Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre importanti spunti di riflessione sui requisiti di ammissibilità delle impugnazioni penali. L’ordinanza in esame dichiara un ricorso inammissibile, fornendo una lezione fondamentale: non basta ripetere le stesse argomentazioni già presentate in appello per ottenere una revisione dalla Suprema Corte. Analizziamo nel dettaglio la decisione per comprendere meglio i confini del giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo condannato per il reato di rapina (art. 628 c.p.) dalla Corte di Appello di Torino. Il ricorrente basava la sua impugnazione su due motivi principali: il primo contestava la correttezza della motivazione che aveva portato alla sua condanna, mentre il secondo lamentava un’eccessiva severità della pena inflitta.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un gradino precedente, quello della validità stessa dell’impugnazione. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una conseguenza tipica di un ricorso ritenuto infondato o, come in questo caso, inammissibile.
Le Motivazioni: l’analisi del ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su argomentazioni precise e conformi a un orientamento giurisprudenziale consolidato.
La Genericità del Primo Motivo di Ricorso
Il primo motivo, relativo alla responsabilità penale, è stato considerato indeducibile. La Corte ha osservato che le argomentazioni presentate non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelle già sollevate e puntualmente respinte dalla Corte di Appello. In questi casi, i motivi vengono considerati non specifici ma soltanto “apparenti”, poiché non assolvono alla funzione tipica di una critica argomentata contro la sentenza impugnata. In pratica, per accedere al giudizio di Cassazione non è sufficiente esprimere un generico dissenso, ma è necessario formulare critiche nuove e specifiche che mettano in luce vizi di legittimità (come violazioni di legge o difetti logici della motivazione) e non semplici riesami del fatto.
L’Infondatezza del Motivo sulla Pena
Il secondo motivo, riguardante l’eccessività della pena, è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha ribadito un principio cardine del nostro ordinamento: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato nel rispetto dei criteri fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo). Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione, facendo riferimento a elementi concreti come “le impetuose modalità della condotta” e i “numerosi precedenti penali” dell’imputato. Una motivazione di questo tipo è considerata congrua e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in commento rappresenta un monito importante per chi intende presentare ricorso in Cassazione. La decisione evidenzia che il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito dove poter ridiscutere i fatti o la valutazione delle prove. Un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di un’impugnazione che non si confronta criticamente e specificamente con le ragioni della sentenza appellata, ma si limita a riproporre le medesime difese. Per avere una possibilità di successo, è essenziale individuare vizi specifici di violazione di legge o di manifesta illogicità della motivazione, formulando argomentazioni pertinenti e non meramente ripetitive.
Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non possiede i requisiti previsti dalla legge. Come nel caso analizzato, ciò avviene se i motivi sono una mera e pedissequa ripetizione di quelli già respinti in appello, rendendoli generici e non una critica argomentata e specifica della sentenza impugnata.
È possibile contestare l’eccessività della pena in Cassazione?
Generalmente no. La contestazione sull’entità della pena non è consentita in sede di legittimità perché la sua determinazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione del giudice è manifestamente illogica o viola la legge, cosa che non è avvenuta in questo caso, dove la pena era giustificata dalla condotta e dai precedenti penali.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa così definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30184 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30184 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/11/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
letta la memoria depositata, ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art 628 cod. pen., è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si vedano in particolare le pagine 6-8 della sentenza impugnata, dove la Corte d’appello ha correttamente individuato gli elementi costitutivi della condotta illecita realizzata), dovendosi gli stessi considerare no specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta l’eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argonnentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti quali le impetuose modalità della condotta e i numerosi precedenti penali da cui risulta essere gravato l’imputato (si veda, in particolare pag. 9 della sentenza impugnata);
che l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 5 cod.pen. non era stata dedotta in appello e non può essere valutata in questa sede comportando accertamenti di merito sottratti al giudice deputato dall’ordinamento al loro esame;
rilevato, pertanto e con assorbimento di quanto contenuto nella memoria, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Roma, 02/07/2024