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Ricorso inammissibile: quando è troppo generico?

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per danneggiamento. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi, che si limitavano a riproporre argomenti già valutati e respinti in appello, senza criticare specificamente la motivazione della sentenza impugnata. Questo vizio procedurale ha portato alla conferma della condanna e all’imposizione di una sanzione pecuniaria a carico del ricorrente.

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Pubblicato il 13 luglio 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Motivi Generici

Quando si presenta un ricorso in Cassazione, non è sufficiente essere convinti della propria innocenza. È fondamentale che l’atto rispetti rigorosi requisiti formali, primo fra tutti la specificità dei motivi. Un ricorso inammissibile è spesso il risultato di una difesa che non riesce a superare questo scoglio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio, spiegando perché la semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già respinte in appello non è sufficiente per ottenere una revisione del giudizio.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una condanna per il reato di danneggiamento (art. 635 del Codice Penale) emessa dal Tribunale di Messina. La sentenza veniva confermata dalla Corte d’Appello, che riteneva provata la responsabilità dell’imputato sulla base delle dichiarazioni testimoniali e di altri elementi probatori. L’imputato, non rassegnato, decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. A suo dire, i giudici di merito avevano erroneamente ritenuto attendibili i testimoni e male interpretato delle riprese video definite “confuse”.

La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha stroncato sul nascere le speranze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito della colpevolezza o meno dell’imputato, ma si ferma a un livello precedente, di natura puramente procedurale. Secondo i giudici, i motivi presentati erano del tutto generici e non specifici.

La Regola della Specificità dei Motivi

Il cuore della decisione risiede nell’articolo 591, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale. Questa norma sancisce che un’impugnazione è inammissibile quando mancano i motivi specifici. La Cassazione ha chiarito che non basta elencare delle doglianze; è necessario che queste si confrontino direttamente e criticamente con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. Nel caso di specie, il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse identiche questioni già discusse e ritenute infondate dalla Corte d’Appello, senza spiegare perché la motivazione di quest’ultima fosse errata o illogica. Questo atteggiamento rende il ricorso “aspecifico”, cioè privo di quella correlazione necessaria tra il motivo di impugnazione e la decisione che si contesta.

La Condanna alle Spese e all’Ammenda

La conseguenza diretta di un ricorso inammissibile non è solo la mancata analisi nel merito, ma anche una sanzione economica. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro a favore della cassa delle ammende. Questa misura serve a disincentivare impugnazioni palesemente infondate o dilatorie.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando come il ricorso fosse fondato su motivi che riproponevano le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice d’appello. Tale approccio rende i motivi “non specifici”. La mancanza di specificità, spiega la Corte, non è solo una questione di genericità o indeterminatezza, ma anche di assenza di correlazione tra le argomentazioni della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione stessa. Un ricorso, per essere ammissibile, non può ignorare le spiegazioni fornite dal giudice censurato. I giudici di merito, attraverso una “doppia pronuncia conforme”, avevano già adeguatamente giustificato le ragioni per cui ritenevano attendibili i testimoni e ricostruito il movente. La critica del ricorrente a tali conclusioni è stata giudicata, infine, del tutto generica e quindi inefficace.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre all’infinito le stesse tesi fattuali. È un giudizio di legittimità, finalizzato a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Per avere successo, un ricorso deve essere un’analisi critica e puntuale della sentenza di secondo grado, evidenziandone i vizi specifici. Chi intende impugnare una sentenza di condanna deve quindi, con l’aiuto del proprio difensore, elaborare motivi nuovi e pertinenti che demoliscano le fondamenta logico-giuridiche della decisione appellata, pena vedersi dichiarare il ricorso inammissibile con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi sono generici e non specifici, ovvero se si limitano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito, senza confrontarsi criticamente con le ragioni della decisione impugnata.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “aspecifico”?
Significa che il motivo è formulato in modo vago o indeterminato e manca di una correlazione diretta con le argomentazioni della sentenza che si intende contestare, ignorando le motivazioni fornite dal giudice precedente.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, stabilita nel caso di specie in tremila euro, alla cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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