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Ricorso inammissibile: quando è una questione di fatto

La Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro la custodia in carcere per un’ipotesi di truffa. L’imputato sosteneva una mera connivenza, ma per i giudici le sue argomentazioni rappresentavano una rivalutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità. La decisione è stata confermata per l’elevato rischio di recidiva e la logicità della motivazione del tribunale del riesame.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti

Un ricorso inammissibile è uno degli esiti più comuni ma spesso meno compresi del giudizio in Cassazione. Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ribadisce un principio fondamentale: il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di controllare la corretta applicazione del diritto. Il caso analizzato riguarda un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un’ipotesi di truffa, dove l’indagato ha tentato, senza successo, di offrire una versione alternativa dei fatti per smontare l’accusa di concorso nel reato.

I Fatti del Caso

Un giovane uomo veniva sottoposto alla misura della custodia in carcere con l’accusa di aver partecipato a una truffa cosiddetta “vessatoria”, probabilmente ai danni di una persona anziana. Secondo l’accusa, il suo ruolo era quello di “vedetta”: avrebbe accompagnato in auto la complice, autrice materiale del reato, attendendola all’esterno per garantirle una via di fuga e avvisarla in caso di pericolo. Il Tribunale del Riesame confermava la misura, ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza e un concreto pericolo di reiterazione del reato.

I Motivi dell’Impugnazione

La difesa presentava ricorso in Cassazione basandosi su tre argomenti principali:

1. Violazione di legge sulla configurazione del concorso: L’indagato sosteneva che la sua condotta fosse al massimo una “connivenza non punibile”. Affermava di aver semplicemente accompagnato la donna senza conoscerne le reali intenzioni e di non avere con sé un telefono o altri mezzi per poter svolgere efficacemente il ruolo di vedetta. La sua versione, a suo dire, era lineare e credibile.
2. Vizio di motivazione sulle esigenze cautelari: Secondo il ricorrente, non sussisteva un reale pericolo di fuga o di reiterazione del reato, data la sua giovane età e il fatto che avesse rispettato le prescrizioni durante un precedente periodo di arresti domiciliari.
3. Mancata motivazione sull’inadeguatezza degli arresti domiciliari: La difesa lamentava che il tribunale non avesse spiegato perché la misura degli arresti domiciliari, magari con braccialetto elettronico, non fosse sufficiente a contenere le esigenze cautelari.

Perché la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato l’impugnazione dichiarandola inammissibile. La decisione si fonda sulla netta distinzione tra un vizio di legittimità, che la Corte può esaminare, e una valutazione di merito, che invece le è preclusa. I giudici hanno sottolineato che le argomentazioni della difesa non denunciavano una reale violazione di legge o una motivazione manifestamente illogica, ma si risolvevano nel tentativo di proporre una lettura alternativa dei fatti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale del Riesame adeguata, completa e non contraddittoria. In primo luogo, il Tribunale aveva giudicato “assai inverosimile” la versione dell’indagato, secondo cui avrebbe intrapreso un lungo viaggio senza conoscerne lo scopo, soprattutto alla luce delle sue precedenti segnalazioni di polizia per reati identici (le cosiddette truffe del “finto carabiniere”).

In secondo luogo, riguardo alle esigenze cautelari, era stato correttamente evidenziato che un precedente periodo di tre mesi agli arresti domiciliari non aveva avuto alcun effetto deterrente, dimostrando un elevato pericolo di commissione di nuovi reati. Infine, la scelta della custodia in carcere era stata giustificata con una motivazione puntuale: anche ai domiciliari, l’indagato e la sua complice avrebbero potuto continuare a perpetrare truffe tramite telefono, avvalendosi di altri complici per il recupero del denaro.

Le conclusioni

Questa sentenza è un chiaro monito: il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per tentare di convincere i giudici di una diversa ricostruzione dei fatti. L’impugnazione è ammissibile solo se si denunciano specifiche violazioni di norme di legge o vizi logici così evidenti da rendere la motivazione del provvedimento quasi inesistente o palesemente contraddittoria. Proporre una valutazione delle prove diversa da quella del giudice di merito si traduce, come in questo caso, in una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, invece di denunciare violazioni di legge o manifesta illogicità della motivazione, si limita a proporre una diversa valutazione dei fatti e delle circostanze già esaminate dal giudice di merito.

Perché il racconto dell’indagato è stato ritenuto inverosimile?
Il tribunale ha considerato inverosimile che una persona si rendesse disponibile per un lungo viaggio senza conoscerne le finalità, soprattutto considerando che lo stesso soggetto aveva già precedenti segnalazioni di polizia per reati identici nelle modalità e nelle forme di consumazione.

Perché la custodia in carcere è stata preferita agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico?
Perché un precedente periodo di arresti domiciliari non aveva avuto alcun effetto di deterrenza, dimostrando un elevato pericolo di recidiva. Inoltre, il tribunale ha motivato che anche da casa l’indagato avrebbe potuto continuare a commettere truffe telefoniche, rendendo la misura domiciliare inadeguata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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