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Ricorso inammissibile: quando è troppo generico

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile perché basato su un motivo generico. L’appellante lamentava l’eccessività della pena di quattro mesi per il reato di resistenza, ma senza specificare vizi giuridici. La decisione comporta la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione e la Genericità dei Motivi

Quando si impugna una sentenza, non basta un generico dissenso. È quanto emerge da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha dichiarato un ricorso inammissibile perché fondato su un’unica motivazione ritenuta troppo vaga. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere i requisiti di specificità che un atto di impugnazione deve possedere per superare il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello per il delitto di resistenza. L’imputato, ritenendo la pena inflitta – quattro mesi di reclusione – eccessiva, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione. Tuttavia, l’intero impianto difensivo si basava esclusivamente su questa percezione di eccessività della sanzione, senza articolare specifiche censure di diritto sulla decisione del giudice di merito.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Di conseguenza, non solo ha confermato la condanna, ma ha anche aggiunto un onere economico per il ricorrente. Quest’ultimo è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di inammissibilità.

Le Motivazioni della Corte

Il fulcro della decisione risiede nella valutazione del motivo di ricorso come ‘generico’. La Corte ha sottolineato che la mera deduzione del carattere ‘asseritamente eccessivo’ della pena non costituisce un motivo valido per un ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, infatti, non è un terzo grado di giudizio dove si può ridiscutere il merito della decisione, ma un organo di legittimità che valuta la corretta applicazione della legge.

Per contestare la misura della pena, il ricorrente avrebbe dovuto indicare un vizio specifico nel ragionamento del giudice d’appello, come ad esempio la mancata o illogica valutazione di elementi previsti dalla legge (es. la gravità del fatto, la capacità a delinquere del reo, le circostanze attenuanti). Limitarsi a definire la pena ‘eccessiva’ si traduce in una critica generica che non permette alla Cassazione di esercitare il proprio controllo di legittimità.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: i motivi di impugnazione devono essere specifici e puntuali. Per gli avvocati, ciò significa che la redazione di un ricorso richiede un’analisi approfondita della sentenza impugnata per individuare vizi di legge o di motivazione concreti e ben argomentati. Per gli imputati, la decisione evidenzia come un ricorso inammissibile non sia solo inefficace per ottenere una riforma della sentenza, ma comporti anche ulteriori e significative conseguenze economiche. Un’impugnazione presentata senza solide basi giuridiche è destinata non solo al fallimento, ma anche a un aggravio di costi.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo presentato era la generica affermazione che la pena fosse eccessiva, senza indicare alcun vizio di legge specifico nella decisione del giudice precedente.

Qual era il reato per cui l’imputato era stato condannato?
L’imputato era stato condannato per il delitto di resistenza.

Quali sono state le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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