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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché i motivi proposti erano una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre specifici argomenti di confronto. La Corte ha ribadito che la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se non per manifesta illogicità, non riscontrata nel caso di specie. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione

Quando si presenta un ricorso in Cassazione, non è sufficiente dissentire dalla decisione precedente. È necessario articolare censure specifiche e pertinenti. Una recente ordinanza della Suprema Corte sottolinea un principio fondamentale: un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile di motivi generici e meramente riproduttivi di argomentazioni già respinte nei gradi di merito. Questo caso offre uno spunto essenziale per comprendere i requisiti di accesso al giudizio di legittimità.

Il caso in esame

Un imputato ricorreva in Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che, pur riformando parzialmente precedenti decisioni e riqualificando alcune condotte come illeciti amministrativi, aveva rideterminato la pena per i reati più gravi. L’imputato lamentava la violazione di legge su diversi fronti: l’omessa pronuncia di assoluzione per una specifica ipotesi di reato, il mancato riconoscimento del minimo della pena e delle attenuanti generiche, e il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I motivi del ricorso e la declaratoria di inammissibilità

La Corte di Cassazione ha analizzato i motivi del ricorso, concludendo per la loro totale inammissibilità. I giudici di legittimità hanno osservato che le censure relative alla presunta violazione di legge e alla causa di non punibilità erano semplici riproposizioni di argomenti già esaminati e motivatamente disattesi dalla Corte territoriale. Il ricorrente, infatti, non aveva articolato un confronto specifico con la motivazione della sentenza d’appello, limitandosi a ripetere le proprie tesi. Questo approccio rende il ricorso inammissibile per mancanza di specificità.

Il sindacato sulla determinazione della pena

Un punto cruciale della decisione riguarda il secondo motivo di ricorso, relativo al trattamento sanzionatorio. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la quantificazione della pena è un’attività rimessa alla discrezionalità del giudice di merito. In sede di legittimità, non è possibile contestare l’entità della sanzione, a meno che la decisione del giudice inferiore non sia frutto di arbitrio o basata su una motivazione manifestamente illogica. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse adempiuto al proprio onere motivazionale, rispettando i principi guida indicati dalla giurisprudenza di legittimità, escludendo così ogni vizio censurabile.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano sulla natura stessa del giudizio di legittimità. Tale giudizio non è un terzo grado di merito dove si possono riesaminare i fatti, ma una sede deputata al controllo della corretta applicazione del diritto e della coerenza logica delle motivazioni. Un ricorso che non si confronta criticamente con la decisione impugnata, ma si limita a riproporre le stesse doglianze, si sottrae a questa funzione e viene, di conseguenza, dichiarato inammissibile. La Corte ha sottolineato che i motivi primo e terzo erano meramente riproduttivi e non introducevano alcun elemento nuovo di critica, mentre il secondo motivo si scontrava con la natura discrezionale della determinazione della pena, insindacabile in assenza di vizi logici evidenti.

Conclusioni

La decisione in commento conferma che l’accesso alla Corte di Cassazione è subordinato a requisiti rigorosi. Non basta lamentare un’ingiustizia percepita; è indispensabile formulare censure che evidenzino specifici errori di diritto o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della decisione precedente, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, un onere che serve a disincentivare impugnazioni dilatorie o prive di fondamento giuridico.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici, meramente ripetitivi di argomenti già valutati e respinti nei precedenti gradi di giudizio, oppure quando non si confrontano specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
No, la quantificazione della pena è una decisione discrezionale del giudice di merito. Può essere contestata in Cassazione solo se la scelta è arbitraria o basata su una motivazione manifestamente illogica, cosa che non è stata riscontrata in questo caso.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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