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Ricorso inammissibile: quando è troppo generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile per genericità, confermando una condanna per spaccio di lieve entità. La Corte ha stabilito che l’appello non contestava criticamente le motivazioni della sentenza impugnata, che si basavano su plurimi elementi (quantità e tipo di droga, possesso di un bilancino) per escludere l’uso personale. È stata inoltre respinta la richiesta di applicazione della non punibilità per tenuità del fatto a causa di una precedente condanna per un reato della stessa indole, che rendeva il comportamento ‘non occasionale’.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione ribadisce i limiti alla genericità

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha messo in luce, ancora una volta, i rigidi requisiti di ammissibilità per i ricorsi, dichiarando un ricorso inammissibile perché troppo generico. La decisione conferma una condanna per spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, chiarendo perché le censure dell’imputato non potessero trovare accoglimento.

I Fatti del Caso

L’imputato era stato condannato sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, ovvero per detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti qualificata come di “lieve entità”. La pena inflitta era stata di 4 mesi di reclusione e 800 euro di multa. Nonostante la lieve entità, la difesa decideva di proseguire la battaglia legale fino all’ultimo grado di giudizio.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha presentato un ricorso alla Suprema Corte basato su due principali motivi:

1. Errata motivazione sul mancato proscioglimento: Si contestava la decisione dei giudici di merito di non aver assolto l’imputato, sostenendo che la droga fosse destinata all’uso personale e non allo spaccio.
2. Mancato riconoscimento della non punibilità: Si lamentava la mancata applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, che esclude la punibilità per i reati di “particolare tenuità”.

Le Motivazioni della Cassazione: un ricorso inammissibile per genericità

La Corte di Cassazione ha respinto in toto le argomentazioni della difesa, bollando il ricorso come inammissibile per la sua manifesta infondatezza e genericità. I giudici hanno spiegato nel dettaglio perché le critiche mosse non erano idonee a scalfire la solidità della sentenza d’appello.

La Genericità sulla Destinazione della Droga

Riguardo al primo punto, la Corte ha osservato che la sentenza d’appello aveva basato la sua decisione su una serie di elementi concreti e convergenti che escludevano l’uso personale. Tra questi:

* La pluralità di sostanze detenute.
* Il quantitativo di marijuana, conservata con modalità incompatibili con un uso personale a lungo termine.
* Il ritrovamento di droga sia addosso all’imputato che presso la sua abitazione.
* La presenza di un bilancino di precisione e di un coltello intriso di hashish.

Di fronte a questa dettagliata motivazione, il ricorso si era limitato a contestazioni generiche, senza confrontarsi criticamente e punto per punto con gli elementi valorizzati dalla Corte d’Appello. Questo approccio rende il motivo di ricorso vago e, di conseguenza, inammissibile.

La Ripetitività sul Diniego dell’Art. 131-bis

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva correttamente negato l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La norma, infatti, individua come ostativo il comportamento “non occasionale”. Nel caso di specie, l’imputato aveva una precedente condanna per un reato della stessa indole. Questo precedente, a prescindere da quando sia stato commesso, è stato ritenuto sufficiente per qualificare la condotta come non occasionale, impedendo così l’applicazione del beneficio.

Le censure dell’imputato su questo punto sono state ritenute non solo di merito (e quindi non valutabili in Cassazione), ma anche ripetitive di argomenti già esaminati e respinti dai giudici dei gradi precedenti con motivazioni logiche e giuridicamente corrette.

Le Conclusioni

La decisione sottolinea un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre le stesse difese già esaminate. È necessario formulare censure specifiche, tecniche e critiche che evidenzino un vizio di legge o un’illogicità manifesta nella motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso inammissibile perché generico non solo non ottiene il risultato sperato, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve da monito sulla necessità di un approccio rigoroso e mirato nell’impugnare le sentenze davanti alla Suprema Corte.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per la sua genericità, in quanto le contestazioni sollevate non si confrontavano in modo critico e specifico con le argomentazioni logiche e ben fondate della sentenza della Corte d’Appello.

Quali elementi hanno convinto i giudici che la droga fosse destinata allo spaccio e non all’uso personale?
La decisione si è basata su una serie di prove, tra cui la pluralità di sostanze stupefacenti, il quantitativo e le modalità di conservazione della marijuana, il possesso di droga sia addosso alla persona che in casa, e il rinvenimento di un bilancino e di un coltello con residui di hashish.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
L’applicazione di tale beneficio è stata esclusa perché la condotta dell’imputato è stata ritenuta ‘non occasionale’. Questa valutazione derivava da una precedente condanna per un reato della stessa indole, che costituisce un elemento ostativo secondo la norma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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