.
In particolare, la Corte d’Appello aveva motivato la sussistenza della pericolosità sociale dell’imputato, sottolineando la crescente gravità della sua attività criminale (cessione di cocaina di ottima qualità) e la sua personalità, incapace di percepire il disvalore delle proprie azioni e indifferente ai benefici premiali già concessi in passato. Questa valutazione, secondo la Cassazione, era stata ben argomentata e non presentava vizi logici.
Riguardo al terzo motivo, relativo alla confisca, la Suprema Corte ha evidenziato che la difesa mirava a una “rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie”, un’attività preclusa in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva già argomentato che la richiesta di restituzione del denaro si basava su tesi “inverosimili e indimostrati”, sottolineando la dubbia provenienza delle somme.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre una lezione importante sui requisiti di un ricorso in Cassazione. Per essere ammissibile, un’impugnazione non può limitarsi a manifestare un dissenso sulla valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito. È necessario, invece, individuare specifici vizi di violazione di legge o di manifesta illogicità nella motivazione della sentenza impugnata. Riproporre le stesse doglianze già vagliate e respinte conduce inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con la conseguenza di rendere definitiva la condanna e di precludere ogni ulteriore esame della vicenda.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti in sede di legittimità, limitandosi a reiterare le medesime considerazioni critiche già espresse nell’atto d’appello e debitamente vagliate dalla Corte territoriale.
Cosa ha stabilito la Corte riguardo alla pericolosità sociale dell’imputato?
La Corte d’Appello, con motivazione ritenuta logica dalla Cassazione, ha ribadito la sussistenza della pericolosità sociale dell’imputato, considerando l’incremento della rilevanza della sua attività criminale (cessione di cocaina di alta qualità) e la sua personalità, risultata incapace di percepire il disvalore delle proprie azioni.
Perché la Corte non ha accolto il motivo relativo alla confisca del denaro?
Il motivo è stato ritenuto inammissibile perché volto a ottenere una rivalutazione delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte d’Appello aveva già motivato la decisione, definendo gli argomenti per la restituzione del denaro come ‘inverosimili e indimostrati’.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25289 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25289 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOMECUI 03AQYKG) nato il 16/10/1989
avverso la sentenza del 24/01/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 24 gennaio 2025 la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia del GIP del Tribunale della stessa sede del 19 giugno 2024 con cui NOME era stato condannato alla pena di anni sei, mesi otto, di reclusione ed euro 30000,00 di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali, in ordine al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309. La Corte territoriale ha pure confermato la confisca disposta ai sensi dell’art. 85 bis D.p.r. n.309/1990.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo tre motivi: vizio di motivazione in relazione all’art.99, comma 4, cod. pen.; vizio di motivazione con riferimento all’art.62-bis, per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; violazione di legge con riguardo all’art.85-bis d.P.R. 390/1990 per avere la Corte distrettuale omesso di pronunciarsi sulle risultanze probatorie emerse nel procedimento in relazione alla confisca. Il difensore ha depositato memoria con la quale ha insistito nell’accoglimento del ricorso e soprattutto con riferimento alla ritenuta recidiva.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto per motivi non consentiti in sede di legittimità poiché essi, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale, di fatto reiterano le medesime considerazioni critiche espresse nell’atto d’appello, vagliate da parte della Corte territoriale.
La Corte di appello di Milano, invero, ha ribadito la sussistenza della pericolosità sociale dell’imputato, in considerazione dell’incremento della rilevanza dell’attività connessa alla cessione di stupefacente del tipo cocaina di ottima qualità che aveva caratterizzato l’ascesa criminale del ricorrente e ciò a prescindere dall’assenza di effetti delle due prime condanne estinte per effetto dell’espletamento positivo delle messa alla prova; inoltre, ha indicato che la pena comminata risulta congrua guardando alla personalità dell’imputato, mai distaccatosi dal mondo criminale, risultando incapace di percepire il disvalore delle proprie azioni oltre che non curante dei riti premiali che gli sono stati concessi (pag. 6 della sent. impugnata).
Con riguardo al terzo motivo, inoltre, esso risulta non consentito anche poiché è volto a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle font probatorie, estranea al sindacato di legittimità, e avulsi da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito. Rispetto alla richiesta di restituzione del denaro in sequestro la Corte ha argomentato, spiegando come tale richiesta sia fondata su argomenti del tutto inverosimili e indimostrati, sottolineando sia la dubbia provenienza che
l’evidente sproporzione rispetto agli introiti leciti (pagg. 6-7 dell impugnata).
All’inammissibilità del ricorso per questi motivi segue, per legge, la condan del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di eur
3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero
(Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del
ammende.
Così deciso in Roma il 10 giugno 2025.