Ricorso Inammissibile: La Necessità di Motivi Specifici
L’esito di un processo non si decide solo nel merito, ma anche attraverso il rigoroso rispetto delle regole procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda un principio fondamentale: un ricorso inammissibile per genericità non solo non ottiene il risultato sperato, ma comporta anche conseguenze economiche per il proponente. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere l’importanza di formulare motivi di impugnazione chiari, dettagliati e pertinenti.
I Fatti del Caso
Un individuo era stato condannato in primo e secondo grado per concorso in un reato di lieve entità legato agli stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La pena inflitta era di sei mesi di reclusione e 600 euro di multa, con il beneficio della sospensione condizionale. Non ritenendo giusta la sanzione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’eccessività della pena irrogata in relazione al suo comportamento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione non è entrata nel merito della congruità della pena, ma si è fermata a un livello precedente, quello della corretta formulazione dell’atto di impugnazione. La conseguenza diretta è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Perché un ricorso è considerato inammissibile?
La ragione della decisione risiede nella vaghezza e nella mancanza di specificità del motivo di ricorso. La Corte ha sottolineato come l’imputato si sia limitato ad asserire genericamente che la pena fosse eccessiva, senza però muovere alcuna critica concreta e puntuale alla motivazione della sentenza della Corte d’Appello.
In pratica, il ricorrente non ha spiegato perché il ragionamento del giudice di secondo grado fosse errato. Un ricorso efficace, infatti, deve dialogare con la sentenza che impugna, smontandone punto per punto le argomentazioni logico-giuridiche. Affermare semplicemente di non essere d’accordo con la conclusione non è sufficiente.
La Cassazione ha evidenziato che, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte d’Appello aveva motivato la sua decisione, condividendo la misura della pena stabilita dal primo giudice. Tale pena, peraltro, era già stata fissata al minimo edittale, ovvero il livello più basso previsto dalla legge per quel reato, e ritenuta congrua al fatto. Un ricorso inammissibile è spesso il risultato di un’incapacità di confrontarsi con queste motivazioni.
Le Conclusioni: Lezioni Pratiche e Conseguenze Economiche
Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per ogni avvocato e assistito: l’impugnazione, e in particolare il ricorso per cassazione, non è una semplice lamentela, ma un atto tecnico che richiede precisione. I motivi devono essere specifici e devono attaccare direttamente le fondamenta logiche e giuridiche della decisione impugnata.
La declaratoria di inammissibilità, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, comporta non solo la definitiva conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria. La Corte ha citato la sentenza n. 186/2000 della Corte Costituzionale, che legittima tale sanzione a meno che il ricorrente non dimostri di aver agito senza colpa nel determinare la causa di inammissibilità. In questo caso, non sono emersi elementi in tal senso. Pertanto, la genericità del ricorso si è tradotta in un costo aggiuntivo di 3.000 euro, oltre alle spese del procedimento, per il ricorrente.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su una doglianza non sufficientemente specifica. Il ricorrente si è limitato a lamentare l’eccessività della pena senza fornire alcun riferimento concreto o critica puntuale alla motivazione della sentenza impugnata.
Qual era il reato per cui l’imputato era stato condannato?
L’imputato era stato condannato per il reato di cui agli articoli 110 del codice penale (concorso di persone nel reato) e 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, che riguarda i fatti di lieve entità in materia di stupefacenti.
Quali sono state le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6480 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6480 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/03/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
1. Con sentenza del 27 marzo 2023 la Corte di Appello di Venezia ha confermato la sentenza del 4 marzo 2022 del Tribunale di Verona con la quale NOME era stato condannato, riconosciuta la recidiva contestata, alla pena, sospesa, di mesi sei di reclusione ed euro 600,00 di multa per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con confisca e distruzione dello stupefacente in sequestro.
È stato proposto ricorso per cassazione, tramite il quale è stato richiesto l’annullamento della decisione sotto il profilo del trattamento sanzionatorio e all’eccessività della pena irrogata, rispetto anche al comportamento dell’imputato.
– Il ricorso è inammissibile, perché basato su una doglianza non sufficientemente specifica. Il ricorrente non opera alcun riferimento concreto, neanche a fini di critica, alla sentenza impugnata, limitandosi ad asserire che non vi sarebbe alcuna motivazione sulla congruità della pena.
Si tratta, it primo protilq di un assunto puntualmente smentito dalla semplice lettura della sentenza, dalla quale emerge che il giudice dell’impugnazione ha condiviso la misura della pena come determinata dal primo giudice, peraltro, in misura pari al minimo edittale e ritenuta congrua al fatto.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 gennaio 2024
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