Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza dei Motivi Specifici
Presentare un ricorso in Cassazione non è una mera formalità, ma un atto che richiede precisione tecnica e il rispetto di rigide regole procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi e il mancato rispetto delle scansioni processuali portino a una declaratoria di ricorso inammissibile. Il caso in esame riguarda un cittadino condannato per resistenza a pubblico ufficiale e oltraggio, il cui tentativo di contestare la sentenza di secondo grado si è scontrato con i fermi paletti imposti dal codice di procedura penale.
I Fatti del Caso
L’imputato era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per i reati previsti dagli articoli 337 (Resistenza a un pubblico ufficiale) e 341-bis (Oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario) del codice penale. Non rassegnato alla decisione della Corte d’Appello, decideva di proporre ricorso per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi per cercare di ribaltare il verdetto.
Analisi dei Motivi di Ricorso e la Decisione della Corte
La Suprema Corte ha esaminato ciascuno dei motivi presentati dal ricorrente, respingendoli tutti con una declaratoria di inammissibilità. Vediamo nel dettaglio perché.
La Genericità dei Primi Motivi Rende il Ricorso Inammissibile
I primi due motivi di ricorso contestavano, rispettivamente, l’affermazione di responsabilità penale e la mancata concessione delle attenuanti generiche. La Corte ha liquidato queste doglianze come ‘generiche’. In pratica, l’imputato si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi specificamente con le motivazioni contenute nella sentenza impugnata. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: non basta ripetere le proprie tesi, ma è necessario ‘demolire’ punto per punto il ragionamento logico-giuridico del giudice del grado precedente.
La Decisiva Questione Procedurale: la Causa di non Punibilità
Il terzo motivo di ricorso era il più tecnico: si lamentava la mancata applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, ovvero la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Qui emerge l’errore procedurale fatale. La Corte ha rilevato che questa specifica richiesta non era mai stata avanzata come motivo d’appello. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce, a pena di inammissibilità, che non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. La richiesta ex art. 131-bis non rientra tra queste. Pertanto, averla sollevata per la prima volta davanti alla Suprema Corte ha reso il motivo irricevibile.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione dell’ordinanza è un compendio di rigore procedurale. La Corte ha spiegato che il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per questo, i motivi devono essere specifici e pertinenti. Le censure del ricorrente sono state ritenute una sterile riproduzione di argomentazioni già vagliate, incapaci di scalfire la coerenza della sentenza d’appello. Sul punto relativo all’art. 131-bis, la Corte ha sottolineato che il rispetto delle fasi processuali è un cardine del sistema. Introdurre nuove questioni in Cassazione minerebbe la funzione stessa dei gradi di giudizio. In ogni caso, la Corte ha aggiunto ‘ad abundantiam’ che dalla motivazione della sentenza impugnata emergeva comunque l’assenza degli elementi necessari a qualificare il fatto come di ‘modesta gravità’.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa decisione rafforza l’idea che la difesa tecnica in sede di legittimità richiede una strategia attenta e scrupolosa. Le lezioni che possiamo trarre sono due: in primo luogo, ogni motivo di ricorso deve essere una critica puntuale e argomentata alla decisione che si contesta, non una semplice riproposizione di tesi difensive. In secondo luogo, è fondamentale ‘spendere’ tutte le cartucce difensive nel giudizio d’appello, poiché questioni non sollevate in quella sede sono, di norma, precluse per sempre. Un ricorso inammissibile non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte lo ha dichiarato inammissibile principalmente per due ragioni: i primi due motivi erano generici e si limitavano a ripetere argomentazioni già respinte in appello, senza criticare specificamente la motivazione della sentenza impugnata. Il terzo motivo, invece, sollevava una questione (la non punibilità per tenuità del fatto) che non era stata proposta nel precedente grado di giudizio, in violazione delle regole procedurali.
Cosa significa che i motivi di ricorso sono “generici”?
Significa che le censure mosse alla sentenza sono vaghe, astratte e non si confrontano in modo specifico con le argomentazioni logico-giuridiche sviluppate dal giudice nella decisione che si sta impugnando. In pratica, è come ripetere la propria versione senza spiegare perché il ragionamento del giudice sarebbe sbagliato.
È possibile presentare un nuovo motivo di ricorso per la prima volta in Cassazione?
No, di regola non è possibile. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce che le questioni non dedotte nei motivi di appello non possono essere presentate per la prima volta in Cassazione, a meno che non si tratti di questioni che il giudice può rilevare d’ufficio in ogni momento. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non rientra in questa eccezione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29812 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29812 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NARDO’ il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/07/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 8755/24 Emiliano
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’ art. 337 cod. p altro);
Esaminati i motivi di ricorso;
Ritenuto che le doglianze con cui si censura l’affermazione di responsabilità per i reati cui agli artt. 337 e 341-bis cod. pen. sono generiche, limitandosi a mere enunciazi riproduttive di censure già vagliate dalla Corte territoriale e non misurandosi affatto c apprezzamenti di merito adeguatamente scrutinati dalla Corte d’appello con puntuale e logico apparato argomentativo, dal momento che la sentenza sottolinea la presenza dei presupposti richiesti dalle norme incriminatrici (pag. 1-2);
Ritenuto che anche la doglianza relativa alla mancata concessione delle attenuanti generiche – e di conseguenza all’eccessività del trattamento sanzionatorio – e priva specificità in quanto non si confronta con la congrua esposizione dei criteri adottati dai g del merito (v. pag. 3);
Ritenuto infine che le censure di cui al terzo motivo di ricorso attinente alla manc applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., non risultano essere state previamente dedotte come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma i cod. proc. pen., come si evince dall’atto di app vertente unicamente sulla sussistenza della responsabilità e sul trattamento sanzionatorio che, in ogni modo, dalla motivazione del provvedimento impugnato emerge l’assenza di elementi da cui evincere la “modesta gravità del fatto” (v. pag. 3);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 28/06/2024