Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21074 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21074 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a TAURIANOVA il 28/03/1978
avverso la sentenza del 02/05/2019 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME – condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, del d.P.R. n. 309 del 1990 – ha proposto ricorso per cassazione, lamentando: 1) vizi della motivazione e violazione degli artt. 125 cod. proc. pen., 62-bis e 133 cod. pen., nonché 111 Cost., in relazione all’ iter argomentativo usato per addivenire al disconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; 2) vizi della motivazione e violazione dell’art. 133 cod. proc pen. in ordine all’erronea applicazione dei criteri di commisurazione della pena ed al diniego delle circostanze attenuanti generiche; 3) vizi della motivazione e violazione degli artt. 125 cod. proc. pen., 111, Cost., 81, 99 e 132 cod. pen. in relazione all’ iter argomentativo offerto per addivenire al disconoscimento del reato continuato (rispetto a precedenti condanne) ed al riconoscimento della recidiva reiterata.
Considerato che il ricorso è inammissibile, perché generico e diretto a sollecitare una rivalutazione del quadro istruttorio, sulla base di una rilettura fatto preclusa al sindacato di questa Corte, non confrontandosi in modo puntuale con le argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata;
che, quanto alle circostanze attenuanti generiche, i primi due motivi di doglianza sono privi di specificità, perché non si riferiscono ad elementi positivi giudizio che sarebbero stati pretermessi o scorrettamente valutati dai giudici di merito;
che, in ogni caso, la relativa doglianza non era stata proposta nel giudizio di appello, come emerge dalla motivazione della sentenza impugnata, non contestata sul punto;
che la doglianza circa la violazione dell’art. 133 cod. pen. in riferimento trattamento sanzionatorio è inammissibile, essendo pacifico che, in tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena (Sez. 3, n. 38251 del 15/6/2016, Rv. 267949);
che la Corte d’appello evidenzia, ad ogni modo, che la pena inflitta all’imputato, alla luce dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., appare del congrua e conforme all’effettivo disvalore del fatto;
che il terzo motivo di ricorso, relativo alla carenza di motivazione in ordin alla mancata applicazione al caso di specie dell’istituto della continuazione ed al riconoscimento della recidiva, è anch’esso inammissibile, perché consiste nella riproposizione di precedenti giurisprudenziali tanto scontati quanto irrilevanti ne caso di specie, limitandosi a contrastare attraverso mere asserzioni la motivazione della sentenza impugnata;
che questa, risulta, del resto, pienamente logica e coerente, perché fa riferimento alla maggiore pericolosità dell’imputato che emerge dai fatti e
all’impossibilità di configurare il reato continuato in presenza di un lungo lass temporale tra il reato oggetto del presente procedimento e quelli oggetto dei
precedenti procedimenti definiti con sentenza irrevocabile, peraltro neanche espressamente richiamati, quanto ai loro elementi essenziali, con il ricorso per
cassazione;
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritener
che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa
delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 marzo 2025.