Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2720 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2720 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/12/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso; sentito per il ricorrente, il difensore, avvocato NOME COGNOME che ha insistito pe l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Catanzaro ha rigettato la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro con la quale gli era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990, aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen.
NOME COGNOME, sulla scorta delle risultanze delle intercettazioni, dei servizi osservazione – in INDIRIZZO nei pressi dell’abitaizone di NOME COGNOME era, infatti, installato un sistema di videoripresa che consentiva di individuare le persone che si recavano agli incontri con questi, poi registrati in ambientale- è
stato individuato come gregario del gruppo dedito al traffico di sostanze stupefacenti in Cosenza e zone limitrofe perché addetto allo spaccio di droga, prevalentemente cocaina, che riceveva, in via continuativa, dal predetto NOME. Il ricorrente era ritenuto, pertanto, collegato a NOME COGNOME e NOME COGNOME nel cui sottogruppo era inserito come persona stabilmente addetta allo spaccio di cocaina. Il Tribunale (pag. 29) ha valorizzato a carico del ricorrente anche le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME già inserito nel gruppo di NOME COGNOME e incaricato delle cessioni di droga ai vari pusher.
Secondo la ricostruzione che costituisce la premessa alla illustrazione della posizione del ricorrente, i gruppi di spaccio erano, a loro volta inseriti in un “sistema” che vedeva la città di Cosenza e il suo hinterland suddivisi in varie piazze di spaccio, con precisi obblighi di acquisto della droga pesante e obbligo del versamento di un regalo, proporzionato ai guadagni, in una cassa comune (la cd. bacinella), i cui proventi erano utilizzati per l’acquisto della droga ed altre esigenze del sodalizio ndranghetista COGNOME–COGNOME: da qui la contestazione dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
Con i motivi di ricorso, sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione il ricorrent chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata e denuncia:
2.1. GLYPH violazione di legge (art. 192 cod. proc. pen.) e cumulativi vizi di motivazione nella valutazione delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, incaricato delle consegne di droga ai vari pusher. Il Tribunale ha generalizzato le dichiarazioni del COGNOME, che riforniva con cadenza mensile i vari pusher, trascurando che, in sede di individuazione del Pino, di cui, peraltro non conosceva il nome, il dichiarante riferiva di aver effettuato una sola consegna, risalente all’anno 2018. Il Tribunale non ha compiuto una seria valutazione dell’attendibilità del dichiarante e delle due l’una: o il Greco ha effettuato al Pin una sola consegna, per uso personale di questi; o le dichiarazioni del Greco non sono idonee a fondare il giudizio di colpevolezza del Pino perché non integrano i gravi indizi;
2.2. GLYPH violazione di legge (artt. 273 e 274 cod. proc. pen.) perché il Tribunale ha valorizzato, a carico del ricorrente, i fatti ascrittigli al capo 176) per quali non vi era stata richiesta di applicazione della misura;
2.3. GLYPH violazione di legge (art. 292 cod. proc. pen.) per la genericità delle valutazioni espresse dal Tribunale sul motivo della mancata autonoma valutazione, da parte del giudice per le indagini preliminari, dei gravi indizi ed esigenze cautelari a carico del ricorrente.
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NOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per aspecificità
Va premesso, per ragioni di chiarezza espositiva, che il Tribunale del riesame si occupa della posizione del ricorrente alle pagg. 32 e ss. dell’ordinanza dopo che, a pag. 29, ha richiamato a carico del Pino le dichiarazioni del Greco.
Il ricorso è aspecifico perché, esaminando solo ed esclusivamente le dichiarazioni del collaboratore – di cui contesta l’attendibilità e pertinenza della dichiarazione accusatoria in quanto runica vendita al ricorrente avrebbe potuto essere riconducibile ad uso personale del Pino stesso – non si confronta con il compendio probatorio che costituisce la struttura portante dell’ordinanza impugnata.
Più in dettaglio, a carico del NOME il Tribunale ha valorizzato le risultanze delle intercettazioni; i contatti diretti del ricorrente con NOME COGNOME che “nel corso delle conversazioni facevano riferimento a vari aspetti sia del narcotraffico che del loro rapporto diretto fornitore-spacciatore parlando esplicitamente di cifre, quantità e periodicità degli acquisti” tra cui una conversazione (cfr. la sintesi della conversazione riportata a pag. 33) nel corso della quale il COGNOME contestava al NOME il mancato pagamento di una consegna (del valore di euro 1.370). Ulteriori elementi a carico del ricorrente rinvengono dalla conversazione del 17 febbraio 2021, ore 20:31, da cui risulta il pagamento di un acconto; dal successivo pagamento, qualche giorno dopo, di un’altra somma (euro 1.050) ; dal contenuto di un ulteriore incontro in cui NOME riceveva altro stupefacente da NOME COGNOME.
L’ordinanza riporta, infine, ulteriori conversazioni intercettate il 30 marzo 2021 (in tale circostanza la consegna non andava a buon fine, nonostante la richiesta del NOME, perché NOME, temendo controlli si era deciso di limitare le proprie attività continuando a rifornire il solo NOME NOME); il 1 giugno 2021, in cui NOME offriva in vendita al NOME nove grammi di droga, residuo di un quantitativo maggiore che aveva ceduto ad altri ma che veniva, poi, ampliato a 50/100 gr.; una conversazione del NOME con la compagna nel corso della quale “contabilizzava” i crediti dovuti e che per NOME ascendevano a 2.800 euro.
In sintesi, il Tribunale ha ritenuto che tali risultanze denotassero la esistenza di un rapporto di stabile e continuativa fornitura di stupefacente, tipo cocaina, dal NOME al Pino e il ruolo pregnante assunto dal ricorrente nel sodalizio criminoso attraverso il rapporto privilegiato con il capo del gruppo, NOME COGNOME, pusher su cui l’associazione poteva contare per la distribuzione e vendita della droga.
Sebbene non sia specifica su aspetti che denotino il contributo del ricorrente al più ampio narcotraffico, l’ordinanza impugnata ha spiegato che la continuità
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degli acquisti; la rilevanza e gli ingenti quantitativi della droga fornita al ricorren l’autorizzazione del NOME ad acquistare, in sua assenza, da NOME COGNOME consentiva di ritenere che il Pino fosse ben a conoscenza delle logiche del sistema a cui aveva volontariamente deciso di aderire, favorendo la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga, conclusione il cui esame è precluso alla Corte di legittimità in carenza di motivi di ricorso che a tali aspett facciano riferimento e che, per vero, sono stati soltanto accennati solo all’odierne udienza di discussione.
Il tema della aspecificità del motivo di ricorso, esaminato da questa Corte soprattutto in materia di inutilizzabilità delle prove a carico, ha una valenza generale ed investe, tenuto conto della natura del giudizio di legittimità, la struttura stessa dei motivi di ricorso che, per avere rilevanza, devono incidere, scardinandola, sulla motivazione censurata e che risultano ininfluenti quando non abbiano, come nella specie, alcun peso reale nel confronto con la motivazione del provvedimento impugnato.
Manifestamente infondato è il secondo motivo: l’episodio è descritto ad adiuvandum della destinazione della droga alla vendita a terzi e il Tribunale dà atto che si tratta di episodio per il quale non era stata adottata la misura.
3.11 terzo motivo di ricorso è inammissibile perché la questione non risultava devoluta al Tribunale (vedi la sintesi riportata nel provvedimento impugnato) che non è stata oggetto di specifica confutazione con il ricorso.
4.Consegue alla inammissibilità del ricorso la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa, al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro tremila. La Cancelleria è delegata agli adempimenti di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna – da ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10 dicembre 2024