Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6840 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6840 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Catania il 13/10/1986
avverso la sentenza del 11/04/2024 della Corte di appello di Catania visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Catania confermava la sentenza del 25 gennaio 2019 con la quale era stato condannato l’imputato NOME COGNOME per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e di lesioni dolose aggravate.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 601, comma 3, cod. proc. pen. per il mancato rispetto dei termini a comparire, previsti per il giudizio di appello dalla riforma entrata in vigore il 30 dicembre 2022 (il decreto di citazione è stato notificato all’imputato il 14 marzo 2024 rispetto all’udienza dell’in marzo 2024).
2.2. Vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti ex art. 62-bis cod. pen. (la Corte di appello non ha considerato l’ammissione di responsabilità dell’imputato e il parziale risarcimento del danno).
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e aspecifico.
Il primo motivo non considera la pacifica giurisprudenza, ribadita anche dalla recente sentenza delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 42125 del 27/06/2024, COGNOME, Rv. 287096), secondo cui la nullità per il mancato rispetto del termine a comparire previsto dall’art. 601, comma 3, cod. proc. pen. per il giudizio di appello non ha carattere assoluto, risultando solo controverso il termine ultimo sulla sua rilevabilità nel giudizio di appello (secondo un minoritario orientamento, subito dopo l’accertamento della costituzione delle parti; secondo l’orientamento maggioritario, ribadito dalle Sezioni Unite, prima della deliberazione della sentenza di secondo grado).
Ebbene, nel caso in esame alcuna nullità ha eccepito la difesa nel giudizio a quo. Questione che viene dunque ad assorbire quella della applicabilità o meno al caso in esame della disciplina dell’art. 601, comma 3, cod. proc. pen., introdotta dall’art. 34, comma 1, lett. g), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Il secondo motivo è aspecifico, in quanto non si confronta con il ragionamento giustificativo della sentenza impugnata sul punto del riconoscimento delle attenuanti generiche, finendo per proporre censure meramente reiterative di quelle di appello: la Corte di appello ha infatti escluso che si fosse in presenza di una “confessione” dell’imputato e ha ritenuto che il dedotto parziale risarcimento fosse in realtà il frutto di una manovra dell’imputato per ottenere una dichiarazione dalla persona offesa da spendere in sede giudiziaria, corrispondendo di fatto una cifra inferiore.
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Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 c proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presenta senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativ tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21fi72O25.