Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Appello
Quando si affronta un processo penale, è fondamentale comprendere che ogni fase ha le sue regole e i suoi limiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre uno spunto prezioso su un tema cruciale: il ricorso inammissibile. Questa decisione evidenzia come la strategia difensiva debba essere costruita sin dal primo grado, poiché non è possibile introdurre nuove argomentazioni fattuali davanti alla Suprema Corte. Analizziamo insieme questo caso di bancarotta semplice per capire perché un appello tardivo può chiudere definitivamente le porte della giustizia.
I Fatti del Caso: Una Condanna per Bancarotta Semplice
La vicenda riguarda un imprenditore condannato in primo e secondo grado per il reato di bancarotta semplice documentale, previsto dall’art. 217 della legge fallimentare. La contestazione principale era legata alla mancata tenuta delle scritture contabili per diversi anni, una condotta che, secondo l’accusa, aveva contribuito ad aggravare la situazione di dissesto della società, gestita dall’imputato fino a pochi mesi prima del fallimento.
L’imprenditore, nel tentativo di ribaltare la condanna, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo, tra le altre cose, che la sua società non si trovasse in una reale situazione di dissesto finanziario. A suo dire, nel patrimonio aziendale avrebbero dovuto essere incluse alcune autovetture che avrebbero dimostrato la solidità dell’impresa.
I Motivi del Ricorso e la Regola del ricorso inammissibile
Il ricorso dell’imputato si fondava su due motivi principali:
1. Errata valutazione dello stato di insolvenza: Si sosteneva che la Corte d’Appello avesse sbagliato a non considerare le auto come parte dell’attivo patrimoniale.
2. Pena eccessiva: Si contestava l’entità della sanzione inflitta, ritenuta sproporzionata.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha immediatamente rilevato un vizio procedurale fatale nel primo motivo, che ha portato a dichiarare il ricorso inammissibile. La questione relativa alla proprietà delle autovetture, infatti, non era mai stata sollevata come specifico motivo di appello nel giudizio di secondo grado. Già la sentenza di primo grado aveva chiarito che i veicoli erano detenuti in leasing e non erano di proprietà della società fallita. Non avendo contestato tale punto in Appello, l’imputato non poteva farlo per la prima volta in Cassazione.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Dichiarato Inammissibile?
La decisione della Suprema Corte si basa su principi cardine del nostro ordinamento processuale. Il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma una sede in cui si valuta esclusivamente la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità).
La Corte ha spiegato che, ai sensi dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, non possono essere dedotte in Cassazione questioni che non siano state specificamente devolute alla cognizione del giudice d’appello. Introdurre argomenti nuovi equivarrebbe a trasformare la Cassazione in un giudice di merito, snaturando la sua funzione. Le censure dell’imputato sono state quindi qualificate come “doglianze in punto di fatto” e “inedite”, e come tali respinte.
Anche per quanto riguarda il secondo motivo, relativo all’eccessività della pena, la Corte lo ha ritenuto manifestamente infondato. La determinazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, il quale deve motivare la sua scelta in base ai criteri degli articoli 132 e 133 del codice penale. In questo caso, i giudici dei gradi precedenti avevano fornito una motivazione congrua, rendendo incensurabile la loro decisione in sede di legittimità.
Le Conclusioni: Lezioni Pratiche dalla Sentenza
Questa ordinanza ci insegna una lezione fondamentale: la difesa in un processo penale deve essere completa e strategica fin dalle prime fasi. Ogni argomento, ogni prova, ogni contestazione sui fatti deve essere presentata e discussa nei giudizi di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Attendere la Cassazione per sollevare nuove questioni fattuali è una strategia destinata al fallimento, che conduce a una declaratoria di ricorso inammissibile.
Le conseguenze di tale esito non sono banali: la condanna diventa definitiva e il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro. Un monito chiaro sull’importanza di un’assistenza legale attenta e scrupolosa in ogni fase del procedimento.
È possibile presentare nuove argomentazioni di fatto per la prima volta in Cassazione?
No, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché il ricorrente ha sollevato questioni di fatto (come la presunta proprietà delle auto) che non erano state presentate come motivi specifici nel precedente grado di appello. La Cassazione giudica la corretta applicazione della legge, non riesamina i fatti come in un nuovo processo.
La Corte di Cassazione può ridurre una pena considerata eccessiva dal ricorrente?
La Cassazione può intervenire sull’entità della pena solo se la motivazione del giudice precedente è palesemente illogica, contraddittoria o viola la legge. In questo caso, la Corte ha ritenuto che la graduazione della pena fosse una decisione discrezionale del giudice di merito, adeguatamente motivata secondo i principi di legge, e ha quindi respinto la censura.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questa vicenda è stata quantificata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12207 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12207 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PISTOIA il 17/09/1972
avverso la sentenza del 17/05/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze che ha confermato la condanna dell’imputato per il reato di cui all’art. 217 legge fati.;
Considerato che il primo motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia violazione legge e vizi di motivazione in ordine alla dichiarazione di responsabilità – non è consentito i sede di legittimità perché non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di u ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (cfr. l’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. quanto alla violazione di legge; si vedano, con specifi riferimento al vizio di motivazione, Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, COGNOME).
In particolare, il ricorrente deduce che la società non si trovasse, alla fine dell’anno 20 in una situazione di dissesto finanziario, in quanto dovevano essere ricomprese nell’attiv patrimoniale delle auto di proprietà della società fallita. La censura non risulta essere st previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen.; già nella sentenza di primo grado, infatt si afferma che le autovetture erano solo detenute in leasing dalla fallita che non ne aveva proprietà, ma tale circostanza non ha costituito motivo di appello ed è stata contestata per prima volta con ricorso per cassazione;
Considerato che anche le ulteriori censure sono costituite da mere doglianze in punto di fatto ed inedite. Correttamente la Corte di Appello ha rilevato che la società versava in gra crisi da molto tempo ed avrebbe dovuto richiedere già da diversi anni il proprio fallimento vedano, in particolare, pag. 13-15 della sentenza impugnata). Inoltre, quanto alla bancarotta semplice documentale, con motivazione esente dai descritti vizi logici, il giudice di merito esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pag. 15-16 della senten impugnata), rilevando che le scritture contabili non sono state tenute per diversi anni e ch l’imputato ha amministrato la società fino a pochi mesi prima del fallimento;
Considerato che il secondo motivo di ricorso – che contesta l’eccessività della pena – è manifestamente infondato, in quanto, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per l circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità de giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. p che nella specie l’onere argonnentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (Si veda, in particolare pag. della sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 gennaio 2025
Il consigliere estensore
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