Ricorso Inammissibile: L’Importanza della Specificità nell’Impugnazione
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede rigore e precisione. Un’impugnazione vaga o generica rischia di essere dichiarata inammissibile, con conseguenze non solo processuali ma anche economiche. Un’ordinanza recente della Suprema Corte offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile, privo di critiche puntuali alla decisione impugnata, sia destinato al fallimento. Il caso analizzato riguarda due persone condannate per concorso in spaccio di sostanze stupefacenti, la cui impugnazione non ha superato il vaglio di ammissibilità.
I Fatti del Caso
Due soggetti venivano condannati in primo grado e in appello per il reato di concorso in cessione di sostanze stupefacenti, un’ipotesi di reato attenuata prevista dalla legge sugli stupefacenti. La pena inflitta a ciascuno era di un anno di reclusione e 1.200 euro di multa.
Contro la sentenza della Corte d’Appello, entrambi gli imputati proponevano ricorso per Cassazione. La prima ricorrente lamentava una violazione di legge, sostenendo che la sua condanna si basasse su prove indiziarie insufficienti. Il secondo ricorrente, invece, si doleva esclusivamente della misura della pena applicata, ritenendola eccessiva.
L’Analisi della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i ricorsi, giungendo a una conclusione netta: l’inammissibilità. I giudici hanno sottolineato come i motivi presentati fossero manifestamente infondati per diverse ragioni. In primo luogo, sono stati definiti ‘generici’, poiché non si confrontavano specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata. Mancava una critica puntuale e analitica delle ragioni che avevano portato i giudici d’appello a confermare la condanna. Questo approccio viola il principio secondo cui il ricorso in Cassazione deve essere un atto di critica vincolata, non un’occasione per ridiscutere l’intero merito della vicenda.
Ricorso Inammissibile: I motivi della decisione della Cassazione
Il Collegio ha evidenziato come il ricorso inammissibile della prima imputata fosse ‘eccentrico’ rispetto alle motivazioni della sentenza. La condanna non si fondava, come sostenuto dalla difesa, su elementi indiziari, ma su un solido apparato probatorio basato sulla ‘diretta percezione’ dei fatti da parte degli agenti verbalizzanti. Questi avevano assistito all’attività di monitoraggio e osservazione, documentando lo scambio denaro-droga e la consegna di stupefacente tra i due coimputati, finalizzata a consentire a entrambi di operare come ‘pusher’.
Per quanto riguarda il secondo ricorso, incentrato sul trattamento sanzionatorio, la Corte ha rilevato che la pena era stata determinata in modo logico e coerente, basandosi su criteri ‘medio-minimi’ previsti dalla legge. L’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito non era né illogico né contraddittorio, rendendo la critica sul punto del tutto infondata.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio consolidato, richiamato anche dalla sentenza delle Sezioni Unite ‘Galtelli’ del 2016: un ricorso è inammissibile quando è privo di un’analisi censoria degli argomenti posti a fondamento della decisione impugnata. Nel caso di specie, la difesa non ha smontato il ragionamento del giudice d’appello, ma si è limitata a riproporre le proprie tesi in modo generico. La Corte sottolinea che il giudizio di responsabilità si basava su prove dirette, non su indizi. L’osservazione diretta da parte degli agenti di polizia costituisce una prova solida e non un mero indizio, eliminando alla radice la doglianza della ricorrente. La logicità del ragionamento della Corte d’Appello, sia sulla colpevolezza che sulla determinazione della pena, è stata quindi ritenuta incensurabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni
In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. Conformemente all’art. 616 del codice di procedura penale, non ravvisando un’assenza di colpa nella presentazione di un’impugnazione così palesemente infondata, ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ha inflitto a ciascuno il pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione ribadisce una lezione fondamentale: l’accesso alla giustizia, specialmente in sede di legittimità, deve essere esercitato con serietà e cognizione di causa. Un ricorso generico non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche significative conseguenze economiche.
Perché i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché ritenuti manifestamente infondati e generici. I ricorrenti non hanno mosso critiche specifiche e argomentate contro le motivazioni della sentenza d’appello, limitandosi a riproporre le proprie tesi senza un confronto analitico con la decisione impugnata.
Su quale tipo di prova si basava la condanna degli imputati?
La condanna non si basava su prove indiziarie, ma su un solido apparato probatorio rappresentato dalla percezione diretta e dalla verbalizzazione da parte degli agenti di polizia. Essi avevano assistito alle condotte illecite di spaccio, culminate nell’arresto in flagranza dei due soggetti.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile in questo caso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, e non ravvisando un’assenza di colpa, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e, inoltre, al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33572 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33572 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato il DATA_NASCITA
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/09/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.NOME NOME e COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza in epigrafe, la quale ha confermato la decisione del Tribunale di Roma che li aveva riconosciuti colpevoli del reato di concorso nell’attività di cessione di sostanza stupefacente, qualificati i fatti ai sensi dell’art.73 comma 5 dPR 309/90 e li aveva condannati alla pena di un anno dì reclusione ed euro 1.200 di multa ciascuno.
NOME NOME NOME violazione di legge, anche processuale, con riferimento all’affermazione di responsabilità nei suoi confronti, in presenza di prova indiziaria insufficiente. L’NOME si duole della misura del trattamento sanzíonatorio.
Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati, in quanto generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME) e privi di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di responsabilità del ricorrente.
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale risulta coerente con le risultanze processuali, non manifestamente illogico e contraddittorio nell’esercizio della discrezionalità esercitata nella determinazione del trattamento sanzionatorio, peraltro fissato su criteri edittali improntati a valori medio minimi.
Il ricorso della RAGIONE_SOCIALE risulta del tutto eccentrico rispetto agli argomenti indicati dalle motivazioni dei giudici di merito che sono incentrati su una attività di osservazione e di monitoraggio dell’imputata nell’attività di cessione dello stupefacente ai soggetti che le si avvicinavano, mediante lo scambio denaro-droga, nonché ad una attività di consegna di stupefacente all’altro imputato, perché anch’esso potesse svolgere il suo ruolo di pusher. Nessun elemento indiziario è pertanto posto alla base del giudizio di responsabilità nei confronti dell’imputata, ma il giudizio si è fondato su un solido apparato probatorio rappresentato dalla diretta percezione e dalla rappresentazione da parte dei verbalizzanti delle condotte illecite cui stavano assistendo e che hanno condotto all’arresto in flagranza dei prevenuti.
Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Il Consigliere estensore
Così deciso in Roma il 26 giugno 2024
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