Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 35130 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2   Num. 35130  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a MUSSOMELI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CANICATTI’ il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 24/01/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la memoria del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
lette le memorie dei difensori dell’imputata NOME COGNOME e quelle delle parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME, che hanno chiesto, rispettivamente, l’accoglimento del ricorso e la conferma della sentenza impugnata;
ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5, e 611, comma 1 bis, e segg. cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento, la sentenza del giudice di primo grado, pronunciata all’esito di giudizio abbreviato, è stata confermata nei confronti dell’odierna ricorrente NOME COGNOME (condannata per rapina e lesioni in concorso con NOME COGNOME) ma parzialmente modificata nei confronti dell’altra ricorrente, NOME COGNOME (condannata, sempre in concorso con COGNOME, per rapina aggravata, porto di arma e lesioni ai danni di tre membri della famiglia COGNOME, vittima della rapina).
Presentando ricorso per Cassazione, la difesa di NOME COGNOME ha formulato un motivo di ricorso con cui ha dedotto tutti i profili di viz motivazionale in relazione alla dichiarazione di responsabilità ed alla ricostruzione fattuale che ne costituisce la premessa. In chiusura del motivo di ricorso, viene contestata altresì la eccessività della pena, tanto con riferimento al mancato riconoscimento dele circostanze attenuanti generiche, nonostante la condotta processuale tenuta dall’imputata, che in relazione alla carenza motivazionale nell’indicare i parametri sanzionatori utilizzati, nonostante l’entità della pena irrogata.
Anche la difesa di NOME COGNOME ha presentato ricorso per cassazione, formulando due motivi, incentrati rispettivamente sulla inosservanza o erronea applicazione di legge, da un lato, e sui vizi motivazionali, dall’altro, in relazio alla mancata applicazione di circostanze attenuanti (della particolare tenuità del danno – art. 62 n.4 cod. perì. – e del contributo di minima importanza – art. 114 cod. pen.), della causa di esclusione della colpevolezza del fatto di particolare tenuità (art. 131 bis cod. pen.), dell’applicazione dell’aggravante contestata (art. 628, comma 3, n. 1, cod. pen.), nonché in relazione alla qualificazione giuridica del fatto come rapina (in ogni caso, da ritenersi tentata, e non consumata) anziché furto. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili per plurime ragioni.
Innanzitutto, essi sono intrisi di genericità, in quanto i motivi dedotti sono privi della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art. 5 c) c.p.p.: come emerge dall’esame dei rispettivi atti di appello, i motivi di ricorso costituiscono la riproduzione, priva di sostanziale novità, dei catners de doléances presentati dalle due ricorrenti alla Corte d’appello.
D’altra parte, va considerato che si è in presenza di una cd. “doppia conforme” in punto di affermazione della penale responsabilità delle imputate per i reati loro rispettivamente ascritti, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stati rispettati i parametri del richiamo della pronuncia di appello a quella di primo grado e dell’adozione – da parte di entrambe le sentenze – dei medesimi criteri nella valutazione delle prove (cfr., Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
E’ allora del tutto evidente che a fronte di una sentenza di appello che ha fornito, in conformità alla sentenza di primo grado, una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa loro riproduzione come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. d), che impone esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta. E son quindi inammissibili i ricorsi per cassazione fondati su motivi ripetitivi, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso. (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009 Arnone Rv. 243838 – 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 Sammarco Rv. 255568 – 01; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425 – 01).
Nello specifico, in relazione al ricorso della COGNOME, occorre innanzi tutto evidenziare, a conferma di quanto sopra considerato in ordine alla ripetitività, e conseguente genericità, dell’impugnazione, che il ricorso è redatto con la tecnica del copia-incolla dell’atto di appello, di cui riproduce alla lettera il tenore.
Ma v’è di più: incentrato sulla contestazione della affermazione della responsabilità, salvo poi menzionare, in cauda, il tema del quantum sanzionatorio, esso non si cura affatto di confrontarsi con la motivazione della sentenza di appello, che alle pagine 4 e 5 si dà carico di disarticolare puntualmente la tesi difensiva basata sulla contestazione della credibilità del COGNOME (che già conosceva l’imputata per ragioni professionali) e su un dato intercettivo (confutato in motivazione e non più coltivato nel ricorso per cassazione).
Quanto al profilo sanzionatorio, la pedissequa ripetitività dell’argomentazione -contenuta in non più di una riga – e l’assenza di alcun tentativo di contrastare le ragioni di negatoria delle circostanze attenuanti generiche, motivata nella sentenza a pg. 6, rende il motivo del tutto generico ed il ricorso, in parte qua, inammissibile.
Miglior sorte non assiste il ricorso di NOME COGNOME che, con due motivi parzialmente sovrapponibili (in entrambi essendo presente la doglianza relativa alla mancata applicazione dell’art. 114 cod. pen.) contesta la responsabilità (profilo, in realtà, ‘coperto’ dalla motivazione della sentenza a pg. 2 e nuovamente – a pg. 4, ove si evidenzia il ruolo attivo e per nulla ‘sottomesso’ della donna rispetto al correo) nonché molteplici aspetti sanzionatori (tutti puntualmente affrontati e correttamente risolti dalla sentenza di merito) nonché
relativi alla qualificazione giuridica del fatto (ove si giunge alla Irrealist parcellizzazione del fatto in furto più lesioni).
Si tratta, nel complesso, di motivazioni ripetitive, generiche e manifestamente infondate.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativannente fissata.
Non consegue invece la condanna al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili. Costituisce infatti principio consolidato che nel giudizio di legittimi in caso di ricorso dell’imputato rigettato o dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali senza che sia necessaria la sua partecipazione all’udienza, purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria (Sez. 4, sent. n. 36535 del 15/09/2021 Rv. 281923 – 01). Nel caso concreto le difese delle parti civili si son limitate a presentare conclusioni con richiesta di conferma e di liquidazione di spese ulteriori senza elaborare o fornire alcun reale supporto argomentativo. 
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Rigetta la richiesta di condanna alle spese avanzata dalle parti civili.
Così deciso il 17 settembre 2025
Il Consigliere relatore
La Presidente