Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze di Motivi Generici in Cassazione
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come un’impugnazione possa essere dichiarata un ricorso inammissibile quando i motivi addotti sono generici e non specificamente ancorati alle circostanze del caso. Questa decisione sottolinea l’importanza di formulare censure precise e pertinenti per evitare non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna al pagamento di spese e sanzioni. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e i principi di diritto ribaditi dalla Suprema Corte.
Il Contesto del Caso Giudiziario
Un imputato, condannato in appello dalla Corte di Perugia per una serie di reati (tra cui possesso di documenti di identificazione falsi, tentata truffa e sostituzione di persona), ha presentato ricorso per cassazione. I motivi del ricorso si basavano su tre argomenti principali:
1. La presunta violazione del diritto di difesa per il diniego di termini aggiuntivi.
2. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
3. La contestazione del trattamento sanzionatorio applicato.
La Corte di Appello aveva confermato la condanna, e il caso è quindi giunto all’attenzione della Suprema Corte per la valutazione della legittimità della decisione.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2944/2024, ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Di conseguenza, non solo ha respinto le doglianze del ricorrente, ma lo ha anche condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, ravvisando una colpa nell’aver proposto un’impugnazione palesemente infondata.
Le Motivazioni della Cassazione sul Ricorso Inammissibile
La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, evidenziandone la manifesta infondatezza e genericità.
Il Diniego dei Termini a Difesa
Il primo motivo riguardava la richiesta di termini a difesa. La Cassazione ha richiamato la giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite, secondo cui il diniego o la concessione di termini ridotti non causa alcuna nullità se la richiesta non è supportata da una reale esigenza difensiva e se l’esercizio effettivo del diritto di difesa non ha subito lesioni concrete. Nel caso specifico, il termine per richiedere la trattazione orale era già scaduto a causa della normativa emergenziale Covid-19, e il ricorrente non aveva motivato in alcun modo la necessità di ulteriore tempo, rendendo la sua richiesta puramente pretestuosa.
L’Esclusione della Non Punibilità ex Art. 131-bis c.p.
Sul secondo motivo, relativo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., la Corte ha osservato che il ricorso non si confrontava adeguatamente con la motivazione della sentenza d’appello. I giudici di merito avevano escluso la particolare tenuità del fatto basandosi sulla valutazione dei numerosi reati commessi dall’imputato. Il ricorso, invece, si limitava a presentare affermazioni generiche e a descrivere in modo irrituale la condotta dell’imputato come ‘maldestra’, un argomento di fatto non valutabile in sede di legittimità. La critica deve essere specifica e puntuale, non assertiva.
La Genericità del Motivo sul Trattamento Sanzionatorio
Infine, anche il terzo motivo, che criticava la pena inflitta, è stato giudicato del tutto generico. Il ricorrente non ha formulato censure specifiche e riferibili al caso concreto, ma si è limitato a enunciazioni astratte. Questo approccio rende impossibile per la Corte di Cassazione valutare la fondatezza della doglianza, portando inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità.
Le Conclusioni: Requisiti di Specificità per un Ricorso Efficace
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve essere specifico, pertinente e non manifestamente infondato. Le censure generiche, che non si confrontano criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata o che introducono questioni di fatto, sono destinate a fallire. La decisione serve da monito: un’impugnazione non è un atto formale, ma uno strumento che richiede rigore argomentativo. Proporre un ricorso inammissibile non solo non porta al risultato sperato, ma espone il ricorrente a conseguenze economiche significative, come la condanna alle spese e alla sanzione a favore della Cassa delle ammende.
Perché il diniego di ‘termini a difesa’ non ha causato la nullità del procedimento?
Secondo la Corte, il diniego non costituisce una nullità quando la richiesta non risponde a una reale esigenza difensiva e l’effettivo esercizio del diritto di difesa non è stato compromesso. Nel caso specifico, il ricorrente non ha specificato alcuna esigenza concreta che giustificasse la richiesta.
Per quale motivo è stata negata l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano escluso la non punibilità tenendo conto dei numerosi fatti commessi dall’imputato. Il motivo di ricorso è stato giudicato generico e assertivo, poiché non si confrontava adeguatamente con questa specifica motivazione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa evidente del ricorrente (ad esempio, a causa della manifesta infondatezza dei motivi), quest’ultimo viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2944 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2944 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2022 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia che ne ha confermato la condanna riportata per i reati di cui agli artt. 497-bis, 56 e 640, 56 494 cod. pen.;
ritenuto che il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e generico, in quanto secondo la consolidata giurisprudenza – «il diniego di termini a difesa, ovvero la concessione d termini ridotti rispetto a quelli previsti dall’art. 108, comma primo, cod. proc. pen., non poss dar luogo ad alcuna nullità quando la relativa richiesta non risponda ad alcuna reale esigenza difensiva e l’effettivo esercizio del diritto alla difesa tecnica dell’imputato non abbia subito a lesione o menomazione» (Sez. U, n. 155 del 29/09/2011 – dep. 2012, COGNOME, Rv. 251497 – 01, “COGNOME“); in forza della disciplina emergenziale emanata in occasione della pandemia da Covid19, il giorno antecedente all’udienza di appello (allorché è stata avanzata l’istanza difensiva) e già scaduto il termine per proporre istanza di trattazione orale (non stata richiesta) e rassegnare le conclusioni scritte; e il ricorso non ha addotto alcuna effettiva esigenza difensi a sostegno della concessione del termine a difesa ex art. 108 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 5, n. 13428 del 22/02/2022, COGNOME, Rv. 282870 – 01);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso non si confronta compiutamente con la motivazione della sentenza impugnata che ha escluso i presupposti per riconoscere la non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. avendo riguardo anche alla valutazione dei numerosi fatti commessi dall’imputato e l’impugnazione sotto tale profilo contiene enunciati assertivi ed è versato in f (prospettando irritualmente in questa sede l’agire maldestro dell’imputato; cfr. Sez. 2, n. 4628 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, NOME, Rv. 254584 – 01);
ritenuto che il terzo motivo – relativo al trattamento sanzionatorio – è del tutto gene poiché contiene enunciati non compiutamente riferibile al caso di specie;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna d ricorrente ex art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., se 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 ottobre 2023 Il Consigliere estensore COGNOME
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