Ricorso Inammissibile: la Cassazione Ribadisce il Principio di Specificità
Presentare un ricorso in Cassazione richiede tecnica e precisione. Non basta ripetere le proprie ragioni; è necessario costruire una critica argomentata contro la decisione che si intende impugnare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile nasca proprio dalla genericità e dalla mancanza di correlazione con la sentenza precedente. Analizziamo questo caso per comprendere quali errori evitare.
I Fatti del Processo
Il caso riguarda un imputato condannato dalla Corte di Appello di Roma per reati fallimentari, specificamente per bancarotta. Insoddisfatto della sentenza di secondo grado, che aveva confermato la sua colpevolezza, l’imputato decide di presentare ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di contestazione.
I Motivi del Ricorso: una Difesa Generica
Il ricorrente basa la sua difesa su due punti fondamentali, entrambi però destinati a scontrarsi con il rigido vaglio di ammissibilità della Suprema Corte.
La Tesi del “Prestanome”
Il primo motivo di ricorso mirava a smontare l’affermazione di responsabilità. L’imputato sosteneva di aver agito come un semplice “prestanome”, ovvero di essere stato formalmente l’amministratore della società fallita, ma senza aver mai esercitato concretamente alcun potere gestionale. Questa tesi, tuttavia, era già stata presentata e respinta dalla Corte di Appello. Nel riproporla in Cassazione, la difesa si è limitata a una “pedissequa reiterazione” delle argomentazioni precedenti, senza sviluppare una critica specifica contro le motivazioni con cui i giudici di merito avevano rigettato tale ipotesi.
La Mancata Concessione delle Attenuanti
Il secondo motivo riguardava la mancata applicazione di due circostanze attenuanti: quella per il danno patrimoniale di speciale tenuità (prevista dalla Legge Fallimentare) e un’altra legata a un presunto “contributo di minima importanza” alla commissione del reato. Anche in questo caso, il ricorso è stato giudicato generico, poiché si limitava a lamentare il mancato riconoscimento delle attenuanti senza argomentare in modo specifico perché, nel caso concreto, queste sarebbero state meritevoli di applicazione.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, spiegando in modo cristallino le ragioni della sua decisione. Il provvedimento si fonda su un principio cardine del processo penale: la specificità dei motivi di ricorso.
I giudici richiamano un consolidato orientamento giurisprudenziale, incluse le Sezioni Unite (sentenza Galtelli del 2017), secondo cui un ricorso è inammissibile non solo quando è intrinsecamente vago, ma anche quando manca una necessaria correlazione con le ragioni della sentenza impugnata. In altre parole, l’atto di impugnazione non può essere un monologo slegato dalla decisione che contesta; deve essere un dialogo critico con essa. Non può ignorare le motivazioni del giudice precedente, ma deve attaccarle punto per punto, evidenziandone le presunte falle logiche o giuridiche.
Nel caso specifico, la Corte territoriale aveva motivato adeguatamente sia sull’infondatezza della tesi del “prestanome” (ritenuta una generica ipotesi difensiva e smentita dalla durata della carica), sia implicitamente sulla questione delle attenuanti. Il ricorrente, limitandosi a ripetere le proprie tesi senza confrontarsi con queste motivazioni, ha di fatto presentato un ricorso “apparente”, privo della sua funzione tipica, che è quella di critica argomentata.
Conclusioni
La decisione in esame è un monito fondamentale per chiunque si appresti a redigere un atto di impugnazione. Non è sufficiente avere delle buone ragioni; è indispensabile saperle esporre nel modo corretto. Un ricorso in Cassazione non è una terza istanza di merito dove ridiscutere i fatti, ma un giudizio di legittimità che verifica la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Per superare il filtro di ammissibilità, è obbligatorio che ogni doglianza sia specifica, pertinente e costruita come una critica puntuale e ragionata della sentenza che si intende demolire. In assenza di questi requisiti, il risultato non può che essere un ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i suoi motivi sono stati ritenuti aspecifici e reiterativi. La difesa non ha formulato una critica argomentata contro la sentenza della Corte di Appello, ma si è limitata a riproporre le stesse doglianze già respinte nel grado precedente, mancando così della necessaria correlazione con le ragioni del provvedimento impugnato.
Qual era la tesi difensiva principale dell’imputato?
La tesi difensiva principale era che l’imputato avesse agito solo come “prestanome”, ovvero come amministratore formale della società, senza avere un ruolo gestionale effettivo. Questa tesi è stata giudicata dalla Corte come una generica ipotesi difensiva, non argomentata e smentita dalla durata della carica ricoperta.
Cosa ha stabilito la Corte riguardo alla richiesta di circostanze attenuanti?
La Corte ha ritenuto generico anche il motivo relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti. Il ricorso replicava la medesima genericità del motivo d’appello, senza fornire alcuna argomentazione specifica sulla meritevolezza delle attenuanti richieste. Questa mancanza ha impedito al ricorrente di potersi lamentare della carenza argomentativa della Corte di Appello sul punto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3664 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3664 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SUCEAVA( ROMANIA) il 12/11/1970
avverso la sentenza del 05/06/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 31195/2024 – Consigliere COGNOME – Ud. 27 novembre 2024
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma che ha confermato la condanna dell’imputato per i reati di cui agli artt. 216, comma 1, n. 2 223, comma 1 e comma 2, n. 2), L.F.
Considerato che il primo motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia violazione legge in ordine alla dichiarazione di responsabilità dell’imputato – è aspecifico e reiterativ quanto fondato su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte di merito, dovendosi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838).
Considerato, a questo riguardo, che il ricorrente ha mancato di adeguarsi all’attuale disposto di cui all’art. 581 cod. proc. pen., perché ha seguito un proprio approccio criti omettendo, tuttavia, di esplicitare il ragionamento sulla cui base muoveva censure alla decisione avversata. A questo riguardo, va altresì ricordato che Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME Rv. 268823, ha ribadito un principio già noto nell giurisprudenza di legittimità, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibil non solo quando risultino intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato e che le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazio risiedono nel fatto che quest’ultimo non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato.
Considerato che la Corte territoriale ha adeguatamente motivato in merito all’affermazione di responsabilità dell’imputato, evidenziando come la tesi secondo cui i ricorrente avesse un mero ruolo di prestanome della società, e non la qualifica di amministratore come indicato nel capo di imputazione, sia frutto di una generica ipotesi difensiva, non argomentata nell’atto di appello e sconfessata anche dalla durata della carica.
Considerato che il secondo motivo di ricorso – con cui si deducono violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 2 comma 3, L.F. e di una non meglio precisata circostanza attenuante legata al «contributo di minima importanza», verosimilmente da individuare in quella di cui all’art. 114 cod. pen. – è generico, posto che replica la medesima genericità riscontrata nel motivo di appello, in cui non vi era alcuna argomentazione in ordine alla meritevolezza delle suddette circostanze attenuanti, il che impedisce di dolersi oggi della carenza argomentativa della Corte distrettual sul punto.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27 novembre 2024
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