Ricorso inammissibile: la Cassazione ribadisce la necessità di motivi specifici
Quando si presenta un’impugnazione, specialmente davanti alla Corte di Cassazione, la forma e la sostanza dei motivi sono cruciali. Un ricorso inammissibile non è solo un’occasione persa, ma comporta anche conseguenze economiche. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come la genericità di una doglianza, in particolare sul trattamento sanzionatorio, possa portare a una declaratoria di inammissibilità.
I Fatti del Caso
Il caso analizzato trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello, che aveva confermato una condanna per il reato di cui all’art. 337 del codice penale (resistenza a un pubblico ufficiale) e altri illeciti di natura contravvenzionale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, sollevando un unico motivo di ricorso. La critica era focalizzata esclusivamente su un presunto vizio di motivazione relativo al trattamento sanzionatorio. In particolare, si contestavano gli aumenti di pena applicati per la continuazione tra il reato principale e quelli contravvenzionali.
La Decisione della Corte sul ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione, ovvero non valuta se la pena fosse giusta o meno, ma si ferma a un livello preliminare. La Corte ha stabilito che il ricorso non possedeva i requisiti minimi di specificità richiesti dalla legge per poter essere esaminato. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della decisione risiede nella valutazione del motivo di ricorso come ‘aspecifico’. Secondo gli Ermellini, la lettura della sentenza impugnata dimostrava che le argomentazioni della Corte d’Appello erano caratterizzate da una ‘lineare e coerente logicità’. Il ricorrente, nel suo atto, non si è confrontato adeguatamente con questa logica. In altre parole, non ha smontato punto per punto il ragionamento del giudice di secondo grado, ma si è limitato a una critica generica e non pertinente. Per la Cassazione, non è sufficiente lamentare un trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo; è indispensabile indicare con precisione dove risieda l’errore logico o giuridico del giudice precedente, confrontandosi direttamente con le motivazioni esposte nel provvedimento che si intende impugnare. La mancanza di questo confronto diretto rende il motivo vago e, di conseguenza, il ricorso inammissibile.
Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: la specificità dei motivi di ricorso. Chi impugna una sentenza, soprattutto in sede di legittimità, ha l’onere di formulare censure chiare, dettagliate e pertinenti, che dialoghino criticamente con la motivazione del provvedimento impugnato. Limitarsi a manifestare un generico dissenso, senza individuare e argomentare i vizi specifici, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Questa decisione serve da monito: un ricorso efficace è quello che attacca il ragionamento del giudice precedente con precisione e cognizione di causa, non quello che si limita a una sterile lamentela.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo presentato era ‘aspecifico’, ovvero generico. Non affrontava in modo critico e puntuale la logica lineare e coerente della motivazione della sentenza impugnata riguardo al trattamento sanzionatorio.
Cosa contestava specificamente il ricorrente?
Il ricorrente contestava il trattamento sanzionatorio, con particolare riferimento agli aumenti di pena applicati per la continuazione tra il reato principale e i reati contravvenzionali ad esso collegati.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1868 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1868 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 20/10/1996
avverso la sentenza del 12/07/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
N. 28448/24 Caccamo
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’art. 337 cod. pen. e altro);
Ritenuto che l’unico motivo dedotto nel ricorso, attinente all’asserito vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio, con particolare riferimento agli aumenti applicati per la continuazione con i reati contravvenzionali, è aspecifico poiché la lettura del provvedimento impugnato dimostra che le argomentazioni sono connotate da lineare e coerente logicità con cui il ricorrente non si confronta (v. pag. 6);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 02/12/2024