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Ricorso inammissibile: quando è una mera ripetizione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione e furto. Il motivo principale è che il ricorso si limitava a ripetere le argomentazioni già respinte in appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte ha inoltre respinto le censure relative alla mancata concessione di attenuanti e alla non applicabilità della particolare tenuità del fatto, confermando la condanna.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce quando l’appello è una mera ripetizione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: un ricorso inammissibile è quello che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte nei gradi di giudizio precedenti, senza un’analisi critica della sentenza impugnata. Questo caso, riguardante reati di ricettazione e furto, offre spunti essenziali sulla corretta redazione degli atti di impugnazione.

I Fatti di Causa

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per ricettazione (capo A) e tentato furto aggravato (capi B e C). La Corte d’Appello di Venezia aveva confermato la sentenza del Tribunale di Padova. L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, articolando cinque motivi di doglianza:

1. Improcedibilità dei furti per assenza di querela.
2. Errata qualificazione del reato di ricettazione, che avrebbe dovuto essere considerato furto aggravato.
3. Mancato riconoscimento dell’attenuante per danno di speciale tenuità.
4. Omessa concessione delle attenuanti generiche.
5. Inapplicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

L’analisi del ricorso inammissibile in Cassazione

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella valutazione del secondo motivo di ricorso. I giudici hanno stabilito che tale doglianza era una mera riproduzione delle argomentazioni già esposte nell’atto d’appello. La funzione tipica dell’impugnazione, sottolinea la Corte, è quella di una critica argomentata e specifica contro il provvedimento che si contesta. Se il ricorso non si confronta con le motivazioni della sentenza impugnata, ma si limita a ripetere le stesse censure, perde la sua funzione e si destina all’inammissibilità.

Questa pronuncia conferma un orientamento consolidato: non basta lamentare una generica carenza o illogicità della motivazione. È necessario indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono il dissenso, instaurando un confronto puntuale con la decisione precedente. Un ricorso inammissibile è, quindi, quello che non adempie a questa funzione critica.

Le altre censure respinte dalla Corte

La Cassazione ha esaminato e respinto anche gli altri motivi di ricorso, ritenendoli manifestamente infondati:

* Sulla mancanza di querela: La Corte ha accertato che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, le querele erano state regolarmente presentate dalle persone offese.
* Sull’attenuante del danno di speciale tenuità: È stato ritenuto che il valore delle biciclette sottratte non fosse così trascurabile da integrare un danno economico irrisorio. La valutazione, infatti, deve considerare non solo il valore intrinseco del bene, ma anche gli ulteriori effetti pregiudizievoli per la vittima.
* Sulle attenuanti generiche: La motivazione della Corte territoriale, che negava il beneficio, è stata giudicata logica, coerente e non sindacabile in sede di legittimità.
* Sulla particolare tenuità del fatto: I giudici hanno ricordato che l’art. 131-bis c.p. richiede la compresenza di due condizioni: la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. Nel caso di specie, il giudice di merito aveva correttamente evidenziato elementi per escludere tale ipotesi.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su un principio cardine del diritto processuale: l’atto di impugnazione deve essere un dialogo critico con la sentenza precedente, non un monologo che ignora le ragioni del giudice. La declaratoria di inammissibilità per il motivo principale deriva dalla constatazione che il ricorrente non ha attaccato la logica della decisione d’appello, ma ha semplicemente riproposto le sue tesi difensive. Questo approccio rende il ricorso privo della sua funzione essenziale, trasformandolo in un atto superfluo. Per gli altri motivi, la Corte ha rilevato la manifesta infondatezza delle censure, basate su presupposti errati (come l’assenza di querela) o su una valutazione del merito non consentita in sede di legittimità (come la quantificazione del danno o la concessione delle attenuanti).

Conclusioni

La decisione in esame è un monito per gli operatori del diritto. La redazione di un atto di impugnazione, in particolare un ricorso per cassazione, richiede un’analisi approfondita e specifica della sentenza che si intende contestare. La semplice riproposizione di motivi già respinti, senza un confronto critico e puntuale con le argomentazioni del giudice precedente, conduce inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. È fondamentale, quindi, che la difesa costruisca un’argomentazione che smonti, pezzo per pezzo, il ragionamento della sentenza impugnata, evidenziandone i vizi di legittimità in modo chiaro e specifico.

Quando un ricorso per cassazione viene considerato inammissibile per genericità?
Un ricorso è considerato inammissibile quando riproduce e reitera gli stessi motivi già prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, ma limitandosi a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione.

Perché la Corte ha negato l’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.)?
La Corte ha ritenuto che le biciclette sottratte non avessero un valore trascurabile tale da causare un danno economicamente irrilevante. La concessione di tale attenuante presuppone un pregiudizio lievissimo, quasi irrisorio, valutato non solo sul valore della cosa ma anche sugli ulteriori effetti pregiudizievoli per la vittima.

Quali sono i presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Per applicare questa causa di non punibilità, devono sussistere congiuntamente due condizioni: la particolare tenuità dell’offesa (valutata secondo i criteri dell’art. 133 c.p.) e la non abitualità del comportamento dell’autore del reato. La mancanza anche di uno solo di questi requisiti ne impedisce l’applicazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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