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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una condanna per violazioni del Codice della Strada. La decisione sottolinea che un ricorso inammissibile si verifica quando i motivi di appello sono generici, non specifici e non si confrontano adeguatamente con le argomentazioni della sentenza precedente. Di conseguenza, la condanna è stata confermata e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Spiega Perché i Motivi Generici Non Funzionano

Presentare un ricorso in Cassazione richiede precisione e argomentazioni specifiche. Un recente provvedimento della Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale del diritto processuale penale: un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile quando i motivi addotti sono generici e non si confrontano adeguatamente con la sentenza impugnata. Analizziamo questa ordinanza per comprendere le ragioni dietro la decisione e le implicazioni pratiche per la difesa.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Palermo. L’imputato era stato ritenuto colpevole di un reato previsto dall’articolo 116 del Codice della Strada, con una pena fissata in un mese di arresto e 2.500 euro di ammenda. Insoddisfatto della decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha basato il ricorso su tre distinti motivi:

1. Violazione di legge e vizio di motivazione: Una contestazione generica sulla valutazione della responsabilità penale.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: La difesa lamentava una violazione dell’art. 62-bis del codice penale, ritenendo illogica la motivazione con cui la Corte d’Appello aveva negato tali circostanze.
3. Eccessività della pena: Si contestava la violazione dell’art. 133 del codice penale e la mancanza di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio inflitto, considerato sproporzionato.

La Decisione della Corte: Il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello preliminare, stabilendo che il ricorso non possedeva i requisiti minimi per essere esaminato. La conseguenza diretta è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato in dettaglio perché ciascuno dei motivi presentati fosse irricevibile. L’analisi dei giudici offre importanti spunti sulla corretta redazione di un ricorso in sede di legittimità.

La Genericità del Primo Motivo

Il primo motivo, relativo alla responsabilità penale, è stato definito ‘manifestamente infondato’, ‘generico’ e ‘aspecifico’. La Corte ha sottolineato che un motivo di ricorso non può limitarsi a una lamentela astratta, ma deve confrontarsi in modo puntuale e critico con le argomentazioni della sentenza impugnata. In questo caso, la difesa non è riuscita a rappresentare in modo adeguato le ragioni di fatto e di diritto della propria doglianza, rendendo il motivo inefficace.

La Coerenza della Motivazione sulle Attenuanti Generiche

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Cassazione ha chiarito che il suo ruolo non è quello di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. La Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente per negare le attenuanti generiche. Poiché tale motivazione era priva di vizi evidenti, la scelta rientrava nella discrezionalità del giudice di secondo grado e non poteva essere sindacata in sede di legittimità. Questo conferma il principio per cui la Cassazione valuta la correttezza del ragionamento, non il risultato.

La Discrezionalità del Giudice sul Trattamento Sanzionatorio

Infine, anche il terzo motivo sulla pena è stato respinto. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato: una motivazione dettagliata sulla quantificazione della pena è richiesta solo quando questa si avvicina al massimo edittale o supera la media. Nel caso di specie, la pena era stata fissata in una misura medio-bassa. In tali circostanze, si presume che la scelta del giudice sia implicitamente basata sui criteri dell’art. 133 c.p. e rientri nella sua piena discrezionalità, non necessitando di una giustificazione analitica.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un chiaro monito sull’importanza della specificità e della pertinenza dei motivi di ricorso in Cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre le stesse questioni di fatto già esaminate, ma una sede di legittimità che vigila sulla corretta applicazione del diritto. Un ricorso fondato su censure generiche, che non dialoga criticamente con la decisione impugnata o che tenta di ottenere una nuova valutazione del merito, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente aggravio di spese per il ricorrente.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché proposto con motivi non deducibili in sede di legittimità, in quanto ritenuti generici, aspecifici e non idonei a confrontarsi in maniera adeguata con le argomentazioni della sentenza impugnata.

Quando il giudice deve motivare in modo dettagliato la pena inflitta?
Secondo la Corte, una motivazione specifica e dettagliata sui criteri di determinazione della pena è richiesta solo nel caso in cui la sanzione sia quantificata in una misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media. Per pene di misura media o prossima al minimo, la scelta è riservata al giudice di merito.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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