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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile perché il motivo, relativo alla riqualificazione del reato da appropriazione indebita a truffa, è stato ritenuto troppo generico. La Corte ha sottolineato la mancanza di specifiche ragioni a sostegno della richiesta, confermando la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Necessità di Motivi Specifici secondo la Cassazione

Nel sistema giudiziario, la precisione è tutto. Un’impugnazione redatta in modo vago e generico rischia di essere subito archiviata, portando a un esito sfavorevole per chi la propone. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio fondamentale, dichiarando un ricorso inammissibile proprio a causa della genericità dei motivi addotti. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere l’importanza di formulare argomentazioni chiare e dettagliate in ogni fase del processo penale.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Venezia. Un imputato, condannato per un reato qualificato come appropriazione indebita, decideva di impugnare la decisione ricorrendo in Cassazione. Il fulcro del suo ricorso era incentrato su un unico punto: la richiesta di riqualificare il fatto contestato. Secondo la difesa, il reato non doveva essere considerato appropriazione indebita, bensì truffa, come previsto dall’articolo 640 del codice penale. Tuttavia, la richiesta non era supportata da argomentazioni sufficientemente elaborate.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, investita della questione, ha adottato una decisione puramente processuale, senza entrare nel merito della distinzione tra appropriazione indebita e truffa. Gli Ermellini hanno dichiarato il ricorso presentato dall’imputato semplicemente inammissibile. Di conseguenza, non solo la sentenza della Corte d’Appello è diventata definitiva, ma il ricorrente è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni: la genericità del ricorso inammissibile

La Corte ha basato la sua decisione su un unico, ma decisivo, aspetto: la genericità del motivo di ricorso. I giudici hanno osservato che il ricorrente si era limitato a contestare la qualificazione giuridica del fatto, chiedendone la modifica in truffa, senza però esplicitare in modo chiaro e comprensibile le ragioni a sostegno di tale richiesta. In particolare, nel ricorso non veniva specificato né perché la condotta dovesse essere inquadrata come truffa, né quale fosse l’interesse concreto dell’imputato a ottenere tale riqualificazione. Mancava, in sostanza, un’argomentazione logico-giuridica che mettesse in luce gli errori della sentenza impugnata e dimostrasse la correttezza della tesi difensiva. Questa carenza ha reso il motivo di ricorso vago e astratto, impedendo alla Corte di svolgere il proprio ruolo di controllo sulla corretta applicazione della legge.

Le conclusioni

La pronuncia in esame sottolinea un principio cardine del diritto processuale penale: un’impugnazione, per essere efficace, deve essere specifica. Non è sufficiente manifestare un generico dissenso rispetto alla decisione del giudice precedente, ma è indispensabile articolare critiche precise, puntuali e ben argomentate. Chi presenta un ricorso deve indicare chiaramente quali parti della sentenza contesta, per quali motivi giuridici lo fa e quale risultato pratico intende ottenere. In assenza di questi elementi, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con la conseguenza di precludere ogni ulteriore esame nel merito e di aggravare la posizione del ricorrente con ulteriori oneri economici.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato era generico. Il ricorrente non ha spiegato in modo specifico le ragioni giuridiche né il proprio interesse concreto a ottenere la riqualificazione del reato da appropriazione indebita a truffa.

Qual era la richiesta principale del ricorrente?
La richiesta principale era di modificare la qualificazione giuridica del fatto, sostenendo che si trattasse di truffa ai sensi dell’art. 640 c.p. anziché di appropriazione indebita, come stabilito nella sentenza di appello.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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