Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Specificità dei Motivi
Quando si presenta un’impugnazione, specialmente davanti alla Corte di Cassazione, la precisione è tutto. Un recente provvedimento ha ribadito un principio cardine della procedura penale: un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile di motivi di appello formulati in modo vago e generico. Questa ordinanza offre un’importante lezione sulla necessità di una difesa tecnica puntuale e ben argomentata.
Il caso: un appello contro la determinazione della pena
Il caso in esame nasce dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’appello di Torino. Il ricorrente lamentava un vizio di motivazione in merito alla pena inflitta, sostenendo che i giudici di merito non avessero correttamente valutato alcuni elementi a suo favore. In particolare, la difesa contestava il mancato riconoscimento dell’attenuante della speciale tenuità del danno e la mancata prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti contestate (recidiva e furto aggravato).
L’obiettivo del ricorrente era ottenere una riconsiderazione della sanzione, ritenuta non congrua. Tuttavia, il modo in cui queste doglianze sono state presentate si è rivelato fatale per l’esito dell’impugnazione.
La decisione della Cassazione: il ricorso inammissibile per genericità
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito delle questioni sollevate. La ragione è stata chiara e netta: l’atto di impugnazione era caratterizzato da indeterminatezza e genericità. I motivi, secondo i giudici, evocavano presunti difetti motivazionali “solo in termini del tutto vaghi”, senza essere supportati da una “concreta specificità e pertinenza censoria”.
In altre parole, la difesa non aveva indicato con precisione quali fossero gli errori logici o giuridici commessi dalla Corte d’appello, né aveva collegato le sue richieste a specifici dati di fatto o ragioni di diritto. Questa carenza ha impedito al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato.
Il potere discrezionale del giudice di merito
La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato: la determinazione del trattamento sanzionatorio e il giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato nel rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale. Il sindacato della Corte di Cassazione, pertanto, non può sostituirsi alla valutazione del giudice, ma si limita a verificare che la decisione non sia frutto di mero arbitrio e risulti logicamente motivata. Nel caso specifico, la motivazione della Corte d’appello è stata ritenuta congrua e non illogica.
La corretta valutazione della Corte d’Appello
I giudici di legittimità hanno inoltre osservato che la Corte d’appello aveva, in realtà, adeguatamente motivato la sua decisione, spiegando perché non fosse possibile riconoscere la speciale tenuità del danno. La difesa, quindi, contestava una valutazione di merito che era già stata congruamente argomentata nel precedente grado di giudizio, senza però evidenziare vizi logici specifici.
Le motivazioni e le conclusioni: un monito per la difesa
Le motivazioni
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nel principio di autosufficienza e specificità del ricorso per cassazione. La Corte non può e non deve ‘andare a caccia’ dei motivi di doglianza tra le righe di un atto generico. L’impugnazione deve contenere una critica precisa e circostanziata del provvedimento impugnato, individuando chiaramente il punto della decisione che si contesta e le ragioni giuridiche e fattuali a sostegno della critica. In assenza di questa specificità, il ricorso non supera il vaglio preliminare di ammissibilità.
Le conclusioni
Questa decisione rappresenta un importante monito per gli operatori del diritto. La preparazione di un ricorso, in particolare per la Cassazione, richiede un’analisi rigorosa e una formulazione puntuale dei motivi. Lamentarsi genericamente di una pena ‘troppo alta’ o di una ‘motivazione ingiusta’ non è sufficiente. È indispensabile dimostrare, con argomenti precisi, dove e perché il giudice di merito ha errato nell’applicazione della legge o nel suo percorso logico-argomentativo. Un ricorso inammissibile non solo priva l’assistito della possibilità di un riesame, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era generico e indeterminato. Non presentava critiche specifiche e puntuali contro la sentenza impugnata, ma si limitava a evocare difetti motivazionali in termini vaghi, impedendo così alla Corte di Cassazione di esercitare il proprio sindacato.
Può la Corte di Cassazione modificare la pena decisa dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla determinazione della pena. Il suo compito è limitato a verificare che la decisione sia conforme alla legge, logicamente motivata e non arbitraria, secondo i criteri degli artt. 132 e 133 del codice penale.
Qual è il requisito fondamentale per un ricorso in Cassazione?
Un requisito fondamentale è la specifica indicazione dei motivi. Il ricorso deve contenere una critica precisa e dettagliata del provvedimento impugnato, indicando puntualmente le ragioni di diritto e i dati di fatto che sostengono le censure mosse alla decisione del giudice di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6399 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6399 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE), nato in Marocco il 21/01/1970
avverso la sentenza del 08/05/2024 della Corte d’appello di Torino dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che l’unico motivo di cui si compone il ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione in ordine al giudizio sulla pena, non congruamente determinata dai giudici di merito – non avendo questi né riconosciuto l’attenuante della speciale tenuità del danno, né applicato tale attenuante e le circostanze attenuanti generiche con criterio di prevalenza rispetto alle aggravanti contestate (quella di cui all’art. 99, comma quarto, cod. pen. e quella di cui all’art. 625, comma primo, n. 4 cod. pen.) – non è consentito in questa sede in quanto generico per indeterminatezza, perché, evocando presunti difetti motivazionali solo in termini del tutto vaghi, non risulta connotato da concreta specificità e pertinenza censoria, non coniugandosi alla enunciazione di puntuali richieste con connessa indicazione delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che le sorreggono e, dunque, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare con precisione i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
che la medesima censura risulta anche manifestamente infondata, dovendosi sottolineare che la Corte di appello ha congruamente motivato in relazione alle doglianze prospettate con l’appello, che (in base al riepilogo dei motivi riportato alle pagg. 2 e 3 dell’impugnata sentenza) non hanno riguardato il giudizio di bilanciamento tra le opposte circostanze sussistenti nel caso in esame, bensì solo la rideterminazione della pena, con la richiesta di applicazione di cui all’art. 62, primo comma, n. 4), cod. pen. e la riduzione dell’aumento disposto a titolo di continuazione, profili in relazione ai quali sono state adeguatamente esplicate le non illogiche ragioni per cui debba confermarsi quanto statuito dal giudice di prime cure (si veda la pag. 4);
che, tra l’altro, del tutto inconferente risulta l’indicazione della difesa circa possibilità, a seguito dell’intervento della sentenza della Corte costituzionale n. 141 del 2023, di ritenere la circostanza attenuante ex art. 62, comma primo, n. 4), cod. pen., prevalente rispetto alla recidiva reiterata, poiché i giudici di merit hanno escluso la possibilità di ravvisare nel caso in esame la speciale tenuità del danno;
che deve comunque essere ribadito come, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, la definizione del trattamento sanzionatorio e il giudizio di bilanciamento tra circostanze di segno contrario rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché non vi è margine per il sindacato di legittimità quando la decisione su tali profili non sia frutto di mero arbitrio e risu conforme alla legge e ai canoni della logica, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.