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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono nuovi

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per false dichiarazioni. La decisione si basa sul fatto che i motivi presentati dall’imputato erano in parte nuovi, e quindi non proponibili in sede di legittimità, e in parte una mera ripetizione di argomenti già respinti in appello. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Appello

Quando si presenta un appello alla Corte di Cassazione, è fondamentale comprendere le regole procedurali che ne determinano l’ammissibilità. Un ricorso inammissibile non solo non viene esaminato nel merito, ma comporta anche conseguenze negative per chi lo propone. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio pratico, delineando i confini entro cui deve muoversi la difesa per evitare una pronuncia sfavorevole.

I Fatti del Caso: La Condanna per False Dichiarazioni

Il caso trae origine da una condanna, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, per il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale, previsto dall’art. 495 del codice penale. L’imputato, ritenuto responsabile del reato, decideva di contestare la sentenza e di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due specifici motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e il filtro della Cassazione

L’imputato basava il proprio ricorso su due argomentazioni principali:

1. Erronea qualificazione giuridica del fatto: Secondo la difesa, i fatti avrebbero dovuto essere inquadrati nel reato meno grave previsto dall’art. 496 c.p. anziché nell’art. 495 c.p.
2. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: Si contestava la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., che esclude la pena per reati di minima offensività.

Entrambi i motivi, tuttavia, si sono scontrati con il rigoroso vaglio di ammissibilità della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza, spiegando nel dettaglio perché nessuno dei due motivi potesse essere accolto. L’analisi della Corte distingue nettamente le ragioni dell’inammissibilità per ciascuna delle censure sollevate.

Il Primo Motivo: Una Questione Nuova e di Fatto

La richiesta di riqualificare il reato è stata giudicata indeducibile. La Corte ha sottolineato che tale argomento non era mai stato presentato nei precedenti gradi di giudizio. Introdurre una questione simile per la prima volta in Cassazione è vietato, soprattutto perché richiederebbe un nuovo e diverso apprezzamento delle prove e dei fatti, un’attività che è preclusa al giudice di legittimità. La Cassazione, infatti, giudica solo sulla corretta applicazione della legge, non può riesaminare le prove.

Il Secondo Motivo: La Semplice Ripetizione delle Censure

Anche il secondo motivo, relativo alla tenuità del fatto, è stato dichiarato inammissibile. In questo caso, la Corte ha rilevato che l’argomento era meramente reiterativo. L’imputato, cioè, si era limitato a riproporre le stesse identiche obiezioni già avanzate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello, senza aggiungere nuovi profili di critica giuridica alla sentenza impugnata.

Le Motivazioni

La decisione della Corte di Cassazione si fonda su principi cardine della procedura penale. Un ricorso in sede di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. I motivi devono essere specifici, pertinenti alla violazione di legge e non possono introdurre temi di indagine fattuale né limitarsi a ripetere argomenti già vagliati. L’inammissibilità è la sanzione processuale per chi non rispetta questi confini, garantendo l’efficienza del sistema e la funzione nomofilattica della Suprema Corte.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce una lezione fondamentale: la preparazione di un ricorso per Cassazione richiede un’attenta analisi giuridica e non può essere una semplice riproposizione delle difese precedenti. La conseguenza di un ricorso inammissibile è severa: la sentenza di condanna diventa definitiva e il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro. Una scelta difensiva non oculata può quindi aggravare la posizione dell’imputato anziché migliorarla.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il primo motivo era stato proposto per la prima volta in Cassazione e richiedeva una valutazione dei fatti non consentita in quella sede, mentre il secondo motivo era una semplice ripetizione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello.

È possibile presentare un argomento difensivo per la prima volta in Cassazione?
No, non è possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo che presuppone una valutazione nel merito dei fatti e delle prove. Il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge, non a riesaminare i fatti del processo.

Quali sono le conseguenze concrete di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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