Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2570 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2570 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/03/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO COGNOME che ha concluso chiedendo
RITENUTO IN FATTO
NOME impugna mediante il suo difensore la sentenza della Corte di appello di Cagliari n. 352 del 27 marzo 2023 con la quale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cagliari n. 954 del 2021, confermava la condanna in relazione al delitto di cui agli artt. 624, 61 nn. 7 e 11 cod. pen. per il furto di u anello e invece lo assolveva per il furto di tutti gli altri oggetti e valori descritti imputazione.
Il ricorrente presenta tre diversi motivi di ricorso.
2.1. Con un primo motivo di ricorso lamenta la carenza e la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistente il delitto ascritto con riferimento alla sottrazione di un anello; in particolare a sostegno del ricorso viene evidenziato che l’attribuzione di responsabilità per la sottrazione dell’anello all’imputato si limita a riportare la serie di sospetti narrati dalla persona offesa mettendo in evidenza che la motivazione non espone sufficientemente circostanze specifiche ed oggettive che possano confermare la serie di sospetti esposti dalla persona offesa e che invece non condurrebbero, a parere della difesa, univocamente verso l’imputato.
2.2. Con un secondo motivo di ricorso si lamenta l’erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 163 cod. pen. in relazione all’omessa concessione della sospensione condizionale della pena. In particolare, il ricorrente evidenzia che, sia in primo grado sia in secondo grado, non veniva disposta la sospensione condizionale della pena affermando che non si ritengono sussistenti invece i presupposti per concedere tale beneficio. Osserva la difesa al riguardo che in relazione alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena vi è un obbligo di motivare sia positivamente sia negativamente circa l’esercizio del potere discrezionale conferito al giudice dalla legge nella valutazione dei presupposti per addivenire all’applicazione del beneficio.
2.3. Con un terzo motivo di ricorso la difesa prospetta l’inosservanza di norme processuali per avere il giudice di appello omesso di dare avviso alle parti della applicabilità delle pene sostitutive previste dall’art. 20-bis cod. pen. Rileva che la Corte di appello non solo non ha applicato la sospensione condizionale della pena ma avrebbe dovuto ai sensi dell’art. 545-bis cod. proc. pen. dare avviso alle parti al fine di sostituire la pena con una di quelle previste dall’art. 20-bis cod. pen.: tale adempimento informativo nei confronti dell’imputato è stato omesso dalla Corte di appello senza alcuna motivazione così inducendo la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 179, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In ordine al primo motivo di ricorso il Collegio osserva che la motivazione della Corte di appello sviluppa un ragionamento probatorio che appare completo, lineare e logico sia sul piano argomentativo sia su quello deduttivo che consente ai giudici di trarre la conclusione affermativa circa la responsabilità dell’imputato.
Si osservi che la sentenza della Corte di appello, in linea con quanto già esposto nella motivazione della sentenza del tribunale, ripercorre ed analizza la deposizione della p.o., ricca di particolari indicativi della sottrazione, senza alcuna lacuna logica e argomentativa. In particolare, la deposizione della persona offesa viene analizzata compiutamente e intrinsecamente circa i tempi e le modalità della condotta sottrattiva che ha portato in modo univoco a individuare nell’imputato l’unica persona che frequentava l’abitazione della stessa per assistere il marito in condizione di incapacità per ragioni di salute; nonché estrinsecamente anche considerando la deposizione – altrettanto univoca e convincente – della figlia della persona offesa NOME COGNOME che ha ben descritto il ruolo e l’univocità degli elementi che portano a considerare l’imputato quale unica persona estranea che frequentava l’abitazione dove è avvenuta la sottrazione .
Pertanto, le critiche alla motivazione non soltanto non incidono sulla logica coerenza deduttiva della prova della responsabilità dell’imputato per la sottrazione dell’anello, ma si appalesano come una sostanziale richiesta di rivalutazione nel merito del materiale probatorio, inammissibile in sede di legittimità. Si noti che la logica deduttiva esposta nella motivazione porta a selezionare il materiale indiziario valorizzandone i contenuti solo quando v’è riscontro logico e giuridico processuale, tanto che laddove il giudice di secondo grado non è arrivato ad un convincimento ben fondato, ha riformato la sentenza di primo grado assolvendo l’imputato per il furto di alcuni oggetti.
Il primo motivo, pertanto, va dichiarato inammissibile.
Anche in ordine al secondo motivo di ricorso, attinente all’omessa concessione della sospensione condizionale della pena, il Collegio osserva innanzi tutto che tale critica si sarebbe dovuta rivolgere avverso la sentenza di primo grado ma non risulta presente nei motivi di appello e quindi è inammissibile se proposta per la prima volta in questa sede di legittimità. Peraltro, la motivazione espone compiutamente la condotta dell’imputato anche per parametrare il complessivo trattamento sanzionatorio e la mancata concessione del beneficio in parola.
Se è pur vero che la motivazione della Corte di appello non si è espressamente soffermata sull’omessa concessione della sospensione condizionale
della pena, è anche vero, però, che richiamando per intero la sentenza di primo grado, laddove si afferma che “non si ritengono sussistente invece i presupposti per concedere al prevenuto i benefici di legge, valutato l’accaduto nel suo complesso”, ha inteso implicitamente ma sufficientemente recepire la conforme decisione di primo grado. In particolare, riguardo il trattamento sanzionatorio pur riformando parzialmente l’impugnata sentenza di primo grado, con l’assoluzione dell’imputato per la sottrazione di alcuni oggetti, relativamente ai quali non ha ritenuto sufficienti gli indizi raccolti – la motivazione impugnata ha spiegato che il trattamento sanzionatorio non è suscettibile di ulteriore contenimento considerato già che la pena base individuata dal primo giudice si attesta sul minimo edittale. Pertanto, per tutto il resto, compresa la non concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, la motivazione di secondo grado conferma l’impianto decisorio della sentenza di primo grado. Di conseguenza si deve ritenere implicitamente recepita anche la pur sintetica spiegazione data dalla sentenza di primo grado circa la non concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Non sussistono, in breve, sia le lacune motivazionali lamentate con il secondo motivo di ricorso sia soprattutto la ricorribilità della sentenza per un punto non oggetto di gravame in appello. Il secondo motivo è pertanto inammissibile.
GLYPH In ordine al terzo motivo di ricorso, che prospetta la nullità della sentenza della Corte d’appello per avere omesso di avvisare l’imputato al fine della sostituzione della pena detentiva, il Collegio osserva che anche questo motivo di ricorso è inammissibile in quanto si ritiene che ai sensi dell’art. 95 d-lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è necessaria una richiesta in tal senso da parte dell’imputato che deve comunque intervenire al più tardi nel corso dell’udienza di discussione in appello (Vedi Sez. 6, n. 33027 del 10(05/2023, NOME, Rv. 285090).
Non risultando tale richiesta, il motivo è inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 5 dicembre 2023.