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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza di condanna per associazione a delinquere, rapina e furto. La Corte ha stabilito che i motivi dell’appello erano generici, ripetitivi di argomentazioni già respinte in secondo grado e miravano a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Impugnazione

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultima fase del processo penale, ma non è una semplice ripetizione dei gradi di giudizio precedenti. È fondamentale che l’atto di impugnazione rispetti precisi requisiti di specificità, altrimenti il rischio è che venga dichiarato un ricorso inammissibile. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come la genericità e la ripetitività dei motivi possano precludere l’esame nel merito, confermando la condanna e aggiungendo ulteriori spese per il ricorrente.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Il caso in esame riguarda un imputato condannato nei primi due gradi di giudizio per reati di notevole gravità, tra cui associazione per delinquere (art. 416 c.p.), rapina (art. 628 c.p.) e furto in abitazione (art. 624 bis c.p.). Non accettando la decisione della Corte d’Appello, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, articolando diversi motivi di doglianza. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della sentenza di condanna, contestando sia la sussistenza dell’associazione criminale sia la propria responsabilità per i singoli reati, oltre alla condanna alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili.

La Decisione della Corte: Un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato i motivi presentati, ha emesso un’ordinanza per dichiarare il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. La Corte ha ritenuto che i motivi del ricorso non possedessero i requisiti minimi richiesti dalla legge per poter essere discussi. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e al ricorrente sono state addebitate le spese del procedimento e una sanzione pecuniaria di tremila euro da versare alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Corte

La decisione si fonda su una disamina puntuale di ciascun motivo di ricorso, evidenziandone le carenze strutturali.

Primo Motivo: La Reiterazione delle Argomentazioni

Il primo motivo, relativo al reato di associazione per delinquere, è stato giudicato una mera riproposizione di argomenti già presentati e respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato che un ricorso non può limitarsi a ripetere le stesse tesi, ma deve contenere una critica argomentata e specifica contro la logica della sentenza impugnata. In assenza di ciò, il motivo è considerato non specifico e solo apparentemente critico, quindi inammissibile.

Secondo e Quarto Motivo: La Genericità e l’Indeterminatezza

Il secondo motivo, sulla responsabilità per il reato di rapina, e l’ultimo, relativo alle spese legali delle parti civili, sono stati giudicati generici per indeterminatezza. Il ricorrente, secondo la Corte, non ha indicato con precisione gli elementi alla base della sua censura, impedendo al giudice di legittimità di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio controllo. La legge (art. 581 c.p.p.) richiede una specificità che qui è mancata del tutto.

Terzo Motivo e il Divieto di Rivalutazione dei Fatti

Infine, il terzo motivo, riguardante il reato di furto, è stato ritenuto non solo aspecifico, ma anche formulato in termini non consentiti. Il ricorrente, infatti, cercava di ottenere dalla Cassazione una diversa ricostruzione dei fatti e una nuova valutazione dell’attendibilità delle prove. Questo compito, però, spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, il cui sindacato è limitato a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, senza poter riesaminare le prove.

Conclusioni: L’Importanza della Specificità nel Ricorso

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: l’impugnazione, specialmente in Cassazione, non è un terzo grado di giudizio sul merito. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è essenziale che l’atto sia redatto con la massima specificità, individuando con precisione i vizi logici o giuridici della sentenza impugnata. Limitarsi a ripetere argomenti già disattesi o chiedere una nuova valutazione dei fatti si traduce in uno spreco di risorse e, per il ricorrente, nella condanna a ulteriori spese, oltre alla definitiva conferma della sentenza impugnata.

Perché un ricorso per Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando manca dei requisiti previsti dalla legge. Come evidenziato nel caso in esame, ciò avviene se i motivi sono generici, indeterminati, una mera ripetizione di argomentazioni già respinte o se richiedono una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “generico”?
Un motivo è considerato generico quando non indica in modo specifico e chiaro gli elementi che sostengono la critica alla sentenza impugnata. In pratica, non consente al giudice di comprendere esattamente quale sia il presunto errore (logico o giuridico) commesso dal giudice precedente, rendendo impossibile l’esercizio del controllo di legittimità.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la sentenza impugnata diventi definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali sostenute nello stesso grado di giudizio e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non valida.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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