Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22511 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22511 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a POLLENA TROCCHIA il 25/02/1998
avverso la sentenza del 11/06/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza dell’Il giugno 2024 la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia del Tribunale di Noia del 18 maggio 2022 con cui NOME Luca era stato condannato alla pena di anni uno, mesi otto di reclusione ed euro 1.335,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con tre distinti motivi, violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’omesso riconoscimento in suo favore delle circostanze attenuanti generiche; vizio di motivazione e violazione di legge in ordine alla disposta applicazione della recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale; violazione dell’art. 133 cod. pen. per eccessiva entità del trattamento sanzionatorio inflittogli.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riferimento alla prima doglianza, il Collegio rileva come la motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. pp. 2 e s. della sentenza impugnata) ben rappresenti e giustifichi, in punto di diritto, le ragioni per cui giudice di secondo grado ha ritenuto di negare all’imputato il riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen., esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
2.2. In ordine, poi, al secondo motivo, deve essere osservato come esso sia privo di adeguato confronto con le argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata (cfr. p. 3).
Quest’ultima, infatti, appare lineare e congrua, oltre che priva di contraddizioni evidenti, e quindi inidonea ad essere sottoposta al sindacato di legittimità.
Essa si conforma, in particolare, ai principi che regolano il fondamento degli aumenti di pena previsti a carico del condannato, non essendosi limitata a dedurre la pericolosità sociale del prevenuto dal mero fatto descrittivo dell’esistenza di precedenti specifici, ma che ha in concreto esaminato, sulla scorta dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatt cui si procede e le precedenti condanne, in particolare verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la
commissione del reato (così, tra le tante, Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, Del
COGNOME, Rv. 270419-01; ma cfr. anche, in termini conformi, Sez. U, n. 35738 del
27/05/2010, P.G., COGNOME, Rv. 247838-01).
2.3. Con riguardo, infine, al trattamento sanzionatorio, il Collegio rileva come la decisione impugnata risulti sorretta da conferente apparato
argomentativo (cfr. p. 3), di pieno rispetto della previsione normativa quanto all’effettuata determinazione del trattamento sanzionatorio.
Una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella determinazione della pena, infatti, si richiede solo nel caso in cui la
sanzione sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di
merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
irrogare – come disposto nel caso di specie – una pena in misura media o prossima al minimo edittale (così, tra le altre: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017,
COGNOME Rv. 271243-01; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, COGNOME Rv. 258356-
01; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464-01; Sez. 4, n. 21294
del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma 1’8 aprile 2025
Il Consigliere estensore