Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti temporali delle eccezioni
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla tempistica processuale e sulle conseguenze di un ricorso inammissibile. Con una decisione netta, la Suprema Corte di Cassazione ha rigettato l’impugnazione di un’imputata, condannata per il commercio di prodotti con marchi falsi, ribadendo principi fondamentali in materia di competenza territoriale e di interesse ad agire. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della Corte.
I Fatti del Caso
Una persona veniva condannata dalla Corte di Appello di Roma per il delitto previsto dall’art. 474 del codice penale, relativo all’introduzione nello Stato e al commercio di prodotti con segni falsi. Avverso tale sentenza, la difesa proponeva ricorso per cassazione, articolando la propria impugnazione su due distinti motivi.
I Motivi del Ricorso
La difesa basava il ricorso su due argomentazioni principali:
1. Violazione delle norme sulla competenza territoriale: Si lamentava che il processo si fosse svolto davanti al Tribunale di Roma, mentre, a dire della ricorrente, la competenza sarebbe spettata al Tribunale di Velletri. Si eccepiva, quindi, una violazione dell’art. 8 del codice di procedura penale.
2. Mancato riconoscimento del reato continuato: La ricorrente contestava il mancato accoglimento della richiesta di applicare la disciplina del reato continuato (art. 671 c.p.), che avrebbe potuto comportare un trattamento sanzionatorio più favorevole.
L’analisi della Cassazione e il ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, concludendo per una declaratoria di inammissibilità del ricorso. La decisione si fonda su considerazioni strettamente procedurali che meritano un approfondimento.
L’Eccezione di Incompetenza Territoriale: Una Questione di Tempistica
Il primo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha evidenziato come l’eccezione di incompetenza territoriale fosse stata sollevata per la prima volta solo con l’atto di appello. Questo, secondo i giudici, costituisce una presentazione tardiva. Le norme procedurali, infatti, stabiliscono termini precisi entro i quali tali questioni devono essere sollevate, a pena di decadenza. Proporre l’eccezione solo in appello significa aver perso l’opportunità di farlo validamente, rendendo di fatto la doglianza irricevibile.
Il Reato Continuato e la Sede Competente
Anche il secondo motivo è stato rigettato, ma per una ragione diversa: la carenza di interesse. La Corte ha osservato che l’istanza per il riconoscimento del reato continuato era già stata dichiarata inammissibile nel precedente grado di giudizio. Tuttavia, la legge consente che tale richiesta possa essere nuovamente avanzata dinanzi al giudice dell’esecuzione, ovvero l’organo giurisdizionale competente a decidere sulle questioni che insorgono dopo la condanna definitiva. Di conseguenza, la ricorrente non aveva un interesse attuale e concreto a sollevare la questione in sede di legittimità, potendo avvalersi di un altro strumento processuale specifico. La Cassazione ha richiamato un proprio precedente (Sez. 5, n. 618/1992) a sostegno di questa interpretazione.
le motivazioni
La ratio della decisione risiede nel rigoroso rispetto delle regole procedurali, che non sono meri formalismi ma garanzie di ordine e certezza del processo. Per quanto riguarda l’incompetenza territoriale, la Corte ribadisce che le eccezioni procedurali devono essere formulate tempestivamente nelle fasi iniziali del giudizio, per evitare che possano essere usate in modo dilatorio. L’inerzia della parte nel far valere un vizio procedurale sana quest’ultimo, precludendo una successiva contestazione. Per quanto concerne il reato continuato, la motivazione si fonda sul principio di economia processuale e sulla corretta ripartizione delle competenze. Poiché esiste una sede specifica (il giudice dell’esecuzione) per trattare la questione, è in quella sede che l’interessata dovrà agire. Farlo davanti alla Cassazione, che ha compiti di controllo sulla legittimità delle decisioni, sarebbe inappropriato e determinerebbe un ricorso inammissibile per difetto di interesse.
le conclusioni
L’ordinanza ha delle implicazioni pratiche significative. In primo luogo, conferma che la declaratoria di inammissibilità comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata quantificata in tremila euro. In secondo luogo, serve da monito per i difensori sull’importanza di sollevare le eccezioni procedurali nei tempi e nei modi corretti. Infine, chiarisce la distinzione tra le questioni da affrontare nel giudizio di merito e quelle che, invece, appartengono alla fase esecutiva della pena, indirizzando correttamente le parti verso gli strumenti processuali più adeguati.
Quando va sollevata l’eccezione di incompetenza territoriale nel processo penale?
Secondo la decisione, l’eccezione di incompetenza territoriale deve essere sollevata prima del giudizio d’appello. Il fatto che sia stata presentata ‘tardivamente, solo con l’atto di appello’ ha portato la Corte a ritenerla infondata, implicando che esistono termini perentori precedenti per proporla.
Perché il motivo sul mancato riconoscimento del reato continuato è stato respinto?
Il motivo è stato respinto per carenza di interesse. Poiché l’istanza era già stata dichiarata inammissibile e può essere riproposta dinanzi al giudice dell’esecuzione, la ricorrente non aveva un interesse attuale e concreto a discuterne in Cassazione, esistendo un’altra sede processuale competente per la sua richiesta.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Le conseguenze sono duplici: la conferma della decisione impugnata e una sanzione economica. La parte ricorrente viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31578 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31578 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SPOLETO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato la condanna della ricorrente per il delitto di cui all’art. 474 cod. pen.;
Considerato che, con il primo motivo, l’imputata assume violazione dell’art. 8 cod. proc. pen. e vizio di motivazione con riferimento all’incompetenza territoriale del Tribunale di Roma in favore del Tribunale di Velletri;
Ritenuto che il motivo è manifestamente infondato, atteso che, come ha correttamente posto in rilievo la decisione impugnata, la relativa doglianza è stata spiegata tardivamente, solo con l’atto di appello;
Considerato, quanto al secondo motivo, che la ricorrente lamenta violazione dell’art. 671 cod. pen. per omesso riconoscimento del reato continuato;
Rilevato che la relativa istanza è stata dichiarata inammissibile sicché può essere proposta dinanzi al giudice dell’esecuzione, con conseguente carenza di interesse a formulare la stessa in questa sede (cfr. Sez. 5, n. 618 del 17/02/1992, COGNOME, Rv. 189841 – 01);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/05/2024