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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile poiché i motivi addotti erano generici e riproponevano censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Il tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove, non consentita in sede di legittimità, ha portato alla conferma della decisione impugnata e alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Decisione della Cassazione sui Motivi Generici

Quando si presenta un appello alla Suprema Corte di Cassazione, è fondamentale che i motivi siano specifici, pertinenti e non una mera ripetizione di argomenti già discussi. Una recente ordinanza ci offre un chiaro esempio delle conseguenze di un ricorso inammissibile, sottolineando l’importanza della tecnica redazionale e del rispetto dei limiti del giudizio di legittimità. In questo articolo, analizzeremo la decisione della Corte che ha respinto un ricorso, condannando il proponente al pagamento delle spese e di una sanzione.

I Fatti del Processo e la Decisione della Corte d’Appello

Il caso ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro. L’imputato, condannato nei gradi di merito, si era rivolto alla Corte di Cassazione sollevando diverse questioni. In particolare, contestava la sua responsabilità penale e chiedeva una rivalutazione degli elementi di prova. Inoltre, lamentava il mancato riconoscimento di alcune circostanze attenuanti, sia quella specifica prevista dall’art. 62 n. 4 del codice penale, sia quelle generiche, nonché la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis cod. pen.).

Analisi del Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il caso, ha rapidamente individuato i vizi che hanno portato a dichiarare il ricorso inammissibile. I giudici hanno riscontrato che i motivi presentati erano essenzialmente una riproposizione di censure già adeguatamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi ed efficaci argomenti giuridici.

Genericità dei Motivi e Divieto di Rivalutazione del Merito

Il primo punto critico è stata la genericità dei motivi. L’appello si limitava a riprodurre le stesse argomentazioni già disattese nel grado precedente, senza confrontarsi specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata. Questo approccio è contrario ai principi del giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti e le prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza, non sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. La richiesta di una ‘rivalutazione’ delle prove è stata quindi considerata, come da prassi costante, inammissibile.

Attenuanti ed Esimente: Una Reiezione Ben Argomentata

Anche le doglianze relative al mancato riconoscimento delle attenuanti e dell’esimente della particolare tenuità del fatto sono state ritenute manifestamente infondate. La Corte di Cassazione ha osservato che la Corte d’Appello aveva già fornito una motivazione congrua e logica per escluderle, basandosi sulla gravità del fatto. Non sono stati presentati argomenti validi per contestare la logicità di tale valutazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Nella sua ordinanza, la Suprema Corte ha evidenziato come i motivi del ricorso fossero riproduttivi di censure già vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici. Le critiche erano generiche e si limitavano a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio, un’attività preclusa in sede di legittimità. Anche una memoria difensiva presentata successivamente non ha aggiunto elementi nuovi o decisivi, limitandosi a lamentare una presunta omissione nella proposta dell’Ufficio Esame Preliminare senza però rafforzare la validità dei motivi di ricorso. Di fronte a un appello che non attacca specificamente la logica giuridica della decisione precedente ma cerca di ottenere un nuovo giudizio sui fatti, la Corte non può fare altro che dichiararne l’inammissibilità.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La decisione si conclude con la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Questa statuizione comporta due conseguenze economiche dirette per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso in Cassazione deve essere preparato con rigore tecnico, focalizzandosi su vizi di legittimità e non sulla speranza di un riesame dei fatti. Presentare un ricorso inammissibile non solo è inefficace, ma comporta anche costi significativi, confermando la necessità di un’attenta valutazione strategica prima di adire la Suprema Corte.

Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi sono generici, si limitano a riproporre censure già esaminate e respinte nei gradi precedenti, o chiedono una rivalutazione delle prove, attività preclusa alla Corte di Cassazione, che giudica solo la corretta applicazione della legge.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di non applicare una condanna alle spese in caso di inammissibilità?
No, la declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come stabilito dalla Corte nel provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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