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Ricorso inammissibile: quando i fatti sono decisi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per aver indotto in errore un giudice con una scrittura privata alterata. La sentenza sottolinea che la Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. Di conseguenza, il ricorso inammissibile ha portato alla conferma della condanna e all’addebito di ulteriori spese legali e sanzioni.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione non è un Terzo Grado di Giudizio

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 2510 del 2024, offre un chiaro esempio di un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso inammissibile. Quando un imputato si rivolge alla Suprema Corte chiedendo non una revisione della legge, ma una nuova valutazione dei fatti, la sua richiesta è destinata a fallire. Questo caso, riguardante una presunta truffa legata alla vendita di mobili, illustra perfettamente i limiti del giudizio di legittimità e le conseguenze per chi tenta di superarli.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria ha origine da una controversia commerciale. Un imprenditore, titolare di un’azienda di arredamento, veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di falso e induzione in errore del giudice (artt. 48 e 479 c.p.). L’accusa era di aver ottenuto un decreto ingiuntivo per circa 23.000 euro contro un cliente, utilizzando una copia del contratto di vendita di mobili in cui non risultavano due acconti che il cliente sosteneva di aver già versato.

Il Tribunale prima, e la Corte d’Appello poi, avevano ritenuto provata la falsificazione del documento e la dazione del primo acconto, confermando la condanna. Secondo i giudici di merito, l’imprenditore aveva deliberatamente presentato una documentazione alterata per ottenere un pagamento non dovuto, ingannando così il giudice che aveva emesso l’ingiunzione.

La Questione del Ricorso Inammissibile in Cassazione

L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, ha proposto ricorso per cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Errata valutazione delle prove: A suo dire, i giudici di merito avevano creduto alla versione della persona offesa (il cliente) senza prove sufficienti, specialmente riguardo ai pagamenti che sarebbero avvenuti in contanti e “in nero”.
2. Vizio di motivazione: La sentenza d’appello sarebbe stata illogica nel ritenere provata la sua intenzione fraudolenta, ignorando circostanze che, a suo avviso, lo scagionavano.

In sostanza, la difesa chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove testimoniali e documentali per giungere a una conclusione diversa da quella dei giudici di primo e secondo grado. Questo approccio ha reso il ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Le motivazioni sono nette e si fondano su un principio cardine del processo penale. La Corte di Cassazione non è un “terzo giudice del fatto”. Il suo compito non è quello di stabilire chi ha ragione o torto nel merito della vicenda, ma di verificare che le sentenze precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano una motivazione logica e non contraddittoria.

Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno osservato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione ampia e coerente. Aveva spiegato perché riteneva credibile la testimonianza del cliente riguardo al primo acconto e perché la documentazione prodotta dall’imputato fosse da considerarsi falsa. Le critiche sollevate dal ricorrente non evidenziavano vere e proprie “falle logiche” nel ragionamento dei giudici, ma si limitavano a proporre una diversa interpretazione delle prove, cosa non consentita in sede di legittimità. Citando consolidata giurisprudenza, la Corte ha ribadito che è preclusa la “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata.

Conclusioni

La sentenza conferma un importante insegnamento: il ricorso per cassazione deve concentrarsi su questioni di diritto. Tentare di trasformare la Suprema Corte in una terza istanza di giudizio sul merito è una strategia destinata al fallimento. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato non solo la conferma definitiva della condanna per l’imputato, ma anche la sua condanna al pagamento delle spese processuali, di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende (3.000 euro) e alla rifusione delle spese legali sostenute dalla parte civile (3.100 euro). Un esito che sottolinea l’importanza di calibrare attentamente le ragioni e i limiti di un ricorso in Cassazione.

Perché il ricorso dell’imprenditore è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare errori di diritto, chiedeva alla Corte di Cassazione di effettuare una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (giudici di merito).

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione secondo questa sentenza?
La sentenza ribadisce che la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità. Il suo ruolo non è riesaminare le prove per decidere come si sono svolti i fatti, ma controllare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e priva di contraddizioni manifeste.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Oltre alla conferma della condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali, al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende e alla rifusione delle spese legali della parte civile, liquidate in 3.100 euro oltre accessori di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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