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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per violazione delle misure di prevenzione. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi presentati, che si limitavano a riproporre questioni di fatto già decise in appello e a criticare genericamente il diniego delle pene sostitutive, senza un confronto specifico con le argomentazioni della Corte territoriale.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Spiega i Limiti dell’Appello

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato dalla Corte di Cassazione, delineando i confini tra una legittima critica alla sentenza impugnata e una mera riproposizione di argomenti già esaminati. Il caso riguarda un individuo condannato per la violazione delle misure di prevenzione, la cui pena era stata ridotta in appello grazie alla concessione delle attenuanti generiche. Nonostante ciò, l’imputato ha presentato ricorso alla Suprema Corte, che lo ha però respinto.

Il Caso in Analisi: Dalla Condanna al Ricorso

Il ricorrente, tramite il suo difensore, si era opposto alla sentenza della Corte d’Appello che, pur riformando parzialmente la decisione di primo grado, lo aveva condannato a otto mesi di reclusione. I motivi del ricorso si concentravano su due punti principali: una presunta errata applicazione della legge penale e un vizio nella motivazione della sentenza.

I motivi del ricorso inammissibile: tra fatto e genericità

L’analisi della Cassazione si è focalizzata sulla natura dei motivi addotti, ritenendoli non idonei a superare il vaglio di ammissibilità. Vediamo nel dettaglio le ragioni.

La contestazione sull’errore colposo

Il primo motivo del ricorso sosteneva che l’imputato fosse incorso in un errore colposo, invocando l’applicazione dell’art. 47 del codice penale. La Corte ha rapidamente liquidato questa argomentazione come inammissibile. Il motivo, infatti, non sollevava una questione di diritto, ma era ‘versato integralmente in fatto’. In altre parole, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di rivalutare le prove e le circostanze del caso, un compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Inoltre, il motivo era riproduttivo di censure già adeguatamente esaminate e respinte nei gradi precedenti, senza apportare una critica specifica e puntuale al ragionamento della Corte d’Appello.

La richiesta di pene sostitutive

Il secondo motivo contestava la mancata applicazione di pene sostitutive, lamentando un vizio di motivazione. Anche in questo caso, la Cassazione ha giudicato il motivo inammissibile per la sua estrema genericità. La Corte d’Appello aveva negato il beneficio basando la sua decisione, in modo non manifestamente illogico, sui precedenti penali dell’imputato. Tali precedenti, secondo i giudici di merito, evidenziavano una sua ‘inaffidabilità’ e rendevano impossibile formulare una prognosi futura favorevole. Il ricorrente, invece di confrontarsi specificamente con questo ragionamento, si era limitato a formulare rilievi generici, chiedendo di fatto una diversa valutazione degli elementi, cosa non consentita in sede di legittimità.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Il suo ruolo è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Nel caso di specie, il ricorso è stato dichiarato ricorso inammissibile perché non ha rispettato questi limiti. I giudici hanno sottolineato che il ricorrente non si è confrontato in modo specifico con i ‘coerenti ragionamenti’ della Corte d’Appello, ma ha semplicemente lamentato una violazione di legge e un vizio di motivazione, auspicando una valutazione degli elementi processuali diversa e, per la Corte, inammissibile.

Le conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve da monito: per avere successo in Cassazione, non è sufficiente dissentire dalla decisione di merito. È necessario articolare una critica precisa, puntuale e fondata su questioni di diritto o su vizi logici evidenti della motivazione, evitando di trasformare il ricorso in un’ulteriore richiesta di valutazione dei fatti.

Perché un ricorso per Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile se si limita a riproporre questioni di fatto già valutate nei gradi precedenti, se i motivi sono formulati in modo generico senza una critica specifica al ragionamento del giudice d’appello, o se chiede una nuova valutazione degli elementi processuali, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘versato integralmente in fatto’?
Significa che il ricorrente non contesta un’errata applicazione della legge (violazione di legge), ma chiede alla Corte di Cassazione di riesaminare e reinterpretare le prove e i fatti del processo, un’attività riservata esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.

Quali elementi considera un giudice per negare le pene sostitutive?
Il giudice può negare le pene sostitutive basandosi su elementi come i precedenti penali dell’imputato, che possono indicare una sua inaffidabilità, e sull’impossibilità di formulare una ‘prognosi futura favorevole’, ovvero una previsione positiva sul suo comportamento futuro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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