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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per occupazione di un immobile pubblico. La decisione si fonda sul fatto che i motivi di ricorso erano una mera ripetizione di argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza un confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte ha ribadito il principio secondo cui non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Il Pericolo dei Motivi Generici

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, una fase delicata che richiede rigore e precisione. Un errore comune, come dimostra una recente ordinanza della Suprema Corte, è quello di riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello. Questa pratica conduce quasi inevitabilmente a una dichiarazione di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme un caso concreto per capire i principi applicati dai giudici.

I Fatti del Processo: Occupazione di un Immobile Pubblico

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte di Appello di Palermo nei confronti di un cittadino per il reato di occupazione abusiva di un immobile di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari (IACP). L’imputato, nel tentativo di ottenere l’annullamento della condanna, decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Corte

I motivi del ricorso si concentravano su due aspetti: la presunta improcedibilità d’ufficio del reato contestato e il riconoscimento di uno stato di necessità, supportato da documentazione prodotta anche nel giudizio di appello. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le speranze del ricorrente, dichiarando il ricorso totalmente inammissibile. La ragione è netta: i motivi proposti non erano altro che una pedissequa ripetizione di quanto già ampiamente e logicamente confutato dalla Corte di Appello.

La Cassazione e il concetto di ricorso inammissibile

La Corte Suprema ha evidenziato come il ricorso mancasse completamente di un confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata. Invece di contestare specifici errori di diritto o vizi logici nella motivazione dei giudici d’appello, il ricorrente si è limitato a riproporre le medesime tesi, sperando in un esito diverso. Questo approccio trasforma il ricorso in un tentativo, non consentito, di ottenere una rivalutazione dei fatti e delle prove, un’attività che esula completamente dalle competenze della Cassazione.

Il Divieto di Rivalutazione dei Fatti

I giudici hanno richiamato una consolidata giurisprudenza secondo cui la Corte di Cassazione non è un “terzo grado di giudizio” dove si può riesaminare il merito della vicenda. Il suo compito è quello di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e l’assenza di vizi logici macroscopici nella motivazione della sentenza. Chiedere una “alternativa ricostruzione dei fatti” o l’adozione di “criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito” è una richiesta destinata a fallire.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio della specificità dei motivi di ricorso. Un ricorso è specifico non solo quando non è generico o indeterminato, ma anche quando instaura una correlazione diretta e critica con le ragioni esposte nella decisione che si intende impugnare. Nel caso di specie, questa correlazione era del tutto assente. Il ricorrente non ha attaccato la logica della sentenza d’appello, ma ha semplicemente ignorato le sue conclusioni, ripresentando argomenti già vagliati e respinti. Di conseguenza, il ricorso è stato ritenuto privo dei requisiti minimi per poter essere esaminato nel merito.

Le Conclusioni

La decisione in esame offre un importante monito: la redazione di un ricorso per Cassazione richiede una tecnica giuridica precisa. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza; è necessario individuare e argomentare in modo specifico i vizi che la inficiano. La semplice reiterazione dei motivi d’appello è una strategia inefficace che porta alla dichiarazione di inammissibilità, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro da versare alla Cassa delle ammende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché i motivi erano totalmente ripetitivi di quelli già presentati e respinti in appello, senza un confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata. Mancavano di specificità e tendevano a una non consentita rivalutazione dei fatti.

Cosa significa che un ricorso non può chiedere una “rivalutazione delle fonti probatorie”?
Significa che la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove (come documenti o testimonianze) per dare una nuova interpretazione dei fatti. Il suo compito è solo verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e motivato logicamente la loro decisione.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
La persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso 3.000 euro, a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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