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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. I motivi del ricorso sono stati ritenuti generici, in quanto riproponevano argomentazioni già respinte, e manifestamente infondati per quanto riguarda la mancata concessione delle attenuanti generiche e la determinazione della pena. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione dei fatti e la misura della sanzione rientrano nella discrezionalità del giudice di merito, se adeguatamente motivate.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Spiega i Requisiti di Ammissibilità

Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, non è sufficiente essere in disaccordo con la sentenza precedente. È fondamentale che i motivi presentati abbiano specifici requisiti di legge, altrimenti si rischia una declaratoria di ricorso inammissibile. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito i principi chiave che portano a questa decisione, sottolineando l’importanza di non presentare motivi generici o manifestamente infondati.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Catania. La difesa contestava la decisione sotto tre profili principali: un presunto vizio di motivazione e violazione di legge riguardo al reato contestato (art. 337 c.p.), la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.) e l’eccessività della pena inflitta in violazione dei criteri dell’art. 133 c.p.

L’Analisi del Ricorso Inammissibile da Parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha esaminato i tre motivi di ricorso, dichiarandoli tutti inammissibili per diverse ragioni. Questo caso offre un chiaro esempio di come la Suprema Corte valuta la fondatezza delle impugnazioni.

Il primo motivo è stato qualificato come generico. La Corte ha osservato che la difesa si era limitata a riproporre le stesse argomentazioni già ampiamente discusse e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. Per la Cassazione, un motivo di ricorso non può essere una mera ripetizione di doglianze già esaminate, ma deve individuare specifici vizi di legittimità della sentenza impugnata.

Il secondo e il terzo motivo sono stati invece giudicati manifestamente infondati. La decisione su questi punti si è basata sul principio della discrezionalità del giudice di merito.

La Discrezionalità del Giudice di Merito

Un punto centrale della decisione riguarda i limiti del giudizio di legittimità della Cassazione. La Corte non può riesaminare i fatti del processo, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Per questo, la doglianza sulla mancata concessione delle attenuanti generiche è stata respinta. La Corte d’Appello aveva motivato adeguatamente il diniego facendo riferimento a un precedente a carico dell’imputato e alle modalità della condotta. Tale valutazione, essendo un giudizio di fatto supportato da una motivazione congrua, non è sindacabile in sede di legittimità.

Allo stesso modo, la determinazione della misura della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione ha constatato che la pena di cinque mesi di reclusione era stata irrogata nel rispetto dei principi degli artt. 132 e 133 c.p. ed era addirittura ben al di sotto della media edittale per il reato in questione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Le motivazioni della Corte si fondano su principi consolidati della procedura penale. Un ricorso è generico quando non si confronta specificamente con le ragioni della decisione impugnata, ma si limita a riproporre tesi già vagliate. È manifestamente infondato, invece, quando le censure sono palesemente prive di pregio giuridico. La Corte ha ribadito che la valutazione delle prove, la concessione delle attenuanti e la quantificazione della pena sono attività tipiche del giudice di merito. Il ruolo della Cassazione non è quello di un terzo grado di giudizio sui fatti, ma di custode della corretta applicazione del diritto e della logicità delle motivazioni. La decisione di rigettare il ricorso si basa quindi sulla netta distinzione tra giudizio di fatto e giudizio di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso in Cassazione deve essere redatto con rigore tecnico, attaccando specifici vizi di legittimità della sentenza e non semplicemente riproponendo questioni di merito. In caso contrario, l’esito non sarà solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta di ulteriori oneri economici.

Quando un motivo di ricorso in Cassazione viene considerato ‘generico’?
Secondo l’ordinanza, un motivo è ‘generico’ quando si fonda su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e correttamente respinte dal giudice del grado precedente, senza individuare specifici vizi di legittimità della sentenza impugnata.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo sul diniego delle attenuanti generiche?
Perché la Corte d’Appello aveva motivato in modo adeguato la sua decisione, basandosi sul precedente dell’imputato e sulle modalità della sua condotta. Questa è una valutazione di fatto che, se correttamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.

La determinazione della misura della pena è sindacabile in Cassazione?
No, la determinazione della misura della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se tale potere non è stato esercitato in aderenza ai principi legali (come quelli degli artt. 132 e 133 del codice penale), ma non per riesaminare l’opportunità della pena scelta, che nel caso di specie era anche inferiore alla media.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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