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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un inquilino condannato per un allaccio idrico abusivo. Il ricorso inammissibile è stato motivato dalla genericità delle argomentazioni, considerate mere riproposizioni di censure già respinte e tentativi di riesaminare i fatti, non consentiti in sede di legittimità. La Corte ha confermato sia la validità della querela che la logicità della motivazione della sentenza d’appello.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Motivi Generici

In una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del ricorso inammissibile, chiarendo i requisiti di specificità che un’impugnazione deve possedere per superare il vaglio di legittimità. Il caso riguardava un inquilino condannato per un allaccio idrico abusivo, il cui ricorso è stato respinto perché basato su motivi generici e assertivi. Questa decisione offre spunti importanti sui limiti del sindacato della Suprema Corte e sulla corretta formulazione dei motivi di ricorso.

I Fatti del Caso: L’Allaccio Abusivo e la Condanna

La vicenda ha origine dalla scoperta di un allaccio abusivo alla rete idrica in un appartamento dato in locazione. L’inquilino, unico titolare del contratto di affitto e beneficiario della fornitura illecita di acqua, veniva condannato nei primi due gradi di giudizio. La Corte d’Appello, in particolare, aveva confermato la sua responsabilità, ritenendo provato il suo coinvolgimento diretto e consapevole nell’illecito. Secondo i giudici di merito, era inverosimile che un ospite occasionale, come sostenuto dalla difesa, avesse potuto realizzare l’allaccio all’insaputa del locatario, il quale non poteva non essersi accorto della disponibilità di acqua potabile pur in assenza di un regolare contratto di fornitura.

I Motivi del Ricorso e la questione del ricorso inammissibile

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due principali motivi di doglianza, entrambi destinati a scontrarsi con il giudizio di inammissibilità della Corte.

La Validità della Querela

Il primo motivo contestava la validità della querela presentata dal responsabile del nucleo operativo della società di servizi. Secondo la difesa, mancava una valida delega da parte dei vertici aziendali che lo autorizzasse a sporgere querela. Si trattava di una censura formale volta a far cadere la cosiddetta ‘condizione di procedibilità’ e, di conseguenza, l’intero impianto accusatorio.

La Mancanza di Motivazione e il Travisamento della Prova

Con il secondo motivo, si lamentava una presunta mancanza di motivazione da parte della Corte d’Appello, con particolare riferimento alla valutazione delle testimonianze rese nel corso del processo. La difesa sosteneva che i giudici avessero travisato le prove, non considerando adeguatamente l’ipotesi alternativa della responsabilità di un terzo, un presunto ospite dell’imputato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione impugnata. La decisione si fonda sulla manifesta infondatezza e sulla totale asserività dei motivi proposti. Secondo i giudici di legittimità, il ricorso non era altro che una riproposizione di censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza una reale e critica analisi delle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive. Riguardo alla validità della querela, ha sottolineato come la Corte territoriale avesse già correttamente evidenziato l’esistenza di una facoltà a sporgere querela conferita al responsabile operativo. Inoltre, richiamando una precedente giurisprudenza, ha affermato che, in virtù del suo ruolo specifico finalizzato proprio alla verifica di eventuali reati, tale soggetto non necessitava nemmeno di una delega formale. Per quanto concerne il secondo motivo, la Cassazione ha ribadito un principio cardine del suo ruolo: non è un ‘terzo giudice del fatto’. Il ricorso mirava a una rivalutazione delle prove e a una rilettura alternativa della vicenda, attività precluse in sede di legittimità. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata logica, coerente e corretta in punto di diritto, e quindi immune da vizi. L’argomentazione dell’ospite sconosciuto è stata ritenuta non provata e comunque ininfluente, data la palese responsabilità del titolare del contratto di locazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce che per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, i motivi presentati in Cassazione devono essere specifici, critici e pertinenti. Non è sufficiente riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito. È necessario, invece, individuare e dimostrare vizi di legittimità concreti nella sentenza impugnata, come violazioni di legge o difetti di motivazione evidenti e decisivi. Questo caso insegna che un ricorso non può trasformarsi in un appello mascherato, volto a ottenere una nuova valutazione dei fatti, ma deve limitarsi a un rigoroso controllo sulla corretta applicazione delle norme giuridiche.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi sono manifestamente infondati, assolutamente privi di specificità, assertivi o quando si limitano a riprodurre censure già vagliate e disattese dal giudice di merito senza una critica analisi della decisione impugnata. Inoltre, è inammissibile se mira a una rivalutazione dei fatti, compito precluso alla Corte di Cassazione.

Chi è autorizzato a sporgere querela per conto di una società?
Secondo la sentenza, oltre ai legali rappresentanti, può sporgere querela anche un soggetto specificamente facultato, come in questo caso il direttore generale. Inoltre, figure con ruoli di responsabilità specifici (nel caso di specie, il responsabile del Nucleo Operativo incaricato di verificare eventuali reati) possono essere ritenute legittimate a presentare querela anche in assenza di una delega formale, in ragione delle loro funzioni.

L’inquilino è sempre responsabile per un illecito commesso nel suo appartamento?
La sentenza afferma la responsabilità dell’inquilino, titolare del contratto di locazione, in quanto è inverosimile che un illecito come un allaccio abusivo, che comporta un beneficio diretto (l’uso di acqua), possa essere stato commesso da un ospite occasionale a sua insaputa. La consapevolezza dell’illecito viene dedotta logicamente dal fatto che l’inquilino usufruiva dell’acqua pur non avendo stipulato alcun contratto di fornitura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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