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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per violenza o minaccia a un pubblico ufficiale. I giudici hanno ritenuto i motivi di appello non specifici e meramente ripetitivi di argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, confermando così la condanna e l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i requisiti di specificità

Quando si presenta un ricorso in Cassazione, non è sufficiente esprimere un generico dissenso rispetto alla sentenza di condanna. I motivi devono essere specifici, pertinenti e confrontarsi criticamente con le argomentazioni del giudice precedente. In caso contrario, il rischio concreto è quello di un ricorso inammissibile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di questa dinamica, analizzando un caso di reato contro un pubblico ufficiale.

I fatti del caso

Un cittadino veniva condannato dalla Corte d’Appello per il reato previsto dall’articolo 336 del codice penale, ovvero violenza o minaccia a un pubblico ufficiale. La condotta contestata era stata ritenuta idonea a costringere il funzionario a compiere un atto contrario ai propri doveri d’ufficio. Insoddisfatto della decisione, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

I motivi del ricorso

La difesa del ricorrente si basava su due argomenti principali:

1. Inidoneità della condotta: Secondo il primo motivo, il comportamento tenuto dall’imputato non era altro che una manifestazione di ‘mero disprezzo’ e, come tale, non aveva la capacità concreta di intimidire o costringere il pubblico ufficiale. La difesa sosteneva quindi che mancasse un elemento essenziale per configurare il reato contestato.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Con il secondo motivo, si lamentava la violazione di legge da parte della Corte d’Appello per non aver concesso le circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.

La decisione sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi presentati e li ha respinti entrambi, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale, sancendo che il ricorso non possedeva i requisiti minimi per essere giudicato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha fornito una spiegazione chiara e distinta per la sua decisione.

Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno sottolineato la sua mancanza di specificità. Il ricorrente, infatti, non si era confrontato adeguatamente con le argomentazioni logiche e puntuali esposte dalla Corte d’Appello nelle pagine 2 e 3 della sentenza impugnata. In quella sede, era stato chiarito perché la condotta fosse stata ritenuta idonea a coartare la volontà del pubblico ufficiale. Limitarsi a riproporre la tesi del ‘mero disprezzo’ senza smontare il ragionamento del giudice di secondo grado rende il motivo generico e, quindi, inammissibile.

Relativamente al secondo motivo, la Cassazione ha evidenziato come questo fosse meramente riproduttivo di censure già esaminate e correttamente respinte in appello. La Corte d’Appello aveva già spiegato, a pagina 3 della sua sentenza, l’assenza di ragioni valide per concedere le attenuanti generiche. Riproporre la stessa identica questione in Cassazione senza introdurre nuovi profili di illegittimità costituisce una pratica processuale non consentita, che porta inevitabilmente all’inammissibilità.

Conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Come conseguenza diretta, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge. Per questo, i motivi di ricorso devono essere formulati con precisione chirurgica, criticando specificamente i passaggi logico-giuridici della sentenza impugnata. In assenza di tale specificità, la sanzione processuale è l’inammissibilità.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per genericità dei motivi?
Un ricorso è dichiarato inammissibile per genericità quando non si confronta specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, ma si limita a riproporre tesi difensive già esaminate o a esprimere un generico dissenso, senza individuare vizi logici o giuridici precisi nel ragionamento del giudice precedente.

Un atteggiamento di mero disprezzo verso un pubblico ufficiale integra sempre il reato di cui all’art. 336 c.p.?
Secondo la tesi difensiva presentata nel caso, il mero disprezzo non sarebbe sufficiente. Tuttavia, la Corte ha stabilito che la valutazione dipende dalla specificità della condotta. Se, come nel caso di specie, i giudici di merito motivano adeguatamente che quella condotta è idonea a costringere il pubblico ufficiale, il reato è configurabile e la tesi del mero disprezzo viene respinta.

Cosa succede se viene riproposto in Cassazione un motivo di ricorso già respinto in Appello?
Se un motivo di ricorso è una mera riproduzione di una censura già adeguatamente valutata e respinta con argomenti corretti dal giudice d’appello, senza che vengano sollevati nuovi e specifici profili di illegittimità, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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