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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile perché basato su motivi generici, che si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello e a richiedere un riesame dei fatti non consentito in sede di legittimità. La decisione sottolinea che anche le censure sulla pena devono confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi Sono Troppo Generici

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede un’attenzione meticolosa alla forma e alla sostanza degli argomenti. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi porti inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con la conseguente condanna alle spese. Analizziamo questa decisione per comprendere i principi che regolano l’accesso al giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello. La ricorrente, condannata per un delitto contro il patrimonio, contestava la decisione sotto diversi profili, tra cui la qualificazione giuridica del reato (sostenendo si trattasse di truffa anziché di estorsione), l’elemento psicologico della condotta e l’entità della pena inflitta.

La difesa aveva articolato il proprio gravame in più punti, cercando di rimettere in discussione le conclusioni a cui erano giunti i giudici di merito nei precedenti gradi di giudizio.

L’Analisi della Corte e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, lo ha rigettato dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su principi procedurali consolidati e inderogabili. Vediamo nel dettaglio le ragioni che hanno portato a questa conclusione.

La Genericità dei Motivi e il Divieto di Rivalutazione del Fatto

Il cuore della decisione risiede nella valutazione dei primi tre motivi di ricorso. La Corte ha osservato che tali motivi erano meramente ripetitivi di argomentazioni già presentate e respinte dal giudice d’appello. Invece di individuare specifici vizi di legittimità nella sentenza impugnata (come errori nell’applicazione della legge o vizi logici della motivazione), la ricorrente si limitava a proporre una diversa lettura dei fatti.

Questo approccio si scontra con un principio cardine del giudizio di Cassazione: il divieto del cosiddetto sindacato del fatto. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove e ricostruire la vicenda. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Chiedere una nuova valutazione del merito è un’istanza che, per definizione, non può trovare accoglimento, rendendo il ricorso su questo punto inammissibile.

La Genericità del Motivo sul Trattamento Sanzionatorio

Anche il motivo relativo alla pena è stato giudicato generico. La Corte d’Appello aveva motivato la quantificazione della sanzione facendo riferimento a tre precedenti specifici della ricorrente per delitti contro il patrimonio e sottolineando come la pena fosse comunque prossima al minimo edittale.

Il ricorso, invece di confrontarsi con queste specifiche ragioni, si limitava a una generica doglianza. Per contestare efficacemente il trattamento sanzionatorio in Cassazione, è necessario dimostrare un palese errore di diritto o un’illogicità manifesta nella motivazione del giudice di merito, non semplicemente esprimere un disaccordo sulla pena inflitta.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni dell’ordinanza si fondano sulla necessità di preservare la funzione della Corte di Cassazione come giudice di legittimità. I motivi di ricorso devono essere specifici, pertinenti e devono dialogare criticamente con la motivazione della sentenza che si impugna. Non possono essere una semplice riproposizione delle difese svolte nei gradi di merito. La Corte ha ribadito che la sentenza d’appello aveva già fornito una risposta adeguata e logica sia sulla qualificazione del reato (estorsione) sia sulla sussistenza del dolo. Il ricorso, non affrontando tali argomentazioni, si è rivelato sterile e, di conseguenza, inammissibile.

Conclusioni: L’Importanza della Specificità nel Ricorso per Cassazione

Questa ordinanza è un monito fondamentale per chiunque intenda adire la Suprema Corte. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza per poterla impugnare con successo in Cassazione. È indispensabile che il ricorso individui e articoli con precisione vizi di legittimità, evitando di sconfinare in una richiesta di riesame del merito. La mancata aderenza a questi principi non solo preclude l’esame della questione, ma comporta anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, trasformando un’opportunità di difesa in un ulteriore onere economico.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se i suoi motivi sono generici, ossia si limitano a ripetere argomentazioni già respinte nei gradi precedenti, oppure se chiedono alla Corte di rivalutare i fatti del caso, compito che non le spetta.

È sufficiente contestare l’entità della pena per ottenerne una riduzione in Cassazione?
No, non è sufficiente. Secondo l’ordinanza, per contestare la pena è necessario affrontare specificamente le motivazioni del giudice che l’ha determinata (ad esempio, i precedenti penali o la gravità del fatto), dimostrando un errore di diritto o un’illogicità manifesta. Una critica generica è inammissibile.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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