Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35774 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35774 Anno 2025
Presidente: SCORDAMAGLIA IRENE
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PRATOLA SERRA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/01/2025 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli che ne ha confermato la condanna per il reato di bancarotta fraudolenta documentale;
Ritenuto che il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, che contestano, rispettivamente, la ritenuta sussistenza del dolo specifico, la valutazione della prova del giudice di merito, l’omessa riqualificazione del fatto in bancarotta documentale semplice, la violazione del principio di presunzione di innocenza, sono aspecifici, in quanto il ricorrente ha mancato di adeguarsi al disposto dell’art. 581 cod. proc. pen., perché ha seguito un proprio approccio critico, omettendo, tuttavia, di esplicitare il ragionamento sulla cui base muoveva le censure alla decisione avversata. A tal riguardo, va altresì ricordato che Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli Rv. 268823, ha ribadito un principio già noto nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultino intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato e che le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che quest’ultimo non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso è, altresì, manifestamente infondato, perché inerente ad asserito difetti o contraddittorietà e/o palese illogicità della motivazione non emergenti dal provvedimento impugnato (cfr. pagg. 9 – 10 del provvedimento impugnato, in cui la circostanza che negli anni precedenti all’assunzione della carica di amministratore della società fallita da parte dell’imputato siano stati compiuti atti di cessione di beni societari ad altra società con altro nome ed altro amministratore, ma sostanzialmente la stessa di quella fallita, benchè non abbia giustificato l’affermazione di penale responsabilità per bancarotta fraudolenta patrimoniale, sia stato valorizzato al fine della prova dell’elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta documentale);
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso è, altresì, non consentito dalla legge in sede di legittimità, perché, dinanzi alla Corte di cassazione, non è consentito invocare una valutazione o rivalutazione degli elementi probatori al fine di trarne proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito, chiedendo alla Corte regolatrice un giudizio di fatto che non le compete. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in v esclusiva, riservata al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260). Più di recente si è sostenuto che, nel giudizio di cassazione, sono precluse al Giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F.; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; pronunzie che trovano precedenti conformi in Sez. 5, n. 12634 del 22/03/2006, COGNOME, Rv. 233780; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22/10/2025