Ricorso Inammissibile: L’Importanza della Specificità dei Motivi di Appello
Quando si presenta un ricorso in Cassazione, non è sufficiente lamentare un’ingiustizia; è fondamentale articolare le proprie ragioni in modo chiaro, preciso e pertinente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda questa regola fondamentale, dichiarando un ricorso inammissibile proprio per la genericità dei motivi addotti. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono gli errori da evitare per non vedere la propria impugnazione respinta prima ancora di essere discussa nel merito.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine con la condanna di un individuo per la contravvenzione prevista dall’art. 76, comma 3, del d.lgs. 159/2011, meglio noto come Codice Antimafia. In particolare, il soggetto non aveva rispettato un ‘foglio di via obbligatorio’, un provvedimento che gli imponeva di non trovarsi nel comune di Bologna. La condanna, emessa in primo grado e successivamente confermata dalla Corte d’Appello, prevedeva una pena di un mese e dieci giorni di arresto, pur con la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il Ricorso in Cassazione e le Censure Proposte
Non rassegnato alla condanna, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e vizi di motivazione. Il nucleo della sua difesa si concentrava sull’illegittimità del foglio di via obbligatorio che stava alla base dell’intera imputazione. Tuttavia, come vedremo, il modo in cui queste censure sono state presentate si è rivelato fatale per l’esito del ricorso.
La Decisione della Corte: Un Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito della questione, cioè non ha stabilito se il foglio di via fosse legittimo o meno. La Corte si è fermata a un livello procedurale precedente, constatando un difetto fondamentale nell’atto di impugnazione stesso.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Dichiarato Inammissibile?
La ragione della decisione risiede nella ‘mancanza di specificità’ dei motivi di ricorso. Secondo i giudici, le argomentazioni dell’imputato erano formulate in modo eccessivamente generico. In particolare, pur affermando l’illegittimità del provvedimento amministrativo, il ricorrente non si era ‘minimamente misurato’ con le precise motivazioni contenute nella sentenza della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva puntualmente argomentato in merito all’individuazione del luogo di effettiva residenza del soggetto, un punto cruciale per valutare la legittimità del foglio di via.
In sostanza, non è sufficiente affermare un principio di diritto o contestare genericamente una decisione. È necessario, invece, ‘demolire’ punto per punto le argomentazioni del giudice precedente, evidenziando dove e perché la sua analisi sarebbe errata. Omettendo questo confronto diretto e specifico, il ricorso si è trasformato in una critica astratta e, di conseguenza, processualmente inefficace.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ribadisce un principio cardine del processo di impugnazione: la specificità è un requisito non negoziabile. Chi presenta un ricorso deve costruire un’argomentazione che dialoghi direttamente con la sentenza che intende contestare, pena la dichiarazione di inammissibilità. Questa decisione comporta non solo la conferma della condanna, ma anche un aggravio di spese per il ricorrente, condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro a favore della cassa delle ammende. Un monito severo sull’importanza di una difesa tecnica precisa e puntuale in ogni fase del giudizio.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e privi della necessaria specificità. Il ricorrente non ha contestato in modo puntuale le argomentazioni della sentenza di appello, in particolare quelle relative all’individuazione del suo luogo di effettiva residenza.
Qual era il reato per cui l’imputato era stato condannato?
L’imputato era stato condannato per la contravvenzione prevista dall’art. 76, comma 3, del D.Lgs. 159/2011, per aver violato un ‘foglio di via obbligatorio’ che gli imponeva di non trovarsi nel comune di Bologna.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1328 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1328 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BOLOGNA il 11/01/1996
avverso la sentenza del 19/03/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
LETTO
il ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata quella di primo grado che lo aveva condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi uno e giorni dieci di arresto, ritenendolo responsabile della contravvenzione di cui all’art. 76, comma 3, d.lgs. settembre 2011, n. 159, fatto commesso in Bologna in data 2 gennaio 2021;
RILEVATO
che il ricorrente, denunziando violazione di legge e vizi della motivazione, muove censure prive della dovuta specificità, poiché le stesse, laddove non assolutamente generiche, affermano l’illegittimità del foglio di via obbligatorio di cui al capo di imputazione, minimamente misurarsi con le risposte motivazionali in ordine all’individuazione del luogo di effettiva residenza, come puntualmente rappresentate nella sentenza impugnate (pagg. 2 e 3);
RITENUTO
pertanto, che il ricorso deve dichiararsi inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuale e, in ragione dei profili di colpa, della somma determinata in euro tremila da corrispondere in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24 ottobre 2024.