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Ricorso inammissibile: quando è una mera ripetizione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per rifiuto di sottoporsi all’alcoltest. La decisione si fonda sul fatto che i motivi del ricorso erano una semplice ripetizione di quelli già respinti in appello, senza una critica specifica alla sentenza di secondo grado. La Corte ha inoltre ribadito l’impossibilità di rivalutare i fatti e l’infondatezza delle scusanti come lo stato di necessità (paura del COVID-19) e la particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Ripetizione dei Motivi d’Appello

Quando si impugna una sentenza, non basta avere ragione: bisogna saperla far valere nel modo corretto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa vanificare le speranze di un imputato, specialmente se ci si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in secondo grado. Analizziamo questo caso, che riguarda un rifiuto di sottoporsi all’alcoltest, per capire i limiti del ricorso per cassazione e l’importanza della specificità dei motivi.

I fatti del caso: Il rifiuto dell’alcoltest e la condanna

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un automobilista per il reato previsto dall’art. 186, comma 7, del Codice della Strada, ovvero il rifiuto di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico. La condanna, emessa in primo grado, era stata confermata anche dalla Corte d’Appello di Bologna. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a una serie di motivi volti a smontare la sua responsabilità.

I motivi del ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato sollevava diverse critiche alla sentenza d’appello, tra cui:

1. Vizi di motivazione: Si contestava la valutazione di attendibilità dei testimoni, ritenendo che i giudici avessero creduto ai Carabinieri e screditato altri testimoni, disponendo persino la trasmissione degli atti alla Procura per falsa testimonianza a carico di questi ultimi.
2. Stato di necessità: L’imputato sosteneva di aver rifiutato il test per il grave pericolo di contrarre il COVID-19, data l’epoca dei fatti (marzo 2020) e le modalità di esecuzione dell’esame.
3. Particolare tenuità del fatto: Si chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., contestando la valutazione della Corte d’Appello su un presunto ‘elevatissimo grado di colpevolezza’.
4. Attenuanti generiche: Si lamentava il mancato riconoscimento delle attenuanti, negate sulla base della gravità dei fatti.

La decisione della Corte sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si basa su principi procedurali solidi e offre importanti spunti di riflessione.

La pedissequa reiterazione dei motivi d’appello

Il primo e fondamentale motivo di inammissibilità risiede nel fatto che le censure presentate erano una ‘pedissequa reiterazione’ di quelle già dedotte in appello e puntualmente respinte dalla Corte territoriale. Il ricorso per cassazione non può essere una semplice fotocopia dell’atto d’appello. Esso deve contenere una critica argomentata e specifica proprio contro la motivazione della sentenza impugnata, spiegando perché i giudici di secondo grado hanno sbagliato. In questo caso, mancava un reale confronto con la ratio decidendi della Corte d’Appello, rendendo i motivi non specifici e, quindi, inammissibili.

Le censure in fatto e i limiti del giudizio di legittimità

Molti dei motivi proposti, inoltre, tendevano a una rivalutazione dei fatti, come la credibilità dei testimoni. La Corte di Cassazione, però, è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è stabilire come sono andati i fatti o chi sia più attendibile tra i testimoni, ma verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. Tentare di sostituire la propria valutazione delle prove a quella del giudice di merito è un errore che conduce inevitabilmente all’inammissibilità del ricorso.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto che i giudici d’appello avessero fornito una motivazione logica e coerente nel respingere le tesi difensive. Lo stato di necessità è stato escluso poiché le modalità di esecuzione dell’alcoltest, tramite strumentazione sigillata, garantivano la sicurezza sanitaria, rendendo il pericolo di contagio non attuale né concreto. Anche la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. è stata correttamente respinta, sulla base della gravità complessiva della condotta e dell’elemento soggettivo, elementi che i giudici di merito hanno ritenuto ostativi alla configurabilità della particolare tenuità del fatto. La Corte ha sottolineato come la difesa, nel criticare questa valutazione, non si fosse confrontata con le argomentazioni della sentenza, ma avesse semplicemente riproposto la propria tesi.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per cassazione è uno strumento tecnico che richiede rigore e specificità. Non è una terza istanza di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per avere successo, è necessario individuare precisi vizi di legge o di motivazione nella sentenza d’appello e sviluppare una critica mirata e pertinente. La semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti si traduce in un ricorso inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso per cassazione è considerato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando, tra le altre cose, i motivi presentati sono una mera e acritica ripetizione di quelli già respinti nel grado precedente, senza una specifica critica argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata. Inoltre, è inammissibile se propone censure che riguardano la valutazione dei fatti e delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito.

La paura di contrarre il COVID-19 può giustificare il rifiuto di sottoporsi all’alcoltest?
Secondo questa decisione, no. La Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito, i quali hanno escluso lo stato di necessità perché le modalità di esecuzione dell’esame (con strumentazione sigillata) erano tali da garantire la sicurezza dell’imputato, rendendo il pericolo di contagio non attuale o inevitabile.

Perché è stata negata l’applicazione della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La causa di non punibilità è stata esclusa perché i giudici di merito hanno ritenuto elevato il grado di colpevolezza dell’imputato. La valutazione ha tenuto conto della gravità complessiva dei fatti, includendo la condotta e l’elemento soggettivo, che sono stati considerati incompatibili con la ‘particolare tenuità’ richiesta dalla norma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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