Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea la Necessità di Motivi Specifici
Quando si impugna una sentenza, non è sufficiente ripetere le stesse argomentazioni già respinte. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta della mancanza di specificità nei motivi presentati. In altre parole, l’atto di impugnazione deve contenere una critica mirata e argomentata alla decisione che si contesta, e non una semplice riproposizione di doglianze pregresse. Analizziamo questo caso per capire le implicazioni pratiche di tale principio.
I Fatti del Caso e il Contesto Giudiziario
Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello per i reati di truffa e tentata truffa. All’imputato era stata contestata anche la circostanza aggravante della minorata difesa, prevista dall’articolo 61, n. 5 del codice penale, in ragione del contesto in cui i reati erano stati commessi, approfittando della particolare vulnerabilità delle vittime.
L’imputato, non soddisfatto della decisione di secondo grado, ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a un unico motivo: una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione proprio in relazione all’applicazione di tale aggravante.
Analisi del Ricorso Inammissibile Presentato alla Cassazione
La Suprema Corte ha stroncato sul nascere le speranze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile per due ragioni distinte ma collegate. In primo luogo, ha evidenziato come i motivi del ricorso non fossero formulati nei termini consentiti dalla legge.
Il ricorrente, infatti, si era limitato a ripresentare le stesse identiche lamentele (doglianze) già sollevate e puntualmente respinte dalla Corte d’Appello. Questo comportamento processuale viola l’articolo 591, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, che richiede, a pena di inammissibilità, la specificità dei motivi. Un ricorso è ‘specifico’ solo quando si confronta direttamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, evidenziandone gli errori logici o giuridici, e non quando le ignora, limitandosi a un ‘copia e incolla’ dei precedenti atti.
La Decisione della Corte: La Manifesta Infondatezza
Oltre al difetto di specificità, la Corte ha definito il ricorso anche ‘manifestamente infondato’. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i giudici di appello avevano fornito una motivazione completa, logica e priva di vizi sul perché l’aggravante della minorata difesa dovesse essere applicata.
La Corte territoriale non si era basata astrattamente solo sull’età avanzata delle vittime o sull’orario notturno, ma aveva analizzato il ‘complessivo e concreto contesto’ in cui le condotte criminose si erano svolte. Questa valutazione globale è pienamente conforme ai principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, rendendo la critica del ricorrente priva di fondamento.
Le motivazioni
Le motivazioni alla base della decisione della Cassazione sono chiare. Un ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Il suo scopo è controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza precedente. Per questo, è indispensabile che l’avvocato non si limiti a esprimere un generico dissenso, ma articoli una critica precisa. Deve spiegare perché la Corte d’Appello ha sbagliato, confrontandosi punto per punto con il ‘decisum’, ovvero con il ragionamento espresso nella sentenza. Se il ricorso si risolve in una sterile ripetizione, manca di quella funzione critica che la legge gli assegna, risultando così solo ‘apparente’ e, di conseguenza, inammissibile.
Allo stesso modo, la Corte ribadisce che la valutazione di una circostanza aggravante come la minorata difesa richiede un’analisi olistica. I singoli elementi (età, luogo, ora) non sono sufficienti se presi isolatamente, ma assumono rilevanza quando, combinati tra loro, delineano un quadro di effettiva vulnerabilità della vittima di cui l’autore del reato ha consapevolmente approfittato.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame offre una lezione importante per chiunque si appresti a redigere un ricorso per cassazione. La pigrizia argomentativa e la semplice riproposizione di motivi già esaminati non portano da nessuna parte, se non a una declaratoria di ricorso inammissibile con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. È essenziale un confronto serrato e puntuale con la sentenza impugnata, dimostrando con argomenti nuovi e specifici dove risieda l’errore del giudice precedente. La difesa tecnica efficace si manifesta nella capacità di costruire un’argomentazione critica, non nella ripetizione di tesi già sconfitte.
Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile in Cassazione?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile principalmente quando manca dei requisiti di legge, come la specificità dei motivi. Ciò accade se il ricorso si limita a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte nei gradi di giudizio precedenti, senza confrontarsi criticamente con le ragioni esposte nella sentenza che si sta impugnando.
Cosa si intende per ‘specificità dei motivi’ di un ricorso?
Per ‘specificità dei motivi’ si intende che il ricorso deve indicare in modo chiaro e preciso le parti della sentenza impugnata che si contestano e le ragioni giuridiche o logiche per cui si ritengono errate. Non è sufficiente una critica generica, ma è necessaria una contestazione puntuale che si confronti direttamente con la motivazione del giudice.
Come viene valutata l’aggravante della minorata difesa?
L’aggravante della minorata difesa non viene valutata considerando isolatamente singoli elementi come l’età della vittima o l’orario notturno. I giudici devono analizzare il contesto complessivo e concreto in cui è avvenuto il reato per stabilire se la vittima si trovasse in una condizione di particolare vulnerabilità che ha oggettivamente facilitato la commissione del crimine.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6390 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6390 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato a Torino il 17/03/1965
avverso la sentenza del 26/06/2024 della Corte d’appello di Torino
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che l’unico motivo di cui si compone il ricorso – con cui si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 61, comma primo, n. 5), cod. pen., relativamente ai reati di truffa e tentata truffa ascritti all’odierno ricorrente (di cui, rispettivament capi n. 1 e n. 2 di imputazione) – non è formulato in termini consentiti in questa sede, poiché non connotato dai requisiti, richiesti a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc: pen., essendo fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di doglianze di fatto già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale, dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con la complessità delle ragioni poste a base del decisum, e dunque non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che la medesima censura in esame è anche manifestamente infondata atteso che, contrariamente a quanto contestato, i giudici di appello, con una motivazione esente da vizi, prospettando congrui e logici argomenti giuridici e facendo corretta applicazione dei principi consolidati dalla giurisprudenza di questa Corte, hanno compiutamente esplicato le ragioni di fatto e di diritto per cui debbano ritenersi pienamente sussistenti i presupposti applicativi della circostanza aggravante della minorata difesa (si vedano le pagg. 5-8 dell’impugnata sentenza, da cui emerge chiaramente come la Corte territoriale non abbia tenuto conto astrattamente e isolatamente dell’età avanzata delle persone offese e dell’orario notturno, bensì del complessivo e concreto contesto in cui sono state perpetrate le condotte criminose);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.