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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono ripetitivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile poiché i motivi presentati dall’imputato erano una semplice ripetizione di argomentazioni già valutate e respinte dalla Corte d’Appello. La Corte ha ribadito che lo stato di rabbia non esclude il dolo e che la quantificazione della pena ai minimi edittali non richiede una motivazione specifica, confermando la condanna per atti di violenza commessi in carcere.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sconfessa i Motivi Ripetitivi

Presentare un ricorso in Cassazione richiede strategia e nuovi argomenti. La Suprema Corte, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta della presentazione di motivi che sono una mera fotocopia di censure già esaminate e rigettate. Questo caso offre uno spunto essenziale per comprendere i limiti dell’impugnazione e la valutazione dell’elemento psicologico del reato.

Il Caso in Esame: Violenza in Carcere e Impugnazione

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condotta di un detenuto, il quale aveva posto in essere atti di violenza nei confronti di agenti e oggetti all’interno dell’istituto penitenziario. L’uomo era stato trasferito in un’altra sezione del carcere per tutelarlo da altri detenuti con cui aveva dei dissapori. In seguito a questo trasferimento, aveva reagito violentemente. Condannato in primo grado e in appello, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando un’errata valutazione del suo stato psicologico e della pena inflitta.

Le doglianze del ricorrente si concentravano su tre punti principali:

1. L’elemento psicologico: Sosteneva che le sue azioni fossero il risultato di uno stato di rabbia e non di una volontà cosciente (dolo), e che quindi l’elemento soggettivo del reato fosse assente.
2. La recidiva: Contestava il riconoscimento della recidiva.
3. La quantificazione della pena: Riteneva ingiusta la pena calcolata, seppur fissata nei minimi di legge con lievi aumenti per la continuazione.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su argomentazioni chiare e consolidate nella giurisprudenza. La Corte ha evidenziato come i motivi del ricorso non fossero altro che una sterile riproposizione di argomenti già adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva fornito una motivazione giuridicamente corretta e priva di vizi logici, rendendo il tentativo di riesame in sede di legittimità del tutto vano.

Dolo e Stato di Rabbia: Un Chiarimento Cruciale

Uno degli aspetti più interessanti della decisione riguarda l’elemento psicologico del reato. La Corte ha specificato che la condotta violenta tenuta dal ricorrente era di per sé sufficiente a dimostrare la presenza del dolo. L’ipotizzato stato di rabbia, secondo i giudici, non è una condizione idonea a escludere l’intenzionalità ai sensi dell’art. 90 del codice penale. In altre parole, la rabbia non cancella la capacità di intendere e di volere né, di conseguenza, la responsabilità per le proprie azioni.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione dell’ordinanza si articola su due pilastri. Il primo è la constatazione che il giudice di merito ha già compiuto una valutazione corretta e logica dei fatti e delle argomentazioni difensive. Ripresentare le stesse questioni senza individuare specifici vizi di legittimità trasforma il ricorso in un tentativo, non consentito, di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda.

Il secondo pilastro riguarda la pena. La Corte ha richiamato un importante principio espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 47127/2021): quando la pena è fissata nei minimi di legge e gli aumenti per la continuazione sono ridotti, non è richiesta un’apposita e dettagliata motivazione da parte del giudice. La scelta di applicare il minimo della sanzione è di per sé indicativa di una valutazione favorevole all’imputato.

Conclusioni

La decisione in commento è un monito importante: il ricorso in Cassazione non è un’ulteriore opportunità per discutere i fatti, ma un rimedio straordinario per correggere errori di diritto o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso inammissibile non solo comporta la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a carico del ricorrente. Per avere successo, un’impugnazione deve basarsi su censure nuove, specifiche e pertinenti, dimostrando in modo concreto dove e perché il giudice di merito ha sbagliato nell’applicare la legge.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo la decisione, un ricorso è dichiarato inammissibile quando si fonda su motivi che sono una mera riproduzione di censure già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice di merito con argomenti giuridicamente corretti e privi di manifeste illogicità.

Uno stato di rabbia può escludere la responsabilità penale per dolo?
No, l’ordinanza chiarisce che uno stato di rabbia ipotizzato non è idoneo a escludere il dolo (cioè l’intenzione di commettere il reato) ai sensi dell’art. 90 del codice penale, soprattutto quando la condotta violenta manifesta di per sé la volontà del soggetto.

La fissazione della pena nei minimi di legge richiede sempre una motivazione dettagliata?
No. La Corte, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite, afferma che la quantificazione della pena fissata nei minimi di legge, con ridotti aumenti per la continuazione, non richiede un’apposita e specifica motivazione, essendo già di per sé una scelta favorevole all’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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