Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Genericità dei Motivi
Presentare un ricorso in Cassazione richiede rigore e specificità. Quando i motivi di appello sono vaghi e non si confrontano con le ragioni della sentenza impugnata, il rischio è una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione. L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di questa dinamica processuale.
Il Caso in Analisi: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione
La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di falsa attestazione a un pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 495 del codice penale. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la sentenza di primo grado escludendo la recidiva e riducendo la pena, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato.
Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che i giudici di merito non avessero correttamente valutato la mancanza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero l’intenzione di commettere il fatto illecito.
Perché un Ricorso Inammissibile? La Genericità dei Motivi
La Corte di Cassazione ha respinto l’impugnazione dichiarandola inammissibile. La ragione di questa decisione risiede nella natura del motivo presentato. Secondo i giudici supremi, il ricorso era “generico”, un difetto che ne impedisce l’esame nel merito.
L’Assenza di un Confronto Argomentativo
Il ricorrente si è limitato a formulare delle semplici affermazioni, definite “apodittiche” dalla Corte, senza sviluppare un’argomentazione critica e strutturata contro le motivazioni della sentenza d’appello. In altre parole, non è stato effettuato un vero e proprio confronto tra la tesi difensiva e le ragioni che avevano portato i giudici di secondo grado a confermare la condanna. Questo tipo di impugnazione non soddisfa i requisiti di specificità richiesti dalla legge per un valido ricorso in Cassazione.
Le Conseguenze di un Ricorso Inammissibile
La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze. Essa comporta la definitiva conferma della sentenza impugnata e oneri economici a carico del ricorrente.
Condanna alle Spese e alla Cassa delle Ammende
Come stabilito dalla Corte, chi presenta un ricorso inammissibile è tenuto a pagare le spese del procedimento. Inoltre, viene condannato al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro. Questa sanzione ha lo scopo di disincentivare la presentazione di impugnazioni palesemente infondate o dilatorie.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione evidenziando come l’unico motivo di ricorso fosse del tutto generico. Il ricorrente deduceva un vizio di motivazione per la mancata applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, sostenendo una presunta assenza dell’elemento soggettivo del reato. Tuttavia, questa doglianza si esauriva in meri assunti apodittici, privi di qualsiasi confronto argomentativo con le ragioni specifiche poste a fondamento della pronuncia di condanna. La mancanza di una critica puntuale e specifica alla sentenza impugnata ha reso il ricorso non scrutinabile nel merito, determinandone l’inevitabile inammissibilità.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: un ricorso per Cassazione deve essere specifico e non può limitarsi a riproporre genericamente tesi difensive già vagliate e respinte nei gradi di merito. Per avere una possibilità di accoglimento, l’impugnazione deve individuare con precisione i vizi della sentenza e sviluppare un’argomentazione logico-giuridica stringente. In assenza di tali requisiti, l’esito più probabile è una dichiarazione di inammissibilità, che non solo rende definitiva la condanna ma comporta anche significative conseguenze economiche per il ricorrente.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte lo ha ritenuto inammissibile perché il motivo presentato era “generico”. Si limitava a mere asserzioni sulla mancanza dell’elemento psicologico del reato, senza confrontarsi in modo critico e argomentato con le ragioni esposte nella sentenza di condanna.
Qual era il reato per cui l’imputato era stato condannato?
L’imputato era stato condannato per il reato previsto dall’articolo 495 del codice penale, relativo a falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla propria identità o su qualità personali.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36113 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36113 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a VASTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/01/2025 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di L’Aquila, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Pescara, ne confermava la condanna per il reato di cui all’art. 495 cod. pen., escludendo la recidiva e quindi riducendo l’entità della pena inflitta;
Considerato che l’unico motivo di ricorso, che deduce vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen. per la evidente mancanza dell’elemento soggettivo del reato, è generico, perché si esaurisce in meri assunti del tutto apodittici privi di confronto argomentativo con le ragioni poste a base della pronuncia di condanna;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24/09/2025