Ricorso Inammissibile: la Cassazione ribadisce i limiti alla genericità
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha messo in luce, ancora una volta, i rigidi requisiti di ammissibilità per i ricorsi, dichiarando un ricorso inammissibile perché troppo generico. La decisione conferma una condanna per spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, chiarendo perché le censure dell’imputato non potessero trovare accoglimento.
I Fatti del Caso
L’imputato era stato condannato sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, ovvero per detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti qualificata come di “lieve entità”. La pena inflitta era stata di 4 mesi di reclusione e 800 euro di multa. Nonostante la lieve entità, la difesa decideva di proseguire la battaglia legale fino all’ultimo grado di giudizio.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa ha presentato un ricorso alla Suprema Corte basato su due principali motivi:
1. Errata motivazione sul mancato proscioglimento: Si contestava la decisione dei giudici di merito di non aver assolto l’imputato, sostenendo che la droga fosse destinata all’uso personale e non allo spaccio.
2. Mancato riconoscimento della non punibilità: Si lamentava la mancata applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, che esclude la punibilità per i reati di “particolare tenuità”.
Le Motivazioni della Cassazione: un ricorso inammissibile per genericità
La Corte di Cassazione ha respinto in toto le argomentazioni della difesa, bollando il ricorso come inammissibile per la sua manifesta infondatezza e genericità. I giudici hanno spiegato nel dettaglio perché le critiche mosse non erano idonee a scalfire la solidità della sentenza d’appello.
La Genericità sulla Destinazione della Droga
Riguardo al primo punto, la Corte ha osservato che la sentenza d’appello aveva basato la sua decisione su una serie di elementi concreti e convergenti che escludevano l’uso personale. Tra questi:
* La pluralità di sostanze detenute.
* Il quantitativo di marijuana, conservata con modalità incompatibili con un uso personale a lungo termine.
* Il ritrovamento di droga sia addosso all’imputato che presso la sua abitazione.
* La presenza di un bilancino di precisione e di un coltello intriso di hashish.
Di fronte a questa dettagliata motivazione, il ricorso si era limitato a contestazioni generiche, senza confrontarsi criticamente e punto per punto con gli elementi valorizzati dalla Corte d’Appello. Questo approccio rende il motivo di ricorso vago e, di conseguenza, inammissibile.
La Ripetitività sul Diniego dell’Art. 131-bis
Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva correttamente negato l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La norma, infatti, individua come ostativo il comportamento “non occasionale”. Nel caso di specie, l’imputato aveva una precedente condanna per un reato della stessa indole. Questo precedente, a prescindere da quando sia stato commesso, è stato ritenuto sufficiente per qualificare la condotta come non occasionale, impedendo così l’applicazione del beneficio.
Le censure dell’imputato su questo punto sono state ritenute non solo di merito (e quindi non valutabili in Cassazione), ma anche ripetitive di argomenti già esaminati e respinti dai giudici dei gradi precedenti con motivazioni logiche e giuridicamente corrette.
Le Conclusioni
La decisione sottolinea un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre le stesse difese già esaminate. È necessario formulare censure specifiche, tecniche e critiche che evidenzino un vizio di legge o un’illogicità manifesta nella motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso inammissibile perché generico non solo non ottiene il risultato sperato, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve da monito sulla necessità di un approccio rigoroso e mirato nell’impugnare le sentenze davanti alla Suprema Corte.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per la sua genericità, in quanto le contestazioni sollevate non si confrontavano in modo critico e specifico con le argomentazioni logiche e ben fondate della sentenza della Corte d’Appello.
Quali elementi hanno convinto i giudici che la droga fosse destinata allo spaccio e non all’uso personale?
La decisione si è basata su una serie di prove, tra cui la pluralità di sostanze stupefacenti, il quantitativo e le modalità di conservazione della marijuana, il possesso di droga sia addosso alla persona che in casa, e il rinvenimento di un bilancino e di un coltello con residui di hashish.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
L’applicazione di tale beneficio è stata esclusa perché la condotta dell’imputato è stata ritenuta ‘non occasionale’. Questa valutazione derivava da una precedente condanna per un reato della stessa indole, che costituisce un elemento ostativo secondo la norma.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18718 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18718 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PRETE NOME nato a MANDURIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/09/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 25/09/2023 la Corte di appello di Lecce, Sez. St. Taranto, ha confermato la sentenza del Tribunale di Taranto del 28/09/2022, che aveva condannato NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/90, alla pena di mesi 4 di reclusione ed euro 800 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando vizio di motivazione in relazione al mancato proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’articolo 131-bis cod. pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per genericità.
1.1. Quanto al primo aspetto, la motivazione addotta dalla Corte di appello (pag. 3) si fonda su una serie di elementi (la pluralità di sostanze; il quantitativo di marijuana, detenuto con modalità incompatibili con una lunga conservazione, che depone per la finalità di cessione e non per l’uso personale; l’essere stato colto in possesso di droga sia presso la abitazione che indosso; il rinvenimento di un bilancino e di un coltello intriso di hashish), che ragionevolmente escludevano la destinazione all’uso personale e anche la riconduzione alla ipotesi delle lieve entità, motivaizone con cui il ricorrente non si confronta in modo realmente critico, limitandosi a contestazioni generiche e quindi iniammissibili.
1.2. Quanto al secondo aspetto, il ricorrente avanza censure di merito e ripetitive di quelle già sottoposte ai Giudici del merito sin dal primo grado e alle quali la Corte di appello ha risposto con una motivazione che risulta non censurabile in questa sede, in quanto né viziata in diritto né manifestamente illogica. La Corte di appello ha infatti ritenuto correttamente ricorrere il caso ostativo previsto dalla norma del reato «non occasionale», in ragione di pregressa condanna per reato della stessa indole, per le quali è irrilevante l’epoca di loro commissione.
Il ricorso non si confronta affatto in modo realmente critico con la motivazione addotta dalla Corte territoriale, limitandosi a generiche doglianze prive di qualsiasi specificità.
Non può quindi che concludersi, data la manifesta infondatezza delle doglianze, nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per
ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 23 febbraio 2024.