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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per falsa attestazione. I motivi sono stati giudicati generici e inediti, in quanto non specificati adeguatamente e proposti per la prima volta in sede di legittimità. La decisione comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: una lezione dalla Cassazione su specificità e novità dei motivi

Nel processo penale, l’atto di impugnazione è uno strumento fondamentale per la difesa, ma la sua efficacia dipende dal rigoroso rispetto di precise regole formali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda come la genericità o la novità dei motivi possano portare a una declaratoria di ricorso inammissibile, chiudendo di fatto le porte a una revisione della sentenza. Questo principio è stato riaffermato in un caso riguardante una condanna per falsa attestazione a un pubblico ufficiale, dove l’appello del ricorrente è stato respinto per vizi procedurali insuperabili.

I Fatti: Il Contesto della Pronuncia

Il caso trae origine dalla condanna di un imputato, confermata in secondo grado dalla Corte di Appello di Firenze, per il reato di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla propria identità o qualità personali. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due distinti motivi per chiederne l’annullamento.

Il primo motivo lamentava una violazione di legge in relazione alla presunta mancanza di prove sulla sua responsabilità penale. Il secondo, invece, criticava la decisione della Corte d’Appello per non aver concesso le circostanze attenuanti generiche.

La Decisione della Cassazione: un ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha analizzato entrambi i motivi e li ha ritenuti entrambi non meritevoli di accoglimento, giungendo a una pronuncia di ricorso inammissibile. Vediamo nel dettaglio perché ciascun motivo è stato giudicato invalido.

Il Primo Motivo: la Genericità dell’Impugnazione

La Corte ha qualificato il primo motivo come ‘generico’. Secondo i giudici, il ricorrente non ha rispettato i requisiti previsti dall’articolo 581, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale. Questa norma impone a chi impugna di indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Nel caso di specie, il ricorso si è limitato a denunciare la mancanza di prove senza però indicare quali elementi, a fronte di una motivazione della Corte d’Appello definita ‘logica, corretta e completa’, avrebbero dovuto portare a una conclusione diversa. Questa vaghezza ha impedito alla Cassazione di individuare i rilievi concreti e di esercitare il proprio sindacato.

Il Secondo Motivo: la Novità della Richiesta

Il secondo motivo, relativo al diniego delle attenuanti generiche, è stato giudicato ‘inedito’. La Corte ha infatti rilevato che la richiesta di concessione di tali circostanze non era mai stata formulata nell’atto di appello originario. È un principio consolidato quello per cui non si possono introdurre per la prima volta in Cassazione questioni che dovevano essere sollevate nei precedenti gradi di giudizio. Presentare un motivo ‘nuovo’ in sede di legittimità costituisce un vizio procedurale che ne determina l’inammissibilità.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su due pilastri della procedura penale. In primo luogo, il principio di specificità dei motivi di ricorso, che non è un mero formalismo, ma una garanzia per il corretto funzionamento della giustizia. Esso assicura che il giudice dell’impugnazione sia messo nelle condizioni di comprendere esattamente quali parti della sentenza precedente sono contestate e perché. Un motivo generico equivale a un non-motivo. In secondo luogo, vige il principio che preclude l’introduzione di nuove questioni in Cassazione (il cosiddetto ‘divieto di nova’). La Suprema Corte è un giudice di legittimità, non di merito, e il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge sulla base di quanto già discusso e deciso nei gradi precedenti.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce l’importanza di una redazione attenta e precisa degli atti di impugnazione. Un ricorso inammissibile non solo priva l’imputato della possibilità di vedere riesaminata la propria posizione, ma comporta anche conseguenze economiche. Come in questo caso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma significativa (tremila euro) in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: la difesa tecnica deve essere scrupolosa nel formulare le proprie censure, evitando l’astrattezza e assicurandosi di aver sollevato tutte le questioni rilevanti già in appello.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Sulla base di questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi sono ‘generici’, ovvero non indicano in modo specifico le ragioni della contestazione, oppure ‘inediti’, cioè sollevati per la prima volta in Cassazione senza essere stati discussi nei precedenti gradi di giudizio.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “generico”?
Significa che il ricorso è formulato in modo vago e non rispetta il requisito dell’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale, che impone di specificare gli elementi alla base della censura. Ciò impedisce al giudice di individuare i rilievi mossi alla sentenza impugnata e di valutarne la fondatezza.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito discrezionalmente dalla Corte (nel caso specifico, è stata fissata in tremila euro).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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