Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11066 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11066 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il 09/12/1959
avverso la sentenza del 24/04/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 24 aprile 2024 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale del 20 ottobre 2022, ha rideterminato la pena inflitta a NOME NOMECOGNOME ritenuta la continuazione con altro delitto giudicato con precedente sentenza dello stesso Tribunale di Milano, nella misura di mesi quattro di reclusione ed euro 120,00 di multa in ordine al reato di furto tentato.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con tre distinti motivi: violazione di legge per carenza di querela validamente proposta; violazione di legge per erronea applicazione della recidiva; vizio di motivazione in relazione ai parametri utilizzati per calcolare la pena in continuazione con altra applicata precedentemente con sentenza del Tribunale di Milano n. 9503/2022, già divenuta irrevocabile.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riferimento ai primi due motivi, deve essere osservato come essi, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello (cfr. p. 4 della sentenza impugnata), reiterino le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano i dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
2.2. Manifestamente infondata è, poi, la censura con cui l’imputato ha lamentato l’omessa indicazione dei parametri osservati nella determinazione del trattamento sanzionatorio, ed in particolare di quelli relativi al disposto aumento di pena per la continuazione con altro reato giudicato precedentemente con sentenza del Tribunale di Milano divenuta irrevocabile.
Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, infatti, la Corte di appello ha dapprima fissato, in modo congruo, la pena base riferendosi al reato più grave – determinato ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. in ragione della misura della pena inflitta – per poi indicare un aumento di pena di modesta entità.
Se è ben vero, infatti, che, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269), è altrettanto pacifico – come nella medesima circostanza precisato da parte del Supremo Collegio – che «il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispet limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene».
Ciò è, per l’appunto, avvenuto nel caso di specie, in ragione della modestia dell’aumento di pena disposto ai sensi dell’art. 81, comma 2, cod. pen., rendendo, conseguentemente, del tutto logica e congrua la motivazione resa sul punto dalla Corte di merito.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
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