Ricorso Inammissibile: Analisi di una Decisione della Cassazione
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una strada sempre percorribile. Un ricorso inammissibile è un esito che non solo pone fine alla vicenda processuale, ma comporta anche conseguenze economiche per chi lo propone. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di quando e perché un ricorso viene respinto senza nemmeno entrare nel merito delle questioni.
I Fatti del Processo
Il caso riguarda un individuo condannato in primo grado e in appello per il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale, previsto dall’art. 495 del codice penale. La Corte d’Appello di Roma, pur concedendo una circostanza attenuante, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. Contro questa decisione, la difesa ha presentato ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali.
I Motivi del Ricorso e le Difese dell’Imputato
La difesa ha tentato di smontare la sentenza di condanna sostenendo:
1. Mancato proscioglimento per particolare tenuità del fatto: Secondo il ricorrente, il reato commesso era così lieve da non meritare una condanna, ai sensi dell’art. 131-bis c.p.
2. Mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena: La difesa contestava la decisione dei giudici di non concedere il beneficio della pena sospesa.
3. Mancato riconoscimento di una pena sostitutiva: Si lamentava il diniego della possibilità di sostituire la pena con lavori di pubblica utilità.
Inoltre, la difesa aveva depositato una memoria integrativa poco prima dell’udienza, un atto che però è stato giudicato tardivo e quindi non è stato preso in considerazione dalla Corte.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Le motivazioni fornite sono un vademecum su come non si deve impostare un ricorso in sede di legittimità.
Valutazione dei Primi Due Motivi: Tenuità del Fatto e Sospensione Condizionale
I primi due motivi sono stati giudicati manifestamente infondati e riproduttivi di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato che non è suo compito riesaminare i fatti, ma solo verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. In questo caso:
– Sulla tenuità del fatto: La Corte d’Appello aveva spiegato in modo logico perché l’offesa non era così lieve, data la duplice falsa dichiarazione resa dall’imputato.
– Sulla sospensione condizionale: I giudici di merito avevano fornito una motivazione completa, evidenziando specifici indicatori che facevano ritenere concreto un rischio di recidiva.
Presentare gli stessi argomenti già respinti, senza individuare vizi logici o giuridici specifici nella sentenza d’appello, rende il ricorso inammissibile.
Analisi del Terzo Motivo: La Pena Sostitutiva
Anche il terzo motivo è stato bocciato. La Cassazione lo ha definito aspecifico, ovvero incapace di confrontarsi con le reali motivazioni della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva chiaramente spiegato che l’imputato non poteva accedere a una nuova pena sostitutiva perché:
1. Aveva già beneficiato in passato di una sostituzione della pena.
2. Il nuovo reato era stato commesso nel triennio successivo, un periodo che, secondo la legge (art. 59 della L. 689/1981), è ostativo alla concessione di un nuovo beneficio simile.
Il ricorso, ignorando questa precisa argomentazione giuridica e limitandosi a una generica lamentela, non ha adempiuto al suo onere di critica specifica e mirata.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È un controllo di legittimità. Un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di motivi generici, ripetitivi o che non si confrontano puntualmente con la decisione impugnata. Oltre alla conferma della condanna, l’inammissibilità comporta per il ricorrente l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro. La decisione serve da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione tecnicamente precisi e giuridicamente fondati.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i suoi motivi erano considerati ripetitivi di argomenti già valutati, manifestamente infondati dal punto di vista legale, e aspecifici, in quanto non contestavano in modo mirato le precise ragioni giuridiche esposte nella sentenza della Corte d’Appello.
Perché all’imputato non è stata concessa la sospensione condizionale della pena?
La sospensione condizionale non è stata concessa perché i giudici di merito hanno fornito una motivazione completa in cui evidenziavano la presenza di indicatori che lasciavano ritenere sussistente un concreto rischio di recidiva, ovvero la possibilità che l’imputato potesse commettere nuovi reati.
Era possibile ottenere una pena sostitutiva come i lavori di pubblica utilità?
No, non era possibile. La Corte d’Appello aveva chiarito che l’imputato aveva già beneficiato in passato di una sostituzione della pena e il nuovo reato era stato commesso entro il triennio successivo. Questa circostanza, secondo la normativa di riferimento, impediva la concessione di una nuova sostituzione della pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 39472 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 39472 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/03/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
21706/2023 – Rel. COGNOME – Ud. 25.09.2024
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, che, concedendo la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. e rideterminando la pena, ha confermato nel resto la sentenza di primo grado, con la quale l’imputato era stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 495 cod. pen. (in esso assorbito il reato di cui agli artt. 48, 479 in relazione all’art. 476 co cod. pen.);
Dato atto che la difesa dell’imputato ha depositato telematicamente una memoria in data 19 settembre 2024, memoria di cui non può tenersi conto siccome non rispettosa del termine di cui all’art. 611 cod. proc. pen.
Considerato che il primo ed il secondo motivo di ricorso, con i quali il ricorrente denunzia violazione della legge penale e vizi di motivazione in ordine al mancato proscioglimento per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen. e in relazione al mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché, oltre ad essere riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati dal giudice di merito (si veda, in particolare, pag. 3 della sentenza impugnata), sono manifestamente infondati, perché la Corte distrettuale ha offerto, 1) sul tema del proscioglimento ex art. 131-bis, una motivazione non manifestamente illogica nell’ottica del vaglio di non particolare tenuità dell’offesa recata al bene giuridico tutelato dalla duplice dichiarazione del prevenuto e, 2) sulla questione del riconoscimento della sospensione condizionale della pena, una motivazione completa, evidenziando quali fossero gli indicatori che lasciavano ritenere sussistente il rischio di recidiva;
Rilevato che il terzo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta vizi motivazione in relazione al mancato riconoscimento della pena sostitutiva dei lavori di pubblica utilità ex art. 20 bis cod. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità, perché, oltre ad essere costituito da mere doglianze in fatto, è aspecifico in quanto non fronteggia le argomentazioni della Corte di merito (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), laddove quest’ultima ben chiariva come l’imputato avesse già beneficiato della sostituzione di pena e che ciò fosse ostativo ex art. 59 co. 1 lett. a) I. 689/1981 ad una nuova sostituzione, in quanto il nuovo reato è stato commesso nel triennio della revoca;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25/09/2024