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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono infondati

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di condanna. Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché i motivi addotti, relativi a presunti vizi procedurali e a errori nel calcolo della pena, si basavano su premesse errate e su una lettura superficiale della sentenza di primo grado, rendendo il ricorso inammissibile e generico.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: quando i motivi sono infondati

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è un’opportunità per ridiscutere i fatti. È un esame di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione delle norme. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci ricorda una lezione fondamentale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di motivi generici, manifestamente infondati o basati su premesse errate. Vediamo nel dettaglio il caso e le ragioni della decisione.

I Fatti del Processo

Un imputato, già condannato in primo grado dal Tribunale e in secondo grado dalla Corte di Appello per una serie di reati gravi (tra cui tentata estorsione, ricettazione, resistenza e reati in materia di armi), ha proposto ricorso per cassazione, sperando di ottenere l’annullamento della condanna. La difesa ha articolato il ricorso su tre principali motivi, che toccavano sia aspetti procedurali sia questioni relative alla determinazione della pena.

I Motivi del Ricorso: un ricorso inammissibile in partenza

La difesa ha sollevato tre specifiche doglianze nel tentativo di scardinare la sentenza di condanna:

1. Nullità del decreto di giudizio immediato: Si lamentava che l’atto introduttivo del processo non indicasse con precisione l’autorità giudiziaria specifica davanti alla quale si sarebbe tenuto il processo. Secondo la difesa, questa omissione avrebbe leso il diritto di difesa, impedendo di valutare riti alternativi.
2. Vizio di motivazione sulla continuazione: Si contestava la mancanza di una spiegazione adeguata riguardo agli aumenti di pena applicati per la continuazione tra i vari reati.
3. Errore nel calcolo della pena: Si denunciava un presunto errore nel calcolo della pena per uno specifico capo d’imputazione, sostenendo che fosse stato applicato un doppio aumento in continuazione in modo errato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi e li ha ritenuti tutti, senza eccezioni, manifestamente infondati, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non solo conferma la condanna, ma comporta anche per il ricorrente il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa con un ragionamento logico e giuridicamente ineccepibile.

Sul primo motivo, relativo alla presunta nullità del decreto, i giudici hanno stabilito che l’indicazione dell’indirizzo dell’ufficio giudiziario era sufficiente. Spetta all’imputato e al suo difensore, specialmente se di fiducia, usare l’ordinaria diligenza per individuare l’aula o il giudice specifico. Qualsiasi potenziale pregiudizio è stato comunque superato dal fatto che il difensore era presente fin dalla prima udienza, dimostrando che il diritto di difesa non era stato concretamente leso.

Riguardo ai motivi sulla pena, la Corte ha evidenziato un errore macroscopico nell’impostazione dell’appello. La critica mossa dal ricorrente si basava su un’errata interpretazione dei reati contestati. In particolare, la difesa aveva confuso un reato di detenzione e porto d’armi con uno di resistenza a pubblico ufficiale, costruendo un’argomentazione sulla sproporzione della pena basata su premesse completamente sbagliate. Un motivo di ricorso che non si confronta correttamente con la sentenza impugnata, ma la fraintende, è per definizione generico e, quindi, inammissibile. La Corte ha ribadito che la determinazione della pena è una prerogativa del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione non è manifestamente illogica, cosa che in questo caso non sussisteva.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cardine del processo penale: l’impugnazione deve essere un atto serio, specifico e pertinente. Non è ammissibile presentare un ricorso basato su disattenzioni o su una lettura superficiale degli atti. Un ricorso inammissibile non solo non porta ad alcun risultato favorevole, ma aggrava la posizione del ricorrente con ulteriori sanzioni economiche. Per gli avvocati, è un monito a preparare le impugnazioni con la massima cura e precisione; per i cittadini, è la conferma che il sistema giudiziario ha dei filtri per evitare che le Corti superiori vengano oberate da ricorsi pretestuosi o palesemente infondati.

La mancata indicazione del giudice specifico nel decreto di citazione rende l’atto nullo?
No, secondo la Corte non è causa di nullità se l’atto indica l’indirizzo dell’ufficio giudiziario. Si presume che la parte e il suo difensore possano usare l’ordinaria diligenza per individuare l’autorità competente, e l’eventuale nullità è sanata se la difesa partecipa al processo fin dall’inizio.

Perché il motivo di ricorso sulla pena è stato considerato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché era basato su un presupposto errato. La difesa aveva confuso la natura dei reati contestati, criticando la sproporzione della pena sulla base di un’analisi scorretta dei capi d’imputazione. Un motivo che non si confronta correttamente con la sentenza impugnata è considerato generico.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la condanna originaria diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver promosso un’impugnazione infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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