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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per calunnia (art. 368 c.p.) per aver falsamente denunciato lo smarrimento di un assegno. La Corte ha ritenuto i motivi del ricorso generici, poiché non si confrontavano specificamente con la puntuale motivazione della Corte d’Appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende. Questo caso sottolinea l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Cara

Presentare un ricorso in Cassazione richiede precisione e argomentazioni specifiche. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci ricorda le severe conseguenze di un ricorso inammissibile, specialmente quando i motivi addotti sono affetti da genericità. Il caso in esame riguarda una condanna per il reato di calunnia, confermata in appello, e la successiva decisione della Cassazione di non entrare nemmeno nel merito delle questioni sollevate. Analizziamo la vicenda e le importanti lezioni che se ne possono trarre.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di calunnia, previsto dall’art. 368 del codice penale. L’imputato aveva falsamente denunciato lo smarrimento di un assegno, accusando così indirettamente il legittimo portatore di un reato. La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza dell’11 marzo 2024, aveva confermato la condanna, ritenendo provata la sussistenza di tutti gli elementi del reato. In particolare, i giudici di secondo grado avevano motivato in modo approfondito sulla consapevolezza dell’imputato circa la falsità della sua denuncia e sulla gravità delle possibili conseguenze per la persona offesa.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, cercando di ottenere l’annullamento della condanna.

La Decisione: Un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha messo un punto fermo alla questione, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione comporta che i giudici supremi non hanno esaminato il merito delle argomentazioni difensive, fermandosi a un vaglio preliminare che ha evidenziato un vizio insanabile nell’atto di impugnazione. Di conseguenza, la condanna inflitta dalla Corte d’Appello è diventata definitiva. Ma quali sono state le ragioni di una decisione così netta?

Le Motivazioni della Decisione: la Genericità dei Motivi

Il cuore del provvedimento risiede nella motivazione con cui la Corte ha respinto l’impugnazione. I giudici hanno stabilito che i motivi presentati dal ricorrente erano tutti affetti da “genericità” rispetto alla puntuale motivazione della sentenza d’appello.

In sostanza, il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse questioni già ampiamente discusse e respinte in secondo grado, senza però avviare un confronto critico e specifico con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva spiegato in modo congruo perché riteneva sussistenti tutti gli elementi del reato di calunnia, inclusa la piena consapevolezza della falsità della denuncia. Il ricorso, invece, non ha attaccato in modo mirato questi punti, risultando così una mera ripetizione di doglianze già valutate.

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la sede di legittimità non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Un ricorso che, come in questo caso, si limita a contestare genericamente le valutazioni di merito del giudice precedente, senza evidenziare un chiaro errore logico o giuridico, è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche dell’Inammissibilità

La declaratoria di inammissibilità non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria serve a scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o dilatori. La decisione, pertanto, funge da monito: un’impugnazione in Cassazione deve essere un atto tecnicamente rigoroso, fondato su vizi specifici della decisione contestata. La semplice riproposizione delle proprie tesi, senza un confronto serrato con la motivazione del giudice d’appello, non solo è inefficace, ma comporta anche un significativo onere economico.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e non si confrontavano in modo specifico con la puntuale motivazione della sentenza della Corte d’Appello, limitandosi a riproporre questioni già valutate.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

Cosa aveva stabilito la Corte d’Appello riguardo al reato contestato?
La Corte d’Appello aveva ritenuto sussistenti tutti gli elementi del reato di calunnia (art. 368 c.p.), motivando in modo congruo sulla consapevolezza del ricorrente riguardo alla falsità della denuncia di smarrimento dell’assegno e sulla gravità delle conseguenze per la persona offesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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