Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 775 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 775 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a ACERRA il 18/07/1990 avverso la sentenza del 03/05/2024 della CORTE di APPELLO di BOLOGNA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto.
Nessuno è presente per la Difesa, nonostante l’istanza di trattazione orale.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia pronunciata il 2 febbraio 2021, con cui NOME COGNOME è stato condannato alla pena di un anno di reclusione ed € 1.000,00 di multa per il reato di truffa pluriaggravata.
Avverso la sentenza l’imputato ha presentato ricorso, formulando quattro motivi, tutti incentrati sulla violazione dell’art. 606 lett. b ed e, cod. proc. pen..
2.1 Con il primo motivo si deduce il vizio motivazionale in cui è incorsa la decisione di appello nel rigettare il motivo attinente alla mancata considerazione, da parte del giudice di primo grado, di un’istanza di legittimo impedimento.
2.2 Con il secondo motivo si deduce la mancata motivazione del rigetto della istanza di rinnovazione istruttoria diretta alla acquisizione del documento di
n
identità dell’imputato, sì da far emergere la non corrispondenza tra la persona descritta dalla persona offesa e quella risultante dal documento.
2.3 Con il terzo motivo si deduce la mancata assoluzione quanto meno con la formula dubitativa nonché la condanna sulla premessa della mancata giustificazione di una spiegazione alternativa da parte dell’imputato, in violazione al diritto al silenzio.
2.4 Con il quarto motivo si deduce la applicazione della recidiva, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, del minimo della pena e dei benefici di legge.
L’Avv. COGNOME ha depositato memoria nella quale si riporta ai motivi del ricorso, insistendo per l’annullamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile poiché basato su motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.
Quanto al primo motivo, manifestamente infondato, è corretta la decisione della Corte d’appello che ha escluso la ricorrenza di un legittimo impedimento nel corso del processo di primo grado, citando quella giurisprudenza di legittimità, fatta propria anche da questa stessa Sezione (Sez. 2, n. 36097 del 14/05/2014, Diodato, Rv. 260353 – 01), secondo cui l’istituto in questione non possa trovare applicazione a favore del difensore della parte civile, nonché in base al rilievo che l’equivoca indicazione dei due concorrenti impegni alternativi, non avrebbe consentito al Tribunale (nell’ipotesi in cui l’avesse presa in considerazione, circostanza non risultante dagli atti, come si riconosce nella sentenza d’appello – pg. 3) di effettuare la necessaria valutazione comparativa. Infine, si aggiunge da parte di questo Collegio, a seguito dell’esame dell’istanza originaria, consentito in questa sede previo accesso al fascicolo, necessario per la soluzione della quaestio in procedendo (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 nonché, più recentemente, Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME non mass. sul punto), non viene fornita dalla difesa alcuna ragione a giustificazione della impossibilità, per il difensore, di essere sostitu nei due processi impedienti’, come pure sarebbe stato onere dimostrare da parte dell’istante (Sez. 5, n. 41148 del 28/10/2010, COGNOME, Rv. 248905- 01; Sez. 3, n. 26408 del 02/05/2013, COGNOME, Rv. 256294 – 01).
Alla luce di quanto precede, e cioè della constatata correttezza processuale, è irrilevante l’omessa pronuncia sull’istanza di legittimo impedimento da pane del
primo giudice: costituisce infatti principio ermeneutico consolidato, cui questo Collegio intende attenersi, che i vizi di motivazione indicati dall’art. 606, cornm 1, lett. e), cod. proc. pen. (inclusa, quindi, la mancanza di motivazione) non siano mai denunciabili con riferimento alle questioni di diritto, non solo quando la soluzione adottata dal giudice sia giuridicamente corretta, ma anche nel caso contrario, essendo, in tale ipotesi, necessario dedurre come motivo di ricorso l’intervenuta violazione di legge, nel caso concreto, come visto, non sussistente (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 05).
3. Gli ulteriori motivi possono essere trattati unitariamente, condividendo essi profili di genericità ed essendo tutti formulati in maniera che sarebbe acconcia ad un giudizio di merito, ma che non è consentita in questa sede.
Sotto il primo aspetto, i tre motivi (mancata rinnovazione istruttoria; mancata assoluzione con ‘formula dubitativa’; mancata disapplicazione della recidiva) sono ripetitivi di analoghe doglianze formulate in appello, respinte con adeguata motivazione e riproposte in questa sede senza accento di novità.
È del tutto evidente che a fronte di una sentenza di appello che ha fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’art. 58 comma 1, lett. d) cod. proc. pen. ed è quindi inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi ripetitivi dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009 Arnone Rv. 243838 – 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 COGNOME Rv. 255568 – 01; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425 – 01).
Manifestamente infondata è poi la pretesa di rinnovazione istruttoria (secondo motivo), che ignora il principio giurisprudenziale in materia, secondo il quale nel giudizio d’appello, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale prevista dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria, accertamento rimesso alla valutazione del giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato (Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 262620; Sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003, Rv. 229666). Nel caso concreto, a pg. 4, la Corte ha fornito una congrua giustificazione della propria decisione ed ha ulteriormente evidenziato (nel fondo della stessa pagina e nella pagina successiva) le ragioni per cui non vi fossero ragioni per dubitare delle (e disattendere le) descrizioni del truffatore fornite dal
persona offesa e dall’ulteriore testimone, così entrando nel merito della valutazione richiesta ai fini della rinnovazione istruttoria.
Quanto al terzo motivo, attinente alla affermazione di responsabilità, esso si limita a contestare il risultato dell’apprezzamento probatorio effettuato dal giudice, proponendo una chiave di lettura differente delle prove, deducendo quindi la carenza della valutazione dei giudici di primo e di secondo grado, senza tuttavia elaborare una critica di legittimità della motivazione, sotto il profi della sua carenza, contraddittorietà o manifesta (e non semplice) illogicità. Come costantemente ripetuto da questa Corte, siffatto approccio non è consentito, a termini di legge (606, comma 3, cod. proc. pen.), poiché pretende di ottenere un terzo grado di giudizio di merito, in violazione delle regole ordinamentali e processuali che assegnano a questa Corte il compito di assicurare la nomofilachia, cioè la uniforme interpretazione della legge e non l’ennesimo giudizio sul fatto.
Infine, anche l’ultimo motivo, attinente alla recidiva, è manifestamente infondato: la determinazione della sanzione, sotto ogni aspetto, dall’entità all’applicazione e comparazione delle circostanze, dalla continuazione alla recidiva, costituisce un dominio riservato al giudice di merito, la cui motivazione sul punto è insindacabile, quando venga espressa senza contraddizioni e manifeste illogicità. Nel caso che ci occupa, la Corte, tra pagina 5 e pagina 6 ha adeguatamente e congruamente evidenziato che per le modalità del fatto (accordo con il correo, articolazione della condotta, simulazione con l’uso di indumenti atti a trarre in inganno) e per i numerosi precedenti, di cui il corrente è il più grave, si può ben ravvisare una progressione, una sorta di sviluppo della professionalità criminale nell’agire dell’imputato, tale da giustifica l’aggravamento previsto per la recidiva.
Per le ragioni predette, il ricorso è inammissibile; all’inammissibilit consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, COSÌ equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 4 dicembre 2024
li Consigliere relatore
La Presidente