Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel sistema giuridico italiano, ma non è una terza occasione per ridiscutere i fatti. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci ricorda i rigidi paletti che definiscono questo giudizio, dichiarando un ricorso inammissibile e chiarendo perché non tutte le doglianze possono trovare accoglimento. Analizziamo insieme questa ordinanza per capire i limiti del sindacato di legittimità.
I Fatti del Processo e i Motivi del Ricorso
Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Napoli, che aveva confermato la condanna per tre individui coinvolti in un complesso schema di importazione di sostanze stupefacenti. I tre imputati, non accettando la decisione, hanno proposto ricorso in Cassazione, ciascuno con motivazioni differenti:
1. Il primo ricorrente chiedeva il riconoscimento della “continuazione” con un altro reato per cui era stato precedentemente giudicato. Sosteneva, cioè, che i due reati fossero parte di un unico disegno criminoso, il che avrebbe comportato una pena più mite.
2. Il secondo ricorrente contestava la rilevanza probatoria delle intercettazioni telefoniche, ritenendole insufficienti a dimostrare il suo coinvolgimento.
3. Il terzo ricorrente, titolare di un’impresa di trasporti, riproponeva le stesse argomentazioni difensive già presentate e respinte in primo grado, sostenendo di essere all’oscuro della natura illecita dei carichi trasportati.
La Decisione della Corte: Un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato i ricorsi e li ha dichiarati tutti inammissibili. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello precedente, quello della loro ammissibilità. La conseguenza diretta per i ricorrenti è stata la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro a favore della cassa delle ammende. Vediamo ora le ragioni giuridiche di questa scelta.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha articolato la sua decisione sulla base di principi consolidati della procedura penale, evidenziando le carenze strutturali di ciascun ricorso.
Il Divieto di Rivalutazione dei Fatti in Cassazione
Il motivo principale che ha portato a dichiarare il ricorso inammissibile è che gli imputati, in sostanza, chiedevano alla Cassazione di effettuare una nuova valutazione delle prove e una ricostruzione dei fatti diversa da quella operata dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Questo è un compito che esula completamente dalle competenze della Suprema Corte. Il suo ruolo, nel giudizio di legittimità, non è quello di stabilire ‘come sono andate le cose’, ma di verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio. Le censure relative al contenuto delle intercettazioni e alla buona fede dell’imputato sono state quindi considerate questioni di fatto, già adeguatamente valutate e motivate dalla Corte d’Appello.
La Genericità delle Censure
Per quanto riguarda il terzo ricorrente, la Corte ha sottolineato che il suo ricorso si limitava a riproporre le stesse tesi difensive già esaminate e respinte, senza però muovere una critica specifica e puntuale alle ragioni esposte nella sentenza d’appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve attaccare la logica e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata, non può essere una semplice ripetizione di argomenti già sconfessati.
L’Insussistenza del “Medesimo Disegno Criminoso”
Infine, la Corte ha respinto la richiesta di continuazione del primo ricorrente. La Corte d’Appello aveva già spiegato in modo esauriente perché non si potesse parlare di un unico disegno criminoso: i reati erano stati commessi con complici diversi, riguardavano tipologie di stupefacenti differenti e mancavano elementi che provassero una progettazione unitaria. La Cassazione ha ritenuto questa motivazione completa e logica, e quindi non sindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul fatto. Per avere una possibilità di successo, un ricorso deve concentrarsi su vizi di legittimità, ovvero errori nell’applicazione della legge o difetti manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. Tentare di ottenere dalla Suprema Corte una nuova valutazione delle prove o riproporre argomenti generici già respinti porta inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con la conseguente condanna a spese e sanzioni pecuniarie. È un monito per la difesa a formulare ricorsi tecnicamente precisi e focalizzati esclusivamente sui profili consentiti dalla legge.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se propone censure che richiedono una nuova valutazione dei fatti (di competenza esclusiva dei giudici di merito) o se i motivi sono generici e si limitano a ripetere argomentazioni già respinte, senza una critica specifica alla motivazione della sentenza impugnata.
È possibile contestare il valore probatorio delle intercettazioni in Cassazione?
No, la valutazione del contenuto e della rilevanza probatoria delle intercettazioni è una questione di fatto riservata al giudice di merito. In Cassazione si può censurare solo un vizio logico palese o una contraddittorietà manifesta nella motivazione che il giudice ha fornito per quella valutazione, non la valutazione in sé.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della cassa delle ammende, il cui importo è determinato dal giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 42995 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 42995 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a TORRE DEL GRECO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PORTICI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a POGGIOMARINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che le censure dedotte dal ricorrente COGNOME riferite unicamente alla mancato riconoscimento della continuazione con altro precedente giudicato sono manifestamente infondate, avendo La Corte di appello di Napoli dato piena ed esauriente esposizione, in piena condivisione delle argomentazioni del Giudice di primo grado, delle ragioni che hanno portato ad escludere la sussistenza dell’identità del disegno criminoso, in ragione della diversità dei correi e della assenza di elementi univoci della progettazione unitaria di reati privi di correlazione tra loro, anche per la diversa tipologia di sostanza stupefacente, non potendosi rimettere in discussione le pronunce assolutorie che hanno escluso il coinvolgimento dei fratelli COGNOME nei fatti giudicati all’estero;
ritenuto che le censure articolate nel ricorso di COGNOME in merito alla rilevanza probatoria del contenuto delle intercettazioni sono inammissibili poiché concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, tenuto conto che le intercettazioni telefoniche costituiscono valido strumento probatorio quando la valutazione del loro contenuto sia compiuta con rigore e sia supportata da ineccepibili argomenti logici come nel caso di specie;
ritenuto che contrariamente a quanto si assume nel ricorso, la Corte di appello ha fornito adeguata motivazione in relazione alla valutazione del compendio probatorio in particolare valorizzando il ruolo di copertura assicurato dall’imputato alle importazioni di cocaina curate dal coimputato (COGNOME) attraverso una rigorosa interpretazione delle conversazioni intercettate strettamente collegate tra loro, tenuto conto dei contatti avuti anche con gli stessi fornitori colombiani tali da rendere del tutto coerente la ravvisata inverosimile prospetta buona fede dell’imputato, asseritamente ignaro del vero contenuto delle importazioni, mentre i rilievi critici del ricorrente, lungi dal denunciare un effettivo travisamento di dati probatori, appaiono volti solamente a sollecitare un diverso giudizio di fatto non consentito in sede di legittimità, attraverso una diversa lettura del materiale probatorio;
ritenuto che anche i motivi proposti nel ricorso di COGNOME NOME sono inammissibili perché si dolgono della rilevata inammissibilità dell’appello, riproponendo le medesime assertive ipotesi difensive già affrontate nel giudizio di primo grado e respinte con argomenti coerenti alle risultanze istruttorie poste a fondamento dell’accertata messa a disposizione delle proprie imprese di trasporto per le importazioni dei carichi di sostanza stupefacente, rispetto alle quali è mancata una effettiva disamina critica da parte del ricorrente;
ritenuto che le memorie difensive prodotte dai difensori COGNOME e COGNOME per contestare l’inammissibilità del ricorso non fanno che reiterare le medesime censure connotate dai medesimi profili di genericità e conseguente inammissibilità;
rilevato che dalla inammissibilità dei ricorsi consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno il 25 ottobre 2024
Il Cqj igliere estensore