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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per spaccio di lieve entità. I motivi sono stati giudicati generici, in quanto mere ripetizioni di argomentazioni già respinte, e non consentiti, poiché la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e, nel caso specifico, era giustificata dai precedenti dell’imputato.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Le Regole per Impugnare in Cassazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i severi criteri di ammissibilità per i ricorsi, sottolineando come la genericità e la ripetitività dei motivi portino inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile. Questo principio è fondamentale per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e le corrette modalità di impugnazione di una sentenza penale. Il caso in esame, relativo a un reato di spaccio di lieve entità, offre un’occasione preziosa per analizzare le ragioni che possono precludere l’accesso al terzo grado di giudizio.

I Fatti del Processo

Il procedimento trae origine dalla condanna di un individuo per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, ovvero la detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana) qualificata come fatto di “lieve entità”. La sentenza di condanna, emessa in primo grado, era stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnato alla decisione, decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandolo a due specifiche doglianze.

I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte

L’imputato basava il suo ricorso su due principali motivi di presunta illegittimità della sentenza d’appello:

1. Errata valutazione sulla destinazione della droga: si contestava che le sostanze fossero destinate alla cessione a terzi, sostenendo invece che fossero per un uso esclusivamente personale o di gruppo.
2. Eccessività della pena: si lamentava un’eccessiva severità della sanzione inflitta dai giudici di merito.

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, giungendo alla medesima conclusione per entrambi: l’inammissibilità.

Il Primo Motivo: la Genericità che rende il ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha qualificato il primo motivo come “generico”. Invece di contestare in modo puntuale e critico le argomentazioni della Corte d’Appello, il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse difese già esaminate e respinte nel precedente grado di giudizio. Questo approccio, definito “puramente labiale”, non soddisfa il requisito di specificità richiesto per i motivi di ricorso in Cassazione. Non è sufficiente ripetere una tesi, ma è necessario dimostrare perché la motivazione della sentenza impugnata sia errata o illogica.

Il Secondo Motivo: la Discrezionalità nella Determinazione della Pena

Anche il secondo motivo è stato rigettato, ma per una ragione diversa: non era “consentito”. La determinazione della pena, infatti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di primo o secondo grado, a meno che la decisione non appaia frutto di “mero arbitrio o di ragionamento illogico”. Inoltre, la legge richiede una motivazione specifica sulla pena solo quando questa sia di gran lunga superiore al medio edittale. Nel caso di specie, la pena era vicina a tale soglia e, soprattutto, era stata specificamente giustificata con riferimento ai recenti precedenti penali dell’imputato, smentendo la sua affermazione, non documentata, di essere incensurato.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su due pilastri fondamentali della procedura penale che disciplinano il giudizio di legittimità.

In primo luogo, il principio di specificità dei motivi di ricorso. Un ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione dei motivi d’appello. Esso deve contenere una critica puntuale, argomentata e specifica delle ragioni giuridiche e logiche esposte nella sentenza impugnata. L’assenza di questo confronto critico rende il motivo generico e, di conseguenza, l’intero ricorso inammissibile.

In secondo luogo, il principio dei limiti del sindacato di legittimità sulla quantificazione della pena. La Corte di Cassazione non è un terzo giudice del fatto, ma un giudice della legge. La valutazione sull’adeguatezza della pena è una prerogativa esclusiva dei giudici di merito. Il controllo della Suprema Corte è limitato alla verifica della legalità della pena e della coerenza logica della motivazione che la sorregge, senza entrare nel merito della scelta sanzionatoria, se non nei casi estremi di manifesta illogicità o arbitrarietà.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per chi intende adire la Corte di Cassazione. Evidenzia l’assoluta necessità di redigere ricorsi tecnicamente impeccabili, che non si limitino a lamentare un’ingiustizia percepita, ma che attacchino la sentenza impugnata con argomenti giuridici specifici e pertinenti. La declaratoria di inammissibilità, oltre a precludere la possibilità di una revisione della condanna, comporta conseguenze economiche significative per il ricorrente, condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Sulla base della decisione, un ricorso è inammissibile se i motivi sono generici, cioè se si limitano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello senza un confronto critico e puntuale con la motivazione della sentenza impugnata.

La Corte di Cassazione può ridurre una pena considerata troppo alta?
Generalmente no. La determinazione della pena è una valutazione discrezionale del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la pena è frutto di un palese arbitrio o di un ragionamento illogico, oppure se la motivazione è del tutto assente o insufficiente, specialmente quando la sanzione è molto superiore alla media.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dalla Corte nel caso specifico in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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