Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Genericità dei Motivi
Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, non è sufficiente dissentire dalla decisione precedente. È necessario formulare una critica specifica e argomentata. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga rigettato proprio per la genericità dei motivi addotti. Analizziamo il caso di una condanna per furto pluriaggravato, in cui la difesa ha tentato di rimettere in discussione elementi già ampiamente valutati nei gradi di merito.
I Fatti del Caso
Il ricorrente era stato condannato in primo grado dal Tribunale di Enna per il reato di furto pluriaggravato. La sentenza era stata successivamente confermata dalla Corte di Appello di Caltanissetta. Ritenendo ingiusta la condanna, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali: la presunta contraddittorietà della motivazione sulla sua responsabilità penale e la mancata applicazione della pena nel minimo edittale.
I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una conclusione netta: il ricorso è inammissibile. Vediamo perché ogni motivo è stato respinto.
Primo Motivo: la Generica Ripetizione degli Argomenti
Il ricorrente lamentava una motivazione carente e contraddittoria riguardo alla sua colpevolezza. Tuttavia, la Suprema Corte ha osservato che le argomentazioni presentate non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelle già sollevate e respinte in appello. La Corte di merito aveva fondato la sua decisione su prove solide e convergenti, tra cui il ritrovamento di un telefono cellulare nell’auto utilizzata per il reato. L’analisi del dispositivo aveva rivelato foto, file e contatti della famiglia dell’imputato, elementi che, secondo i giudici, rendevano certa la sua responsabilità. Un ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse questioni di fatto, ma deve individuare vizi logici o giuridici specifici nella sentenza impugnata.
Secondo Motivo del Ricorso Inammissibile: la Determinazione della Pena
Il secondo motivo riguardava la presunta violazione di legge nella determinazione della pena, che non era stata fissata al minimo. Anche questa censura è stata ritenuta “manifestamente infondata”. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato nel rispetto degli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva ampiamente motivato la sua scelta, sottolineando la “particolare gravità del fatto” e la personalità dell’imputato, già gravato da precedenti e “poco sensibile ai richiami dell’autorità”.
Le Motivazioni
La decisione della Corte di Cassazione si fonda su principi procedurali e sostanziali chiari. In primo luogo, il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano solo apparenti, non assolvendo alla funzione di critica argomentata della sentenza di appello. Invece di contestare specifici passaggi logici o errori di diritto, la difesa si è limitata a riproporre una diversa lettura dei fatti, compito che esula dalle competenze della Corte di Cassazione, la quale è giudice di legittimità e non di merito.
In secondo luogo, per quanto riguarda la pena, la motivazione della Corte d’Appello è stata considerata adeguata e congrua. Il riferimento alla gravità del reato e ai precedenti dell’imputato è stato ritenuto sufficiente a giustificare una pena superiore al minimo, assolvendo così l’onere argomentativo del giudice. La discrezionalità del giudice di merito sulla quantificazione della pena è insindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, la decisione è supportata da una motivazione logica e non manifestamente viziata.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce due importanti lezioni pratiche. Primo, un ricorso per cassazione deve essere tecnico e specifico; non può essere una semplice riedizione del giudizio di appello. È fondamentale attaccare la logica e la coerenza giuridica della sentenza impugnata, non i fatti che essa ha accertato. Secondo, la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena è molto ampia. Le contestazioni su questo punto hanno scarse probabilità di successo in Cassazione se la sentenza di merito fornisce una giustificazione, anche sintetica, basata sui criteri legali di gravità del reato e personalità del condannato.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice e pedissequa ripetizione di quelli già respinti in appello, mancando di una critica specifica e argomentata contro la decisione della Corte d’Appello.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena inflitta?
Generalmente no. La determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Può essere contestata solo in caso di violazione di legge o di motivazione assente, illogica o contraddittoria, cosa che in questo caso non è stata riscontrata.
Quali prove sono state decisive per confermare la condanna?
La prova decisiva è stata il ritrovamento, a bordo dell’autovettura, di un telefono cellulare la cui analisi ha rivelato foto, file e recapiti telefonici riconducibili ai familiari dell’imputato, costituendo un quadro probatorio di elementi plurimi, logici e convergenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14300 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14300 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI NATALE NOME NOME NOME ENNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/05/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
-Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Caltanissetta in data 11 maggio 2023 ha confermato la pronunzia di condanna del Tribunale di Enna in ordine al reato di furto pluriaggravato (artt. 624, 625 n.7, 61 n.5 cod. pen.).
-Ritenuto che il primo motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia la mancanza e contraddittorietà della motivazione resa dalla Corte di Appello con riguardo alla sua responsabilità penale – è fondato su motivi, interamente in fatto, che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso ( pag. 2 e 3 in cui vengono esplicitati i dati probatori che rendono certa la responsabilità penale dell’imputato, tra cui: il ritrovamentg di un telefono cellulare a bordo ct; dell’autovettura, dalla cui analisi dello- stesso sono emersi foto, file, recapiti telefonici dei suoi familiari dell’imputato; elementi plurimi, logici e convergenti).
-Ritenuto che il secondo motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla mancata applicazione del minimo della pena – è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag.5 della sentenza impugnata che sottolinea la particolare gravità del fatto e la personalità dell’imputato gravato da altri precedenti e “poco sensibile ai richiami dell’autorità”).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 31/01/2024