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Ricorso inammissibile: quando è troppo generico

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da due individui condannati per spaccio. I motivi sono stati ritenuti generici e non supportati da una critica specifica alla sentenza d’appello, che si basava su prove dirette e non indiziarie. La Corte ha quindi confermato la condanna e aggiunto il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: L’Importanza della Specificità nell’Impugnazione

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede rigore e precisione. Un’impugnazione vaga o generica rischia di essere dichiarata inammissibile, con conseguenze non solo processuali ma anche economiche. Un’ordinanza recente della Suprema Corte offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile, privo di critiche puntuali alla decisione impugnata, sia destinato al fallimento. Il caso analizzato riguarda due persone condannate per concorso in spaccio di sostanze stupefacenti, la cui impugnazione non ha superato il vaglio di ammissibilità.

I Fatti del Caso

Due soggetti venivano condannati in primo grado e in appello per il reato di concorso in cessione di sostanze stupefacenti, un’ipotesi di reato attenuata prevista dalla legge sugli stupefacenti. La pena inflitta a ciascuno era di un anno di reclusione e 1.200 euro di multa.

Contro la sentenza della Corte d’Appello, entrambi gli imputati proponevano ricorso per Cassazione. La prima ricorrente lamentava una violazione di legge, sostenendo che la sua condanna si basasse su prove indiziarie insufficienti. Il secondo ricorrente, invece, si doleva esclusivamente della misura della pena applicata, ritenendola eccessiva.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i ricorsi, giungendo a una conclusione netta: l’inammissibilità. I giudici hanno sottolineato come i motivi presentati fossero manifestamente infondati per diverse ragioni. In primo luogo, sono stati definiti ‘generici’, poiché non si confrontavano specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata. Mancava una critica puntuale e analitica delle ragioni che avevano portato i giudici d’appello a confermare la condanna. Questo approccio viola il principio secondo cui il ricorso in Cassazione deve essere un atto di critica vincolata, non un’occasione per ridiscutere l’intero merito della vicenda.

Ricorso Inammissibile: I motivi della decisione della Cassazione

Il Collegio ha evidenziato come il ricorso inammissibile della prima imputata fosse ‘eccentrico’ rispetto alle motivazioni della sentenza. La condanna non si fondava, come sostenuto dalla difesa, su elementi indiziari, ma su un solido apparato probatorio basato sulla ‘diretta percezione’ dei fatti da parte degli agenti verbalizzanti. Questi avevano assistito all’attività di monitoraggio e osservazione, documentando lo scambio denaro-droga e la consegna di stupefacente tra i due coimputati, finalizzata a consentire a entrambi di operare come ‘pusher’.

Per quanto riguarda il secondo ricorso, incentrato sul trattamento sanzionatorio, la Corte ha rilevato che la pena era stata determinata in modo logico e coerente, basandosi su criteri ‘medio-minimi’ previsti dalla legge. L’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito non era né illogico né contraddittorio, rendendo la critica sul punto del tutto infondata.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un principio consolidato, richiamato anche dalla sentenza delle Sezioni Unite ‘Galtelli’ del 2016: un ricorso è inammissibile quando è privo di un’analisi censoria degli argomenti posti a fondamento della decisione impugnata. Nel caso di specie, la difesa non ha smontato il ragionamento del giudice d’appello, ma si è limitata a riproporre le proprie tesi in modo generico. La Corte sottolinea che il giudizio di responsabilità si basava su prove dirette, non su indizi. L’osservazione diretta da parte degli agenti di polizia costituisce una prova solida e non un mero indizio, eliminando alla radice la doglianza della ricorrente. La logicità del ragionamento della Corte d’Appello, sia sulla colpevolezza che sulla determinazione della pena, è stata quindi ritenuta incensurabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. Conformemente all’art. 616 del codice di procedura penale, non ravvisando un’assenza di colpa nella presentazione di un’impugnazione così palesemente infondata, ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ha inflitto a ciascuno il pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione ribadisce una lezione fondamentale: l’accesso alla giustizia, specialmente in sede di legittimità, deve essere esercitato con serietà e cognizione di causa. Un ricorso generico non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche significative conseguenze economiche.

Perché i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché ritenuti manifestamente infondati e generici. I ricorrenti non hanno mosso critiche specifiche e argomentate contro le motivazioni della sentenza d’appello, limitandosi a riproporre le proprie tesi senza un confronto analitico con la decisione impugnata.

Su quale tipo di prova si basava la condanna degli imputati?
La condanna non si basava su prove indiziarie, ma su un solido apparato probatorio rappresentato dalla percezione diretta e dalla verbalizzazione da parte degli agenti di polizia. Essi avevano assistito alle condotte illecite di spaccio, culminate nell’arresto in flagranza dei due soggetti.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile in questo caso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, e non ravvisando un’assenza di colpa, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e, inoltre, al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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